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Europa, il vento cambia: Italia, raccogli la sfida

In occasione della presentazione del libro “Europa sfida per l’Italia” di Dassù, Micossi, Perissich, edito da Luiss University press, il direttore generale di Assonime, Stefano Micossi ha tenuto ieri nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani a Roma un discorso che illustra le ragioni per le quali l’Italia non può sottrarsi da una rinnovata sfida europeista.

Europa, il vento cambia: Italia, raccogli la sfida

Ci troviamo ad affrontare una sfida senza precedenti nel dopoguerra ai valori di apertura, internazionalizzazione, democrazia liberale, economia sociale di mercato sui quali sono stati fondato 7 decenni di pace, crescita e prosperità. L’attacco a questi valori, sotto attacco dall’interno e dall’esterno, richiede una risposta politica forte a livello nazionale ed europeo. 

Le elezioni in Austria, Olanda e, soprattutto, Francia hanno mostrato che – posti di fronte a scelte esistenziali pro- e contro l’Europa, pro- e contro l’euro – gli elettori hanno scelto la stabilità, l’euro e l’Unione. Ma la sfida non è vinta. Le istituzioni europee devono saper riconquistare il consenso intorno a progetti condivisi e sostenuti dall’opinione pubblica. Le istituzioni e i paesi membri devono riflettere sugli errori commessi e rilanciare la costruzione europea su nuovi basi di efficacia e legittimazione democratica – per affrontare le sfide epocali della sicurezza e dell’immigrazione, dell’ambiente, dell’unione economica e monetaria tra sistemi economici ancora fortemente divergenti. 

I testi che presentiamo coprono le materie principali sulle quali si discute per fare avanzare la costruzione europea. Non riflettono necessariamente una visione unitaria, ma condividono due premesse: che un ritorno al nazionalismo e alle frontiere chiuse sarebbe un disastro epocale, che alla fine metterebbe in pericolo anche il bene fondamentale della pace; e che si può avanzare nella costruzione europea solo partendo da quel che abbiamo già costruito, che non esista un altro disegno di Europa in nome del quale superare quello che abbiamo. Le istituzioni, il quadro normativo possono certamente essere adattati e rivisti, la ripartizione delle competenze tra l’Unione egli Stati possono essere ridiscussi – ma non si possono rimettere in questione i nuovi diritti di libertà e di integrazione nel grande mercato comune generati dalla costruzione europea.  

Il volume si apre con una sezione dedicata all’Italia, nella quale i diversi autori mostrano i grandi benefici derivanti al nostro paese dall’appartenenza all’Unione e all’euro. Il tema comune è che il nostro paese deve diventare adulto, deve risolvere in casa i problemi di casa, non può continuare a scaricare su altri la responsabilità per la sua bassa crescita e la sua alta disoccupazione. Soprattutto, deve trovare la determinazione per ridurre la montagna del debito pubblico – che compromette la nostra capacità di crescere e ci espone al rischio di nuove instabilità finanziarie. Se possiamo mettere il nostro debito pubblico su un sentiero stabile e credibile di riduzione, il ritorno della fiducia degli investitori compenserà ampiamente l’effetto depressivo delle misure di contenimento del disavanzo. 

Sul fronte europeo, tutto si sta rimettendo in movimento intorno all’asse franco-tedesco reso di nuovo praticabile dal risultato delle elezioni francesi. Nuovi documenti di riflessione pubblicati dalla Commissione europea indicano il terreno del confronto e, speriamo, la strada per avanzare. L’ipotesi di modifiche dei Trattati non sembra più un tabù neanche a Berlino. Non dovrebbe sfuggire il fatto che il presidente Macron cita sempre l’Italia come attore chiave in questa nuova fase – evidente manifestazione dell’esigenza di riequilibrare, stando insieme a noi, il peso altrimenti troppo sbilanciato a favore della Germania nel negoziato.  
 
Per la sicurezza e la difesa, anche se la NATO resta il caposaldo della nostra difesa, è oramai evidente che dovremo attrezzarci per “riprendere il nostro destino nelle nostre mani”, come ha detto la cancelliera Merkel, dati i mutamenti di policy in atto negli Stati Uniti e la nuova assertività della Russia sui nostri confini. Dovremo spendere di più per la nostra difesa e farlo in maniera molto più coordinata – riducendo in tal modo gli enormi sprechi di 27 politiche nazionali di difesa. La Commissione pubblicherà domani un nuovo documento nel quale si ipotizzano avanzamenti significativi su due fronti: da un lato, il consolidamento dell’industria della difesa e l’unificazione delle politiche di armamento; dall’altro la creazione di capacità militari operative comuni. Resta la sfida di definire orientamenti comuni che finora spesso sono mancati. Né si può trascurare l’esigenza di mantenere il Regno Unito legato all’Europa in questa campo cruciale. 
    
Per l’immigrazione, l’Italia si è trovata a lungo isolata e sola a fronteggiare un’ondata migratoria senza precedenti, troppo intensa per poter essere assorbita senza seri rivolgimenti nel nostro corpo politico, economico e sociale. La situazione però sta cambiando, grazie non poco all’azione decisa ed efficace del ministro Minniti, che ha rafforzato la nostra credibilità in primo luogo rafforzando i nostri meccanismi per la gestione degli arrivi e l’accoglienza. 

Una lettera congiunta alla Commissione europea dei ministri Minniti e de Maizière – il ministro degli interni tedesco – ha delineato una strategia coerente di accoglienza, rafforzamento dei controlli di frontiera e aiuto allo sviluppo dei paesi di origine dei flussi migratori alla quale si sta dando attuazione. Risorse comunitarie ingenti dovranno essere mobilitate, e ancora non ci sono, ma la strada sembra aperta nella direzione giusta. La realizzazione del nuovo corpo di polizia di frontiera sta avanzando. 

Infine, l’Unione economica e monetaria. Il documento di riflessione pubblicato dalla Commissione nei giorni scorsi delinea con chiarezza le strade per avanzare, nella direzione già indicata nel 2015 dal Rapporto dei Cinque Presidenti. I due fronti del cantiere riguardano l’unione bancaria e finanziaria, ancora incompleta ma ben avviata, e l’unione fiscale, invece ancora da definire nel disegno. 

L’unione bancaria e finanziaria può avanzare trovando un equilibrio tra le opposte richieste di ridurre i rischi nei sistemi finanziari nazionali – una richiesta che investe in particolare l’Italia – e di condividere i rischi, anzitutto attraverso il sistema europeo di assicurazione dei rischi bancari cross-border e un adeguato back stop fiscale del sistema unico per la gestione delle crisi bancarie (del Fondo di Risoluzione). Proposte concrete sono già suo tappeto, l’Italia può contribuire con i suoi atti concreti sul debito pubblico e la rischiosità dei bilanci bancari ad accelerare il processo. 

Il disegno dell’unione fiscale resta ancora indefinito. Il presidente Macron tende a interpretarlo come l’apertura di spazi comuni a sostegno delle politiche di bilancio nazionali, soprattutto per gli investimenti in nuove tecnologie e in infrastrutture comuni; ma in Germania ritengono che i margini per avanzare con politiche coordinate di bilancio, senza elementi di unione politica, siano oramai esauriti. Chiedono anzi che i compiti di sorveglianza sulle politiche economiche dei paesi membri siano spostati all’MES, controllato dai paesi, togliendolo alla Commissione, che viene vista come troppo politicizzata.  

Sui compiti di una capacità fiscale comune dell’eurozona il dialogo è avviato: uno schema, complementare a quelli dei paesi, di sostegno anticiclico contro la disoccupazione (su questo esiste una buona proposta italiana), e uno schema di sostegno agli investimenti.  
Resta che lo sviluppo di un bilancio comune utilizzabile anche a fini di politica economica richiede preliminarmente di ristabilire il rispetto dell’equilibrio di bilancio da parte dei paesi membri e della regola “no bail out” già prevista dal TFEU. I titoli pubblici nazionali sarebbero esposti allora al rischio di ristrutturazione in caso di mancato rispetto di quei principi. 
 
Se tutto questo fosse realizzato, si aprirebbe la strada all’emissione di un titolo “sicuro” al livello europeo (da decidere chi sia l’emittente), strumento di liquidità comune per il sistema finanziario europeo e anche forse strumento di parziale condivisione dei rischi sovrani – attraverso una parziale conversione di questi nel titolo sicuro. Il quadro si completerebbe con una figura di Ministro europeo delle finanze che promuoverebbe e gestirebbe le politiche aggregate di bilancio dell’eurozona, la sorveglianza sulle politiche di bilancio nazionale e il titolo comune di debito. È chiaro che questi avanzamenti sarebbero possibili dopo aver ristabilito una piena fiducia sulla capacità di Francia e Italia di riportare le loro economie su un sentiero di convergenza “strutturale” con quella della Germania, rimuovendo così alla radice i rischi sovrani.
  
Dunque, il vento è cambiato, l’Europa avanza di nuovo. Sta in noi, come disse una volta il residente Ciampi, partecipare alla partita come giocatori attivi su un piede di parità con gli altri maggiori partner.

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