Condividi

Device indossabili, è boom nonostante la privacy

Sempre più dispositivi digitali da indossare: nel mondo, ma anche in Italia. Gadget tecnologici con software in grado di raccogliere informazioni e archiviarle su Internet per gli utilizzi più disparati. Per avere questi assistenti digitali mettiamo però a rischio la nostra privacy

Device indossabili, è boom nonostante la privacy

Nel 2013 sono stati venduti, a livello mondiale, più di 6 milioni di “wearable device” (fonte: IDC) ovvero dispositivi tecnologici che possono essere portati sempre con se poichè letteralmente indossabili. Si parla di occhiali, braccialetti, fasce toraciche, scarpe, orologi, apparecchi acustici, cinture, accessori e altri capi di abbigliamento.

A fare da traino alla domanda c’è il settore sportivo con cronometri, contapassi, contavasche (per il nuoto), cardiofrequenzimetri e contachilometri personali. Poi c’è l’intrattenimento, con la musica e la fotografia in cima alla lista delle applicazioni più usate, quindi il settore medico con diversi sistemi che vanno dal monitoraggio a distanza dei pazienti alla semplice archiviazione dei parametri vitali o delle calorie degli alimenti della propria dieta, per finire con la tecnologia investigativa, con diversi gadget da 007 e quella al servizio della sicurezza (ad esempio l’ARVA per gli sciatori escursionisti).

Dal punto di vista tecnico, i dispositivi si dividono in tre principali categorie: quelli che si limitano a raccogliere informazioni e che hanno bisogno di essere connessi ad un pc per poter archiviare, condividere o elaborare i dati; quelli che per essere pienamente operativi devono comunque dipendere o da un pc o da uno smartphone e infine i dispositivi completamente autonomi.

Tutti questi dispositivi sfruttano la disponibilità di software che combinano principalmente quattro aspetti cardine: la geolocalizzazione, la connessione ad Internet, gli archivi cloud e le comunità social. Uno sciatore, ad esempio, vestendo un “Recon Snow 2” (mascherina per gli occhi) può tenere traccia dei suoi fuoripista, rielaborare il percorso fatto o addirittura misurare i suoi salti. L’antenna GPS inserita nella visiera localizza geograficamente e in tempo reale lo sciatore, il modulo Bluetooth permette la connessione ad Internet (tramite cellulare) per archiviare automaticamente i dati  raccolti (velocità, altitudine, calorie bruciate, etc…), il servizio di cloud storage consente di avere tali dati disponibili su qualunque computer da qualunque parte del mondo e un social network rende l’esperienza condivisibile online.

Il padre di tutti i dispositivi “wearable”, il più atteso e forse anche il più contestato è senza dubbio “Google Glass” ovvero il progetto del colosso dei motori di ricerca di un paio di occhiali a realtà aumentata. Questo dispositivo, prodotto in collaborazione con Luxottica, ha già fatto il suo debutto in alcuni Paesi ed è solamente grazie al suo successo che è stato possibile mettere in luce alcuni aspetti importanti da tenere conto che riguardano la privacy non soltanto degli utilizzatori, ma anche delle persone che si trovano ad interagire, volenti o nolenti, con chi possiede questi dispositivi.

I servizi cloud sono stati recentemente nell’occhio del ciclone proprio a causa della discussa affidabilità sul fronte della sicurezza informatica. Salvare la propria rubrica telefonica, le foto, i video, le password, i codici delle carte di credito, i propri dati sensibili, la traccia della posizione geografica su Internet, per poterli avere sempre a disposizione in mobilità, rischia di essere una sfida per i malintenzionati della Rete che sanno come utilizzare per il proprio profitto questi dati. I social network inoltre generano quasi lo stessa preoccupazione in quanti sono semplicemente “taggati” in una delle miriadi di attività svolte dai possessori dei wearable. Per non parlare del problema di chi ha scelto di non mettere online alcun tipo di informazione personale e si ritrova nella rubrica cloud di un’amico con tanti dettagli che non immagina neanche.

Eppure, in base alle previsioni di IDC, entro la fine dell’anno le consegne globali di wearable device raggiungeranno i 19,2 milioni (+209%), per arrivare nel 2018 a 111,9 milioni con una crescita media annua del 78,4 per cento. Nel 2013, a livello mondiale, oltre il 70% delle vendite ha riguardato i dispositivi più complessi, cioè quelli autonomi. Gli oggetti che i consumatori apprezzano di più sono i braccialetti e soprattutto gli orologi (gli smartwatch), seguiti a breve distanza dagli occhiali.

Anche in Italia il mercato è pronto a decollare e si prevede una crescita, rispetto al 2013, superiore al 190 per cento, per un totale di circa 700 mila unità vendute. Nel 2018 verranno consegnati quasi 3 milioni di wearable device, con una crescita media annua nel periodo 2013-2018 pari al 67 per cento.

Commenta