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Energia, il boom delle rinnovabili ha creato sviluppo ma l’era dei generosi sussidi è finita

FOCUS ENERGIA (Seconda puntata) – La scommessa di oggi è continuare a sviluppare le energie rinnovabili ma senza più sussidi – Ecco perché è un’ipotesi realistica – Origini, benefici e difetti del boom – Lo stato dell’arte di eolico, fotovoltaico e solare termico – Gli effetti delle rinnovabili sul modello energetico.

Energia, il boom delle rinnovabili ha creato sviluppo ma l’era dei generosi sussidi è finita

Come è noto, le energie rinnovabili sono prodotte da fonti che, per loro natura, si rigenerano almeno alla stessa velocità con cui vengono consumate o non sono “esauribili” nella scala dei tempi “umani”; inoltre, il loro utilizzo non pregiudica le risorse disponibili per le generazioni future. Storicamente, lo sviluppo delle rinnovabili è coinciso con quello del moderno mercato dell’energia: fino a metà anni ’50 lo sfruttamento delle biomasse legnose e della forza idrica erano in grado di soddisfare gran parte del fabbisogno energetico (così è ancor oggi in molti paesi del mondo). La principale fonte non rinnovabile era il carbone. Il tumultuoso sviluppo successivo alla seconda guerra mondiale ha accresciuto i consumi energetici tanto da rendere indispensabile lo sfruttamento di altre fonti di energia: prima di tutti il petrolio e, successivamente, il gas e il nucleare. Il trend descritto è stato sostanzialmente comune a tutte le maggiori nazioni del globo.

È dagli anni ’90 che emerge con forza il tema dello sviluppo economico sostenibile legato agli impatti dell’eccessivo ricorso ai combustibili fossili. A fine 1997 si arriva così al Protocollo di Kyoto data da cui molte delle maggiori economie, seppur in diverse forme, stanziano i fondi e fissano obiettivi per sviluppare le rinnovabili, e soprattutto le “nuove rinnovabili”, viste come elemento principe per ridurre le emissioni clima-alteranti. Eolico, fotovoltaico, solare termico, iniziano a essere considerati come elemento centrale di politica energetica e non, come accadeva in precedenza, materia da “ricerca e sviluppo” oppure business etico per soddisfare apprezzabili istanze ambientalistiche.

Dal 2000 lo sviluppo delle rinnovabili si fa tumultuoso e anche inatteso. Ciò non solo in Europa: ad esempio, per molti anni il Texas registra i maggiori investimenti nelle rinnovabili a livello mondiale. Le ragioni della tumultuosa crescita sono diverse.

1) I generosi incentivi hanno attirato moltissimi investitori desiderosi di diversificare il portafoglio in business sicuri e regolati; col senno di poi, ciò ha portato non poche distorsioni e speculazioni.

2) Le tensioni geopolitiche che in tempi diversi hanno attraversato Russia, Nord Africa, Medio Oriente e Sud America e che hanno messo in luce la fragilità del sistema energetico occidentale, basato sul massiccio import di combustibili fossili. Le rinnovabili emergono come elemento, anche se non sufficiente,per accrescere l’indipendenza energetica e la sicurezza degli approvvigionamenti.

3) Ricerca tecnologica e sviluppo industriale hanno abbattuto i costi di produzione di molte rinnovabili rendendole competitive con le fonti fossili, specie in uno scenario di prezzi crescenti. Un esempio mostra la portata del cambiamento: nel 2008 costruire un impianto PV da 1 MW costava circa 4 milioni di €; nel 2012 questa cifra è scesa mediamente a 1,5 milioni e tale dato potrebbe ancora calare.

L’Italia non ha fatto eccezione. Lo sviluppo delle FER, specie dopo il varo del conto energia per il fotovoltaico, ha spiazzato tutti. Nell’eolico sono stati installati circa 1 GW l’anno (cioè il 2% della domanda di picco in Italia). Nel fotovoltaico, nulla la produzione del 2008, si sono toccati i 15 GW nel terzo trimestre 2012; solo nel 2011 sono stati installati 9 GW, facendo dell’Italia il primo paese al mondo per investimenti nel solare. Nel 2011 l’Italia ha sostanzialmente centrato così gli obiettivi europei al 2020 con ben nove anni di anticipo.

Certamente il tumultuoso sviluppo ha avuto anche un “lato oscuro”: sussidi esplosi a oltre 7 miliardi di € l’anno, a regime 12, 5 miliardi, che graveranno sulle bollette dei consumatori finali per vari lustri; installazione di pannelli non all’avanguardia; dominante logica di speculazione finanziaria. Il controllo degli incentivi è sfuggito di mano: il  sistema abituato a monitorare i grandi impianti produttivi non era “addestrato” a veder nascere migliaia di piccoli impianti sui tetti. La lezione ha portato il governo ad imporre registri e tetti alla spesa. Magra consolazione è il fatto che fenomeni analoghi sono avvenuti in altri paesi europei.

Lati oscuri, ma anche importanti benefici. Come evidenziato in un nostro studio “Costi e Benefici delle Rinnovabili Elettriche” (vedi www.agici.it) diversi sono gli impatti dello sviluppo delle rinnovabili:

La creazione di una nuova industria manifatturiera – L’Italia è il terzo paese manifatturiero d’Europa e molte imprese hanno creduto nelle rinnovabili riconvertendo le proprie produzioni. Certo, non tutte le operazioni sono andate a buon fine, e alcuni “treni” possono considerarsi persi: ad esempio la produzione di turbine idroelettriche o i tradizionali pannelli in silicio. Tuttavia, va detto che l’Italia è il primo produttore europeo di turbogeneratori per le biomasse (80% del mercato), esporta circa la metà dei riduttori usati nelle turbine eoliche e nel 2011 ha prodotto il 16% degli inverter mondiali.

Effetti occupazionali – Lo sviluppo industriale creerà al 2020 oltre 100 mila nuovi posti di lavoro, in particolare nelle filiere a più alto tasso di innovazione come il fotovoltaico (+70 mila occupati al 2020 rispetto al 2011).

Riduzione delle importazioni di combustibili fossili – Lo studio stima risparmi di import di gas per 13 miliardi di metri cubi (l’Italia ne consuma ogni anno circa 70) con un beneficio per il Sistema-Paese di 55 miliardi di €.  

Riduzione del picco diurno di domanda elettrica – Possibile grazie al fotovoltaico che funziona alla massima potenza proprio in questo periodo. Ciò consentirà di utilizzare in modo sempre minore gli impianti più inquinati con un beneficio sulle bollette per 35 miliardi di € al 2030.

Proprio per non disperdere questo patrimonio, il Governo, nella bozza di Strategia Energetica Nazionale, ha previsto un ulteriore sviluppo delle rinnovabili, decidendo di superare, senza che nessuno lo obbligasse, gli obiettivi europei. Ciò è evidenziato nell’articolo del prof. Andrea Gilardoni apparso su queste colonne lo scorso 8 settembre. L’intervento si accompagna a una drastica riduzione degli incentivi, riduzione che non poteva non esserci visti i tempi di austerity e visto il calo dei costi di investimento delle rinnovabili. L’ottica è rendere le rinnovabili non dipendenti da sussidi e in grado di competere con le fonti fossili.

Si tratta di un obiettivo realistico? Per chi scrive, certamente sì. Le rinnovabili continueranno a crescere senza sussidi, anche se a un ritmo certamente inferiore al passato. Cresceranno in modo diverso, in modalità prettamente industriali. Per banalizzare, si costruiranno impianti fotovoltaici solo dove c’è il sole, campi eolici nelle zone più ventose e le centrali a biomasse non saranno alimentate con combustibili provenienti da paesi esotici lontani migliaia di km dall’Italia.

L’esperienza industriale potrà essere sfruttata con successo nei grandi paesi emergenti che solo ora iniziano a puntare sulle rinnovabili. Non è un caso, ad esempio, che tutte le aste per il fotovoltaico in Sud Africa abbiano visto come primo aggiudicatario un gruppo italiano.

Insomma, finita l’era degli incentivi generosi e degli investimenti di natura finanziaria, per il settore italiano delle rinnovabili si apre una nuova era che avrà carattere industriale e che, sfruttando a livello internazionale l’expertise acquisita in patria, potrà essere ancora più fruttuosa che in passato.

Infine, una breve riflessione sul rapporto tra rinnovabili e modello energetico. Non vi è dubbio infatti che esse lo stiano cambiando: da produzione centralizzata a distribuita. Inoltre il massiccio sviluppo del fotovoltaico sta cambiando le dinamiche punta-base della domanda. Questa tecnologia funziona infatti al massimo della potenza attorno a mezzogiorno, specie nei mesi estivi, dove massima è la richiesta di elettricità per l’uso di impianti di condizionamento. Ciò rende non più convenienti l’utilizzo di impianti obsoleti ma flessibili quali quelli a ciclo aperto alimentati a olio combustibile o gas.

Insomma, si inizia a toccare con mano il nuovo modello energetico, che per sviluppare appieno i suoi benefici richiederà ancora massicci investimenti in tecnologia e infrastrutture. Si apre così il tema delle smart grids che però vedremo in un prossimo articolo. Necessario sarà altresì un cambio nella regolazione dei vari aspetti del mercato energetico in modo da tener conto e valorizzare le evoluzioni in atto senza disperdere gli importanti investimenti in cicli combinati a gas fatti negli scorsi anni.

Per leggere l’articolo del FOCUS ENERGIA dello scorso weekend, clicca qui 

La terza puntata di FOCUS ECONOMIA sarà pubblicata sabato prossimo 22 settembre

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