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Diario del terremoto: anche i professionisti pagano pegno

I problemi sono quotidiani e ricominciare significa affrontare mille difficoltà, rischi e preoccupazioni anche per i professionisti che spesso hanno i loro studi nella zona rossa dei centri storici.

Diario del terremoto: anche i professionisti pagano pegno

Fiorella è una dentista, lavora a San Matteo della Decima e vive a Cento. Il terremoto del 29 l’ha costretta ad abbandonare casa e studio e solo ora cerca, faticosamente, di ricominciare. Ma quanto costa? “Intanto sono 280 euro all’ingegnere che mi ha rilasciato il certificato di agibilità dello studio – dice – ma si tratta di una parcella molto onesta. Poi ci saranno tutte le spese di sistemazione delle crepe. A casa i vetri e le porcellane si sono tutti rotti e non ho ancora avuto il coraggio di svuotare la cantina. Inoltre sono rimasta ferma due settimane e da domani riprenderò un po’ alla volta. Quindi non sto guadagnando, ma non voglio che una scossa mi sorprenda mentre sto operando un paziente. Ha presente il film il Maratoneta? Già le persone hanno paura del dentista, non posso rischiare di fare loro veramente male…”. Insomma, il terremoto non ha tolto la voglia di scherzare, ma i problemi sono quotidiani e ricominciare significa affrontare mille difficoltà, rischi e preoccupazioni anche per i professionisti che spesso hanno i loro studi nella zona rossa dei centri storici. 

La dottoressa la mattina del 29 aveva appena finito un’otturazione. “Fortunatamente ero sulla porta col paziente – racconta – quando ho sentito che il terreno mi mancava sotto ai piedi. Lui, un uomo anziano, mi ha fatto coraggio e mi ha assicurato che quando fosse finito saremmo scesi insieme. Ma so di colleghi che stavano facendo interventi delicati e che hanno dovuto interrompere l’operazione a metà, persino col rischio di caduta dei calcinacci. Ora la paura sta un po’ scemando, ma non potrò ricominciare subito a pieno ritmo e invierò gli interventi più importanti a qualche dentista di Bologna”. Il terremoto è ancora una presenza quotidiana? “Eh sì, anche se le piccole scosse non si sentono quasi più, magari vedo l’acqua della bottiglia che si muove e capisco che qualcosa sta succedendo”. E il paese? “Cento, dove ho casa, è quasi un paese fantasma. Io faccio la spesa a 20 chilometri da qui. Il centro storico è chiuso e i residenti dormono nelle tende, nei giardini di casa propria o in quello dei parenti, mentre c’è un campo dove ci sono soprattutto extracomunitari. La protezione civile ha dovuto fare un censimento degli stranieri, perché arrivavano da tutte le parti. Ogni giorno una faccia nuova alla ricerca di un posto letto e di un pasto. Sono stati costretti a mettere uno stop”.

Perché per l’agibilità si è rivolta a un privato? “Perché il comune non ce la fa. Dovevano venire la settimana scorsa, ma chi li ha visti?”. Nella stessa situazione sono moltissime attività: solo a Finale Emilia, ad esempio, sono 3800 i sopralluoghi da fare e solo due le squadre di tecnici, che riescono a coprire una decina di siti al giorno. Fare tutto richiede tempi lunghissimi. “Inoltre – dice Rodolfo Musci, della Pressmair – si fa sempre più fatica a trovare tecnici disponibili ad assumersi la responsabilità di una sistemazione. L’altro grande problema con cui abbiamo a che fare è la cassa integrazione. Ho provato a chiedere all’Inps locale, ma mi ha rinviato all’Inps regionale che mi ha rinviato all’Inps nazionale, dove nessuno risponde al telefono. E‘ l’Italia. Voglio segnalare però una cosa positiva ed è la battaglia che sta conducendo il presidente Vasco Errani perché i rifiuti vengano smaltiti dalla Regione. Se pensiamo a quanto è successo all’Aquila, dobbiamo ritenerci fortunati”.

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