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Design economy: il made in Italy è bello e sostenibile e così supera la crisi e accoglie laureati

Symbola ha presentato la ricerca annuale su Design economy ricca di dati sui comparti a maggior tasso di esportazione, nonostante Covid e guerra. E i laureati vanno a ruba

Design economy: il made in Italy è bello e sostenibile e così supera la crisi e accoglie laureati

La Design economy continua a stupire. Infatti, Come sta il design italiano dopo i due anni di covid? L’abbiamo scritto e riscritto da queste colonne: molto bene, esportiamo, secondo i dati del Centro Studi di FederlegnoArredo, sempre più mobili, chicchere, piastrelle, pannelli, tappi di sughero, piatti e padelle, stufe e caminetti e bagni, e ne vendiamo sempre di più anche in Italia. Ma c’è un dato poco conosciuto che poi è il vero capitale immateriale che sta dietro il made in Italy e in particolare quello ben più importante delle tre “F”, Food, Fashion e Furniture, ovvero il progetto, che in inglese fa “design”. 

Proprio su questo formidabile backstage fondante e cioè l’insieme di progettazione, invenzione, comunicazione e servizi che rende così innovativo e diverso il nostro made in Italy delle manifatture, indaga da 15 anni la Fondazione Symbola, creata da Ermete Realacci, che mercoledì 20 aprile nella sede dell’Adi, Associazione per il disegno industriale, ha presentato l’edizione 2022 della ricerca Design Economy, con l’evolversi di questo capitale immateriale e materiale, indicandone tutti gli aspetti quantitativi e qualitativi. La ponderosa ricerca è stata realizzata, oltre che dalla fondazione Symbola, anche da Deloitte Private e Polidesign in collaborazione con l’ADI, Logotel, CUID, Comieco e AlmaLaurea.

Superata la crisi del 2020

Il Design, inteso nella accettazione di Symbola, che rappresenta il valore aggiunto dei comparti a maggior tasso di esportazione (dal 40 al 90 per cento) ha chiuso il 2020 a -18% ma già nel 2021 la maggioranza degli operatori ha registrato e dichiarato una crescita consistente confermando una previsione ottimistica anche per il 2022, nonostante i pesanti problemi legati al caro-energia e alla carenza di materie prime. 

Ma, più interessante del mood del settore, peraltro mutevole date le attuali incertezze, conta esaminare i tantissimi numeri elencati dalla ricerca con una straordinaria ricchezza di informazioni. Con numerosi primati. Innanzitutto quello delle 30mila imprese di questo retroterra di innovazione (in gran parte al Nord e al Centro), con 61mila occupati (moltissimi i laureati e comunque con livelli culturali elevati) che hanno generato nel 2020 un valore aggiunto di 2,5 miliardi di euro che vanno in gran parte ad aggiungersi ai quasi 50 miliardi di euro di fatturato della filiera FederlegnoArredo. 

In Europa, 1 addetto su 6 è italiano e con un altro primato: più degli altri europei vanta progetti e realizzazioni ad alta percentuale di ecosostenibilità. Inoltre all’arredo italiano viene riconosciuto il primato mondiale in quanto portatore di una bellezza che, secondo la ricerca “Bello e Benfatto” di Confindustria e SACE, è costituita da una eccellenza tecnologica delle diverse manifatture.  

La sostenibilità è il motore della filiera

La maggioranza di questi operatori è infatti fortemente impegnata nella ricerca quotidiana di soluzioni ecosostenibili: il 57,6 per cento degli intervistati dichiara di occuparsi della durabilità, il 43,4 per cento di prodotti a consumi sempre più ridotti e con scarti minimi; il 34 per cento ricerca soluzioni per il riciclo completo del prodotto progettato. Ed è proprio il settore dell’arredo italiano che genera circa il 70 per cento della domanda di servizi per un design sostenibile tanto che oggi uno dei requisiti riconosciuti a livello mondiale è proprio la capacità di adeguare la filiera del sistema casa alla crescente richiesta di prodotti a economia circolare, ecologici, riciclabili. Cioè il futuro del modo di vivere e abitare. 

Per moda ed edilizia percorso virtuoso

È grazie alla design economy della ricerca di Symbola che oggi è possibile individuare un percorso virtuoso anche per la moda – una filiera ancora inquinante – grazie alle positive esperienze della rigenerazione del gigantesco serbatoio dell’invenduto che affligge da sempre questo settore. Tramite la renderizzazione dei capi e la loro customerizzazione addirittura sul punto vendita si comincia progettare e a realizzare esperienze importanti. 

Più difficile invece appare – come ha sottolineato Regina De Albertis, presidente di Assimpredil Ance – l’innesto della progettazione ecosostenibile e innovativa nel comparto molto tradizionale delle microimprese che costituiscono il settore dell’edilizia. Ma la inevitabile domanda di cambiamento innestata in tutti gli altri comparti del sistema casa lascia ben sperare. Così come si rivela positivo ai fini dell’occupazione un dato emerso dalla ricerca e cioè che la prima stima del tasso di occupazione dei laureati magistrali biennali in design a 5 anni da titolo, restituisce un valore del 91 per cento di occupazione, superiore alla media dei laureati in altre discipline. E di questo 91 per cento ben l’84 per cento svolge una professione coerente con l’ambito del design. Da considerare inoltre che avendo il primato in Europa con il Politecnico di Milano come eccellenza per il design, quasi la metà dei laureati lavora all’estero, sull’onda di una domanda internazionale crescente.

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