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La nuova strategia energetica dell’Italia: ridurre i prezzi senza scassare i conti pubblici si può

FOCUS ENERGIA (Prima puntata) – L’Italia ha una grande sfida davanti a sé: ridurre i prezzi dell’energia per sostenere la competitività del sistema nel rispetto dei conti pubblici – I nodi da affrontare, gli obiettivi e le priorità del Governo – Le rinnovabili si svilupperanno anche senza incentivi? – Che fare del tesoretto domestico di petrolio e gas?

La  nuova strategia energetica dell’Italia: ridurre i prezzi senza scassare i conti pubblici si può

Per tutti i Paesi la questione energetica è una tematica fondamentale: determina il benessere della collettività, la capacità di competere delle imprese e, all’estremo, può anche incidere sugli equilibri democratici come dimostra la storia del terrorismo nostrano. L’elaborazione di una strategia energetica nazionale è quindi un elemento che ogni Paese affronta con grande attenzione tenendo conto di una pluralità di fattori su cui spiccano il fabbisogno atteso nel futuro e le risorse disponibili all’interno del Paese.

Questi concetti si declinano dunque in modo diverso a seconda delle situazioni: in particolare, nei Paesi in crescita (si pensi ai BRICS e a molte altre nazioni asiatiche, africane, sudamericane ma anche europee) aumentare la capacità di generazione di elettricità è precondizione dello sviluppo; in altri casi, come nella Vecchia Europa o negli Stati Uniti, in cui si hanno situazioni di sovraccapacità, il tema rilevante è la razionalizzazione dell’esisitente.

L’Italia si trova esattamente in quest’ultima situazione. La capacità installata è circa il doppio del fabbisogno di punta: 120.000 MW contro un consumo di picco (cioè il massimo nel corso di un anno) di circa 54.000. Qualcuno dice, non a torto, che se smettessimo oggi di investire in capacità per i prossimi 10 anni nessuno se ne accorgerebbe. E allora, se abbiamo elettricità in abbondanza, a che serve una strategia Paese? La risposta è semplice: in Italia vi sono una serie di nodi, in parte storici e in parte nuovi, frutto soprattutto di non-scelte e non risolti dalla liberalizzazione. I nodi principali sono:

Eccessivo costo dell’elettricità che si riflette in una riduzione della competitività delle merci e dei servizi;
Forte dipendenza dall’estero che incide in modo rilevante sulla bilancia dei pagamenti e che ha riflessi negli equilibri delle e nelle relazioni politiche internazionali;
Impatto ambientale, che tuttavia si è ridotto significativamente negli scorsi anni grazie ai progressi tecnologici nelle produzioni a carbone e a gas;
– Possibilità di utilizzare un tesoretto di risorse (gas e petrolio) che sono disponibili in varie parti del Paese e che potrebbero essere sfruttate in questa fase di difficoltà economica in misura superiore;
Ottimizzare il rapporto tra sviluppo del settore energetico e rafforzamento di una filiera industriale nazionale, ad esempio nel comparto delle rinnovabili, ma non solo.

In questo quadro si colloca il documento di consultazione del Governo Italiano sulla Strategie Energetica Nazionale (SEN), che fissa i seguenti obiettivi:
1) Ridurre significativamente il gap di costo dell’energia rispetto all’Europa
2) Continuare a migliorare la nostra sicurezza di approvvigionamento e fornitura
3) Favorire la crescita sostenibile attraverso lo sviluppo di un forte settore energetico anche in grado di cogliere le opportunità di crescita internazionale
4) Raggiungere e superare gli obiettivi ambientali del pacchetto 20-20-20.

In questo quadro le priorità sono:
1) Promozione dell’efficienza energetica
2) Sviluppo del’Hub del Gas sud-europeo
3) Sviluppo sostenibile delle energie rinnovabili
4) Rilancio della produzione nazionale di idrocarburi
5) Sviluppo delle infrastrutture e del mercato elettrico
6) Ristrutturazione del settore della raffinazione e della rete di distribuzione dei carburanti
7) Modernizzazione del sistema di governance.

Non vi è dubbio che gli obiettivi indicati sono totalmente condivisibili, anche se non sembra completamente condivisibile l’ordine di priorità. Fondamentale è di sicuro la riduzione dei costi energetici conseguibile anche grazie alla contrazione delle importazioni di gas e petrolio.

Certamente, l’efficienza energetica costituisce la strada maestra anche per ridurre i costi, sebbene il nostro Paese non si collochi certo tra le nazioni più “sprecone”. Molto infatti vi è ancora da fare e molti sono i fronti dove si può essere più efficienti: produzione e trasporto elettricità, edifici pubblici e privati, produzioni industriali e delle piccole e medie imprese. Innovazione tecnologica raffinata si somma qui a azioni di sensibilizzazione e di sostegno nei confronti di un pubblico vasto.

Ma la riduzioni dei costi passa anche attraverso una attenta selezione delle infrastrutture da porre a carico della collettività (essential facilities). Negli anni scorsi abbiamo investito moltissimo, certamente troppo, con benefici negativi oltre un certo limite. Fuori controllo sono stati i sostegni alle rinnovabili. Per non parlare di tutta una serie di oneri impropri che gravano sulla bolletta (compresa la ormai pluridecennale dismissione nucleare sui cui costi bisognerebbe fare un’indagine parlamentare). Credo che oggi ogni investimento debba condurre ad una riduzione della bolletta entro un arco temporale non lungo. Dubbi lascia invece l’idea, tutt’altro che nuova, di fare dell’Italia l’hub europeo del gas; non appare una priorità per i prossimi 5/10 anni. Innanzi tutto, non è oggi chiaro se si svilupperà in Europa il fabbisogno previsto di import di gas nei prossimi 15-20 anni (tra 100 e 150 miliardi di metri cubi). In secondo luogo, i programmi di realizzazione/ampliamento di nuovi gasdotti/rigassificatori in Europa aumenteranno naturalmente la capacità di importazione non solo dalla Russia. Ometto altre considerazioni per brevità; anche qui va evitato il rischio di realizzare infrastrutture onerose per la collettività che portino pochi o nulli vantaggi al Paese.

Per le rinnovabili, chiusa la fase della cuccagna, in cui i sostegni strabordanti consentivano sia eccessivi sovraprofitti che produzioni largamente inefficienti, si apre ora un nuovo capitolo. I sostegni ridotti e selettivi adottati di recente dal Governo sono nella giusta direzione. La questione vera è capire se le rinnovabili si svilupperanno anche senza incentivi. Io credo di si, certo non nel modo tumultuoso (ma fuori controllo) del 2010-2011. Ad esempio, i costi dei pannelli fotovoltaici sono scesi a 500 euro al kwh all’origine (e a 800 euro al dettaglio) rendendo già oggi in molti casi convenienti gli impianti anche senza incentivi; in Spagna è stata avviata la costruzione di 400 MW di impianti senza sostegni. Saranno altri fattori che spingeranno lo sviluppo come ad esempio la diffusa presenza di operatori sul territorio.

Per le rinnovabili termiche vale paradossalmente il contrario: si sono diffuse senza grande bisogno di incentivi ed ora il Governo vuole invece intervenire sia attraverso il Conto Termico (simile al Conto Energia del fotovoltaico), sia con sostegni agli investimenti nelle tecnologie più efficienti. La spesa prevista sarà contenuta in un massimo di 900 milioni di euro all’anno. Sia per le rinnovabili elettriche che per quelle termiche sarebbe auspicabile una forte operazione di sensibilizzazione del pubblico e l’introduzione di vincoli cogenti all’impiego per alcune categorie di soggetti ed in primis le pubbliche amministrazioni.

L’ultimo aspetto da sottolineare riguarda il tesoretto di petrolio e gas di cui dispone l’Italia. Il Governo vuole un utilizzo più intensivo di tali risorse, che sono state poco sfruttate per le difficoltà autorizzative, per le opposizioni sociali e per la maggiore economicità delle sorgenti internazionali. Non si tratta di quantità straordinarie (basti pensare che durerebbero solo per 5 anni se si usassero agli attuali livelli di consumo); tuttavia, un loro sfruttamento equilibrato darebbe un impulso all’economia nazionale riducendo l’import e la dipendenza dall’estero, oltre che creando numerosi posti di lavoro e possibilità di sviluppo delle tecnologie. Certo da valutare attentamente sono le implicazioni ambientali.

Infine, c’è la questione di cui nessuno parla ma che spesso è la vera determinante delle “strategie” energetiche: l’energia – attraverso imposte, accise, concessioni e quant’altro, ma anche per via dei dividendi e delle tasse pagate da Eni, Enel, Terna e Snam – è una importante fonte di proventi per le casse dello Stato. Per certo la riduzione dei prezzi dell’energia, tanto importante per benessere e soprattutto per la competitività, cozza con gli obiettivi di riequilibrio dei conti pubblici. Questo è il vero tema nascosto, ma che va sicuramente affrontato con coraggio e determinazione e che forse andrebbe meglio esplicitato al Paese; ciò anche perché un recupero di competitività può sviluppa riavviare quel circolo virtuoso che ci toglie dalle secche della recessione e che può consentire, attraverso la ripresa dello sviluppo, di meglio fronteggiare il debito pubblico.

LA PROSSIMA PUNTATA DI FOCUS ENERGIA SARA’ PUBBLICATA SABATO PROSSIMO

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