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e-cigs in altalena: dopo tanti dubbi, ora l’Italia è all’avanguardia nella regolamentazione

Dopo i dubbi sulla tossicità o meno, la frenata del mercato e il valzer del fisco, ora l’Italia si colloca all’avanguardia in Europa nella regolamentazione delle sigarette elettroniche – In particolare la tassazione italiana risulta chiara e trasparente, malgrado i ricorsi al Tar del Lazio – I piani di Imperial Tobacco e Philip Morris

Delle sigarette elettroniche, o e-cigs che dir si voglia, si è scritto di tutto negli ultimi mesi: prima i dubbi sulla loro effettiva non-tossicità, poi un mercato che – a prescindere dalla diatriba sugli effetti sulla salute – è fisiologicamente rallentato dopo il boom del 2013, infine la questione della tassazione, con un ricorso al Tar che ha di fatto impedito qualsiasi entrata fiscale allo Stato per tutto il 2014.

Negli ultimi anni il mercato delle sigarette elettroniche in Italia ha infatti visto un alternarsi di leggi e regolamenti che hanno creato confusione e poca chiarezza sia tra i consumatori sia tra i commercianti di e-cigs. Malgrado ciò, l’Italia, nel punto di arrivo di questo travagliato percorso normativo, si colloca tra i Paesi pionieri per quanto riguarda la regolamentazione del settore, in particolare per quanto riguarda la tassazione. Vediamo come e perché.

Nell’agosto del 2013 il Parlamento aveva introdotto, tramite il cosiddetto “decreto del fare”, un’imposta di consumo del 58,5% del prezzo di vendita sia sui dispositivi, e relative parti di ricambio, sia sui liquidi, con decorrenza 1° gennaio 2014. L’imposta però, come detto, non è stata mai incassata dallo Stato in quanto i produttori di ecigs non hanno ritenuta congrua tale imposizione fiscale e hanno impugnato il provvedimento dinanzi al Tar del Lazio richiedendo la sospensione della tassa. Con ordinanza, in seguito confermata dal Consiglio di Stato, il Tar del Lazio ha sospeso l’imposta di consumo del 58,5%, rinviando gli atti alla Corte Costituzionale. 

L’esito del contenzioso quindi, ancora incerto, è stato rinviato. Questo significa che i produttori o commercianti di ecigs nel corso del 2014 non hanno versato nulla alle casse dello Stato. Il settore, dopo il boom del 2013, ha tuttavia subito una decrescita naturale dal 2013 al 2014, non dovuta agli interventi fiscali dello Stato, che non si sono mai riflessi in una variazione dei prezzi al consumo di tali prodotti.

Nonostante ciò le diverse associazioni di produttori di e-cigs, da ANAFE (Associazione Nazionale Fumo Elettronico, che fa capo a Confindustria) FIESEL ASSIFEL (che fanno capo a Confesercenti) hanno condotto una campagna mediatica molto aggressiva per tutto il 2014, criticando negativamente gli interventi impositivi dello Stato, che a loro dire avevano “messo in ginocchio il settore”. Il governo, per sanare questa situazione, utilizzando come strumento il Dlgs di Riforma della tassazione dei tabacchi (quello del 23 dicembre 2014), ha cambiato il regime impositivo di questi prodotti per adeguare la normativa al mercato di riferimento ed iniziare ad incassare quei preventivati 117 milioni di euro presenti nella Legge di Bilancio 2014.

La bozza di decreto della riforma sui tabacchi, circolata già a luglio e discussa nelle commissioni parlamentari nei mesi successivi, aveva ancora tuttavia fatto infuriare i produttori di e-cigs, che avevano calcolato l’intervento fiscale con conseguenze sui prezzi finali pari a +480% e impatti occupazionali disastrosi. Ma è davvero così? In realtà, il Dlgs di Riforma della tassazione dei tabacchi, pubblicato in Gazzetta il 23 dicembre 2014, ha stabilito per i prodotti innovativi del tabacco e le sigarette elettroniche, l’applicazione di un’imposta riferita a quella delle sigarette, ma in misura significativamente ridotta (50% in meno), “in considerazione della loro minore nocività”.

L’Italia quindi, a differenza di quanto si possa pensare, ha stabilito un sistema impositivo chiaro e trasparente. Il nostro Paese ha infatti previsto un dettagliato procedimento per misurare l’equivalenza delle e-cigs e dei prodotti innovativi del tabacco (per esempio il tabacco da inalazione senza combustione) comparandoli all’esperienza delle sigarette. Ma perché tassare tali prodotti visto che, secondo i produttori, si contribuirebbe a “mettere fine all’intero settore”? Secondo la relazione illustrativa allegata al decreto, l’assenza totale di una tassa su tali prodotti “alternativi” avrebbe generato un’alterazione della concorrenza rispetto ai prodotti del tabacco tradizionale e, soprattutto, ingenti danni erariali. La soluzione elaborata dal Governo e accolta dal Parlamento non penalizza un settore, anzi tutela gli interessi del gettito erariale e, concedendo una tassazione in misura ridotta del 50% rispetto ai tabacchi tradizionali, riconosce il potenziale di riduzione dell’impatto sulla salute di tali prodotti, rendendo sostenibile e regolamentato questo nuovo settore.

Nonostante questo, i produttori di e-cigs hanno di recente impugnato nuovamente il decreto di fronte al Tar del Lazio, ritenendo la tassazione iniqua e chiedendo ancora una volta la sospensione della tassa. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha stabilito, infatti, tramite decreto, l’equivalenza della durata di consumo di tali prodotti rispetto alle sigarette tradizionali. L’equivalenza delle e-cigs, stabilita è stata determinata in base al tempo medio necessario del consumo confrontato con quello delle sigarette tradizionali e le misurazioni sono state aperte al pubblico e condotte in maniera trasparente: l’equivalenza ottenuta è stata pari 1 ml = 5,6 sigarette, quindi l’aliquota calcolata è stata pari a 0,37 euro/ml. Per la nuova categoria dei “tabacchi da inalazione senza combustione”, l’equivalenza della durata di consumo del prodotti rispetto alle sigarette tradizionali e stata determinata, invece, secondo medesimi calcoli, in 1 unità di prodotto = 0,9 sigarette convenzionali, di conseguenza l’aliquota stabilita è stata pari a circa 60 euro per 1000 pezzi.

Il 4 marzo si è svolta l’udienza e il giudice non ha concesso il regime cautelare di sospensione della tassa. Si attende ora il giudizio sul merito della vertenza, calendarizzato per i primi di luglio.

La battaglia però non si è fermata a livello giuridico, finendo anche tra i banchi del Parlamento. Recentemente l’on. Filippo Busin (Lega Nord) ha presentato un’interrogazione parlamentare, contestando le procedure utilizzate dall’AAMS per stabilire il livello di tassazione delle e-cigs, sostenendo che la tassa applicata alle sigarette elettroniche sia “eccessiva e mal calcolata” e di gran lunga più penalizzante rispetto a quella applicata ai prodotti del tabacco da inalazione senza combustione. Il MEF, rispondendo all’on. Busin, ha ricordato che si tratta di prodotti molto differenti tra loro, soprattutto dal punto di vista delle modalità di consumo. Le e-cigs ad esempio non si autoconsumano come le sigarette se non aspirate. Perciò, al fine di non inficiare l’implementazione della tassa, i Monopoli hanno previsto metodologie di calcolo che tenessero in considerazione solo i tempi di aspirazione “eliminando” invece quelli dell’autoconsumo delle sigarette utilizzate come termine di paragone.

Intanto, anche a livello europeo si sta discutendo quale sia la migliore regolamentazione dal punto di vista fiscale di tali prodotti. I soli due Paesi che hanno già attuato una legislazione in tal senso sono Italia e Portogallo. Dal 1 gennaio 2015, in Portogallo si applica una tassa pari a 0,60 euro/ml (solo se il liquido contiene nicotina): ben superiore a quella italiana ed applicata senza alcuna misurazione. Negli altri Paesi c’è ancora poca chiarezza su come trattare fiscalmente questi prodotti e sono ancora molte le differenze esistenti tra i paesi dell’Ue. Chissà se per una volta sarà l’Europa a prendere esempio dall’Italia che, in questo caso, ha posto chiarezza legislativa in un settore ormai caratterizzato da schizofrenia normativa.

Forse non è un caso che la multinazionale Imperial Tobacco, abbia scelto proprio l’Italia come Paese per commercializzare le sue sigarette elettroniche: la tassazione agevolata potrebbe infatti aver convinto la multinazionale inglese a lanciare i propri prodotti nel territorio italiano. La prevedibilità fiscale definita per i nuovi prodotti ha convinto anche l’altra multinazionale basata nel Regno Unito (British American Tobacco) ad annunciare, per fine 2015, l’entrata nel segmento dei prodotti innovativi del tabacco del mercato italiano. Oltre a Philip Morris, che ha fatto una scelta di campo nel costruire in Italia, a Bologna, la sua prima fabbrica mondiale di “tabacchi senza combustione” che ad oggi produce per i primi test commerciali mondiali nella città di Milano e Nagoya, in Giappone.

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