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Diesel, Volkswagen controcorrente: “Riscossa imminente. Gli automobilisti lo vogliono”

Volkswagen contro tutti: mentre mezzo mondo si prepara a mandare in pensione le auto diesel, a sorpresa il Ceo del gruppo tedesco ne annuncia la rinascita al salone dell’auto di Ginevra con investimenti plurimiliardari che affiancheranno quelli per l’auto elettrica e a guida autonoma – Marchionne invece apre sull’auto elettrica ma archivia il diesel – E la Bmw…

Diesel, Volkswagen controcorrente: “Riscossa imminente. Gli automobilisti lo vogliono”

Uno contro tutti. Il bello è che il grande sostenitore dell’automobile diesel, e perfino della sua “imminente riscossa” tra gli automobilisti, è proprio il primo protagonista dello scandalo che sembrava averne segnato la rapida fine. Parliamo del gruppo Volkswagen, additato come grande taroccatore del controllo sulle emissioni inquinanti e colpevole manipolatore delle compatibilità ambientali del gasolio per autotrazione.

Smobilita l’Europa. Si accoda l’industria giapponese e asiatica anche lì sotto il pressing governativi. L’America non lo fa semplicemente perché non ne ha bisogno: lì le auto a gasolio sono una rarità. Fine dei giochi attorno al 2020? Il governo tedesco pianifica lo stop, perlomeno nelle città, forte dell’ok della Corte di Lipsia ai divieti locali. In giro per l’Europa (persino in Inghilterra) si minaccia di fare lo stesso. Da noi la sindaca pentastellata di Roma, Virginia Raggi, ne fa un impegno strategico. Ma ecco che la Volkswagen si muove decisamente controcorrente. Lo fa in questi giorni da Ginevra, nel mega-salone dell’automobile che traguarda l’intero futuro della mobilità. Il diesel è e può essere rispettoso delle norme ambientali anche se queste diventeranno più stringenti. E comunque – azzarda il Ceo del gruppo VW, Matthias Mueller, “il diesel vedrà una rinascita a breve perché la gente che guida auto di questo genere ne apprezza le qualità”.

Questione di visione strategica, ma anche di denari. Che il gruppo sta spendendo con investimenti plurimiliardari per sanare i guasti del dieselgate sia sul fronte giudiziario che su quello dei rimedi tecnologici, trainando comunque la ricerca sul diesel sempre più pulito. Ma non solo. Un pacchetto di investimenti equivalente, che potrebbe superare la bellezza di 30 miliardi di euro, è dedicato allo sviluppo della filiere elettrico-ibrido-guida autonoma. Il futuro è lì. Ma non è un futuro imminente. E il diesel, nella fase di transizione, potrebbe essere decisivo, se non altro per i ritorno degli investimenti mobilitati anche di recente. Proprio per sostenere al meglio la sfida dell’elettrico.

L’impegno sull’auto elettrica non è certo una novità. Ma a Ginevra si rafforza. Anche il recalcitrante Sergio Marchionne, leader di Fca, sembra ora abbracciare una doppia e inedita (per lui) strategia. Promette (non lo aveva mai fatto prima) un solerte sviluppo della mobilità elettrica. E mette la parola fine al diesel per le auto, confrontandosi perfino sul possibile effetto boomerang sulla pianificazione industriale e sull’occupazione. “Dobbiamo fare i conti con lo scandalo dieselgate. Le vendite in Europa diminuiscono e i costi saranno troppo alti per mantenere questa produzione. Diminuiremo la dipendenza. Non abbiamo scelta” taglia corto Marchionne. Detto fatto, o quasi.

“Le tremila persone occupate nel diesel in Italia verranno riutilizzate nel sistema industriale di Fca” e comunque in quei poli produttivi si potranno produrre “motori a benzina con una parte elettrica “promette rispondendo ai timori dei sindacati per l’occupazione negli stabilimenti VM di Cento (Ferrara) e Termoli (Campobasso) dove si costruiscono i motori diesel del gruppo Fiat. Invita perfino alla prudenza un altro leader assoluto della nostra meccanica, Alberto Bombassei, artefice e padrone dei freni Brembo, i migliori del mondo, tant’è (notizia freschissima) che equipaggeranno in esclusiva tutte le monoposto di FormulaE, la Formula Uno delle auto elettriche. Ma intanto il dietro-front del diesel “crea preoccupazioni condivisibili” perché “un cambiamento così radicale potrebbe creare degli squilibri se non sarà distribuito nel tempo” ammonisce Bombassei.

E tra le altre grandi case automobilistiche c’è un mix di rassegnazione e impegno a ridefinire comunque le strategie. Il numero uno delle operazioni europee di Ford, Steven Armstrong, resta convinto che il diesel abbia un futuro non solo nei grandi mezzi di trasporto ma anche nella mobilità di massa “anche se progressivamente sparirà dalle motorizzazioni più piccole”. In ogni caso “dobbiamo lavorare duramente per riguadagnare la fiducia dei consumatori convincendoli che il diesel può essere ed è pulito” sostiene. Diversa la strategia del numero uno di PSA, Carlos Tavares, che è anche presidente di Acea, l’associazione delle case automobilistiche europee: prima di mettere in atto limitazioni troppo dure per il diesel i governi devono spianare la strada, con atti normativi e incentivi, alle infrastrutture di ricarica per la diffusione delle auto elettriche.

E a proposito di elettrificazione va alla pena di sottolineare la strategia che emerge, sempre in Germania, da Bmw. Che si preparerebbe – a quanto riferisce l’agenzia Bloomberg – a vendere le nuove ibride di grossa cilindrata ad un prezzo inferiore a quello dei corrispondenti modelli a gasolio, accontentandosi di un margine inferiore. In particolare la nuova versione ibrida del Suv X5 verrebbe messa in vendita ad un prezzo di listino di 600 euro inferiore alla gemella diesel, nonostante il costo di produzione decisamente più alto.

Tutto giusto? Tutto comprensibile? Logica evoluzione delle doverose politiche ambientaliste che devono orientare l’industria e i consumi? Qualcosa che non torna per la verità potrebbe esserci. Se proviamo a ragionare in termini puramente tecnologici e non politici (il che, in questi casi, può aiutare) la domanda sorge spontanea: anziché bollare pregiudizialmente come sconveniente la tecnologia del diesel non sarebbe più lineare, più saggio e più tecnologicamente coerente fissare un limite combinato delle diverse principali emissioni inquinanti (innanzitutto azoto, CO2 e quei particolati che rappresentano comunque punto debole del diesel) per poi lasciare all’industria la ricerca delle migliori soluzioni?

Una soluzione di questo genere per la verità già c’è. Viene dall’impalcatura ambientale messa in atto dall’Unione Europea che prevede per il 2021 un tetto alle emissioni di 95 grammi di CO2 per chilometro. Un limite che non sarà facile rispettare con i motori a gasolio. Ma chissà: la ricerca e la tecnologia ci hanno abituato a continue sorprese. Certo, il limite all’anidride carbonica non basta ad assolvere il diesel. Serve una rosa di limiti combinati. Di qui la possibile contro-obiezione: una scelta di questo tipo presuppone l’esistenza di un efficace sofisticato sistema di verifica, controllo, sanzione. Che spetta certamente non all’industria ma i signori dei Governi e della politica. Ai quali, ci rendiamo ben conto, le soluzioni semplicistiche fanno più comodo. A costo di uccidere qualche tecnologia. A prescindere dalle sue vere o presunte colpe.

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