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Ex Ilva, Carabinieri nello stabilimento di Taranto. Si indaga per reati ambientali: chi gioca con l’ambiente?

La vicenda della ricapitalizzazione o della ricerca di un nuovo socio al posto di ArcelorMittal non cancella l’emergenza ambientale

Ex Ilva, Carabinieri nello stabilimento di Taranto. Si indaga per reati ambientali: chi gioca con l’ambiente?

I carabinieri del Nucleo operativo ed ecologico di Lecce ieri sono stati nello stabilimento di Taranto per acquisire documenti sulle emissioni, in particolare in zona cokeria e rispetto al benzene scaricato.

L’iniziativa, secondo l’Agenzia Ansa, rientra in una inchiesta che ipotizza i reati di inquinamento ambientale e getto pericoloso di cose. Due pubblici ministeri stanno indagando in relazione alle segnalazioni dell’Agenzia di protezione ambientale. Una tegola inattesa che si aggiunge al confronto romano di questi giorni sul destino dell’ex Ilva.

Quanto spazio ha avuto la questione ambientale nelle ultime vicende dell’Ilva? Sappiamo da tempo che la produzione di acciaio e i posti di lavoro da salvare hanno il loro contrappeso in un grande e realizzabile piano di risanamento ambientale. Si, l’Arpa Puglia la settimana scorsa ha rilevato un aumento dei livelli di inquinamento nel quartiere Tamburi, quello dove case e altiforni sono le une accanto agli altri.

Senza un piano di sostenibilità di lungo periodo, accettabile ed accettato dalle parti in campo, l’Ilva semplicemente non ha futuro. Quello approvato nel 2017 è scaduto ufficialmente ad agosto. È costato 2 miliardi di euro,ma altri interventi erano da farsi. Ad ottobre la società ha dichiarato livelli emissivi dello stabilimento mediamente inferiori del 40% delle Bat (Best Available Techniques) europee.

Tutti hanno promesso che il futuro di Taranto sarà l’opposto del passato. Non è un concetto semplice da assorbire e non solo per Taranto. L’Ilva è una battaglia europea. Il paradigma di processi complessi con i quali si misura la società di oggi che deve sopravvivere a se stessa. La trasposizione nel tempo di impatti ambientali zero o prossimi allo zero, di cui il potere politico deve farsi carico. A cosa serve investire risorse pubbliche sulla transizione ecologica se non si ha la capacità di salvare la più grande acciaierie d’Europa? Da questo punto di vista è una prova assolutamente nuova per il primo governo di destra-centro dell’Italia. La sinistra con il suo campo largo di oggi con chiacchieroni di potere non si rimprovera nulla ?

La riconversione degli impianti a Taranto può essere declinata in varie forme, purché si applichino tecnologie e sistemi compatibili con l’ambiente. In Puglia questo vuol dire chiudere i conti con il passato e ridare fiducia ai cittadini di oggi e di domani. Le strampalate ricette di produrre acciaio con il sole o il vento hanno sorvolato gli altiforni (per fortuna) per meno di un mese e a spingerle c’erano un improvvisato ministro a difesa del suo territorio e un demagogo diventato leader per caso.

E lo “scudo ambientale”?

Nella delicata partita che si gioca in questi giorni la questione ambientale è, dunque, ancora una volta il convitato di pietra. Il ministro Adolfo Urso è convinto che il governo riuscirà a salvare l’ex Ilva facendone “l’acciaieria green più grande d’Europa”. Evidentemente pensa che con ArcelorMittal o con un eventuale altro socio l’Italia produrrà ancora acciaio e senza arrecare altri danni. Lui e il governo devono mettercela tutta, però. Devono convincerci che l’ex Ilva non è già morta.

ArcelorMittal sulle questioni ambientali ha diversi contenziosi nei Paesi dove è presente. Non sembra il partner più affidabile secondo i verdi. Nel caso di Taranto il punto pragmatico- oscurato dalla necessità della ricapitalizzazione dell’azienda- è proprio la responsabilità ambientale. La battaglia politica e parlamentare di cinque anni fa intorno allo “scudo penale” per responsabilità sulla salute e sull’esterno non è affatto secondaria. Ha il suo peso condizionante.

Ieri Carlo Calenda, già ministro dello Sviluppo economico, ha ricordato che è stato il governo 5S di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio a complicare il destino dell’Ilva eliminando quella norma. Su “X” ha scritto “La crisi di Ilva nasce quando è stato fatto saltare un accordo blindato, siglato a seguito di una gara europea”. La soluzione non è vicina e qualsiasi altro soggetto si imbarcherà nella vicenda sicuramente vorrà essere giudicato green, a prescindere. Produrre acciaio senza disastri ambientali e responsabilità dirette resta un avvincente puzzle. Ci sono giocatori all’altezza?

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