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Dazi, segnali di disgelo Usa-Cina dopo il via ai rialzi

I rialzi americani del 25% sulle merci cinesi partono oggi ma prima di diventare davvero operativi potrebbero essere interrotti dall’atteso accordo tra Trump e la Cina – Preoccupa lo spread italiano mentre il Ftse Mib scende sotto quota 21 mila

Dazi, segnali di disgelo Usa-Cina dopo il via ai rialzi

In un clima un po’ surreale ha preso il via l’escalation morbida della guerra dei dazi. Alle 6 di stamane, ora italiana, è entrato in vigore l’aumento al 25% dei dazi statunitensi su 200 miliardi di dollari di merci cinesi. Pechino ne ha preso atto, anticipando che sono in arrivo ritorsioni. Ma gli atti di guerra sono stati accompagnati da dichiarazioni più che concilianti. Donald Trump ha rivelato di aver ricevuto “una bellissima lettera” dal presidente Xi. Intanto proseguono oggi a Washington i colloqui tra lo staff della Casa Bianca e il vicepremier cinese Liu He. E la guerra, pur dichiarata, non è ancora scoppiata: i nuovi dazi si applicano alle merci in procinto di lasciare i porti della Cina, ma non a quelle già in mare: non sono retroattivi. Questo vuol dire che la misura sarà effettiva tra circa tre settimane, il tempo impiegato dalle navi mercantili ad attraversare il Pacifico. C’è quindi altro tempo per negoziare ed arrivare ad un accordo: nel caso ci si arrivasse, l’incremento introdotto oggi sarebbe annullato.

UBER ENTRA A WALL STREET A 82 MILIARDI DI DOLLARI

Di fronte ad una situazione così complicata i mercati si avviano a chiudere la settimana peggiore dell’anno con una nota di ottimismo.

I mercati Usa, seppure in rosso per la quarta seduta di fila, hanno più che dimezzato le perdite. L’indice S&P 500 ha chiuso a -0,3% recuperando dai minimi di seduta a -1,5%. Dow Jones -0,5% (da -1,7%), Nasdaq -0,4% in chiusura contro un minimo di -1,9%.

Uber paga un prezzo alla debolezza dei listini: l’offerta dei titoli sul mercato avverrà a 45 dollari per un valore complessivo di 82 miliardi di dollari, ai minimi della forchetta. Ad inizio settimana si scommetteva su un prezzo complessivo attorno ai miliardi di dollari.

Le Borse della Cina sono in rialzo. L’indice Csi dei listini di Shanghai e Shenzhen guadagna l’1,7%, dopo aver toccato un massimo a +3%. Sale anche Hong Kong (+0,8%). In lieve calo invece il mercato azionario di Tokyo e di Seul, sulla parità Mumbai.

LA GUERRA DEI DAZI COLPISCE L’ASTA DEI T BOND

Migliora, seppur di poco, lo yuan sul dollaro, a 6,8191, dopo i forti ribassi accusati in una settimana che ha visto, tra l’altro, il parziale flop dell’asta dei titoli del Tesoro americani a dieci anni. L’offerta di 27 miliardi di dollari ha registrato il più basso tasso di copertura dell’offerta degli ultimi dieci anni. La domanda dall’estero, un indicatore della partecipazione dei soggetti cinesi, è stata modesta.

La Cina non può disertare del tutto le aste del Tesoro americano, ma potrebbe sostituire una parte delle sue riserve in valuta pregiata, con l’oro, stamane stabile a 1,283,50 dollari l’oncia.

Migliorano anche i prezzi del petrolio, legati più che mai all’andamento delle relazioni tra i due Big che assieme rappresentano il 34% dei consumi mondiali. Il brent tratta a 70,41 dollari al barile dopo aver toccato un massimo a 71,23 dollari.

In ribasso ieri a Piazza Affari Eni -0,8% e Saipem -3,6%.

PIAZZA AFFARI FRANA SOTTO 21 MILA PUNTI

Le Borse, insomma, hanno scelto di guardare al bicchiere mezzo pieno, ma la situazione generale resta ad alto rischio. I futures, comunque, segnalano rialzo sui listini, sia in Usa che, soprattutto, sulle piazze europee che ieri hanno chiuso prima dei segnali distensivi lanciati dal presidente Trump.

Piazza Affari al quarto giorno di ribasso ha bucato ieri all’ingiù il muro dei 21 mila punti, archiviando la giornata a quota 20.81 in calo dell’1,82%, dopo scambi per 2,69 miliardi, con un incremento di ben 290 milioni di euro, pari al 12,58%, rispetto ai precedenti 2,3 miliardi.

Poco meglio ha fatto Francoforte (-1,69%). Ma la maglia nera spetta a Parigi (-1,93%), trascinata all’ingiù dal tonfo di Kering (-2,73%, la controllata Gucci ha chiuso ieri un contenzioso con il fisco per 1,25 miliardi) e dell’altra corazzata del lusso, Lvmh (-2,23%). Ma il ribasso record, degno del Guinnes dei primati, spetta all’Ajax: -20% ad Amsterdam dopo l’eliminazione dalla Champions League. Meglio la Juventus (+1,53%) che a Milano, magra consolazione, è tra i pochi titoli a chiudere in terreno positivo trascinata dai rumors sul possibile ritorno di Antonio Conte in panchina.

Completano la giornata nera Zurigo (-1,93%), Madrid (-1,43%) e Londra, la meno peggio, in calo dello 0,92%.

LA FORBICE CON I BUND A QUOTA 273. IN ASTA 6,75 MILIARI DI BTP

A complicare la congiuntura del mercato italiano contribuisce il nuovo inquietante aumento dello spread a 273 punti base rispetto ai 267 di ieri, mentre il tasso del decennale si è portato in area 2,68%, dai 2,62% di ieri, in controtendenza con il resto di Eurolandia investito dagli acquisti sull’euro a fronte della chiusura delle operazioni sulle valute emergenti a conferma che, complici i tassi sottozero, la valuta comune è ormai usata per il carry trade, al pari dello yen. Il Bund decennale ha chiuso a 0.06%.

In serata il ministero dell’Economia ha comunicato che martedì offrirà sul mercato tra 5,25 e 6,75 miliardi di euro in Btp a 3, 7 e 30 anni in occasione dell’asta a medio e lungo termine di metà mese.

Intanto, l’Irlanda ha collocato un’emissione per 4 miliardi scadenza 15 maggio 2050: le richieste degli operatori hanno superato i 18 miliardi di euro.

PESA L’INCOGNITA CARIGE. PIOGGIA DI VENDITE SU BANCA BPM

Le preoccupazioni del Tesoro, però, ieri si sono concentrate su Carige, dopo che Blackrock ha deciso di ritirarsi dal piano di salvataggio. Sembra difficile, a questo punto, evitare un intervento di sistema ma il premier Giuseppe Conte la prende con filosofia: “si chiude una porta, se ne apre un’altra” ha detto sottolineando che l’istituto è “in una condizione di sostenibilità finanziaria, quindi ci sono tutti gli estremi per perseguire con massima tranquillità una soluzione di mercato”. Meno olimpico il ministro Giovanni Tria che, però, non dispera in una soluzione in extremis.

Assai più preoccupata la reazione del comparto del credito, che vede concretizzarsi una nuova emergenza in un momento già assai delicato sul fronte del debito in piena bagarre politica a poche settimane dal voto europeo del 26 maggio.

Paga un alto prezzo Banco Bpm-6%a fronte di dati in frenata. Nel primo trimestre gli introiti totali si collocano a 1,06 miliardi di euro, -9% anno su anno. Scendono più del previsto le due voci più importanti, il margine di interesse e le commissioni. In miglioramento il Common Equity Tier 1 a 11,8%, da 11,54% di dicembre. Kepler Cheuvreux ha tagliato il giudizio a Reduce. Equita Sim, da parte sua, ha abbassato il target price da 3 a 2,8 euro, confermando il rating buy.

Perde il 4,4% Monte Paschi: la banca controllata dal Tesoro ha chiuso il trimestre con 28 milioni di utile ma con una forte contrazione dei ricavi. -8,5% a 803 milioni dopo la flessione delle commissioni nette e del margine di interesse.

Soffrono anche i big. Unicredit lascia sul terreno il 2,1%. Nel primo trimestre gli introiti totali sono scesi del 3% anno su anno a 4,92 miliardi di euro, meglio delle previsioni grazie al buon risultato delle attività di compravendita. In calo del 4% i costi, a 2,61 miliardi. Common Equity Tier 1 a 12,25%. L’incidenza delle sofferenze è la più bassa, tra le banche italiane, pari al 7,6% del totale.

Intesa Sanpaolo (-1,8%) paga il fatto di essere considerata la banca di sistema, partner inevitabile per qualsiasi operazione di ristrutturazione del mercato del credito.

FRENA ANCHE IL RISPARMIO GESTITO

Scendono le società del risparmio gestito, prese di mire quando scende la propensione al rischio. Azimut -7% dopo la trimestrale. Sia l’utile, salito a 91 milioni di euro, sia i ricavi (247 milioni di euro), hanno battuto le stime del consensus. Pesante anche Anima Holding (-4,55%). Banca Generali -1,9%: KeplerCheuvreux taglia il giudizio a Hold. Banca Mediolanum-2%. 

BRILLA LEONARDO, VOLA FIERA MILANO

Tra le (poche) voci positive Leonardo (+3%). L’utile del primo trimestre sale del 54% a 77 milioni di euro, meglio delle previsioni. La società ha confermato il raggiungimento degli obiettivi del 2019.

Avanza anche Terna (+1%) che ha chiuso il primo trimestre con 420 milioni di euro di Ebitda, in linea con le aspettative. Debito a 7,9 miliardi.

Il titolo migliore è stato Fiera Milano (+8%). Equita alza il giudizio a Buy. Molto bene anche Amplifon+3% e Piaggio +4%.

Si difende, vista la giornata difficile, anche Enel (-1%). I primi tre mesi del 2019 si chiudono con 4,5 miliardi di euro di Ebitda, in rialzo del 14% anno su anno, meglio delle aspettative, anche per effetto di una voce straordinaria positiva di 160 milioni. Utile netto ordinario a 1,16 miliardi di euro: +11% anno su anno. Debito in crescita di 4 miliardi di euro, rispetto a fine dicembre, a 45,1 miliardi di euro. 

Ferrari (-1%) ha interrotto la striscia positiva. Morgan Stanley alza il giudizio a Overweight. Fiat Chrysler (-4%) paga le tensioni sui dazi così come Stm (-5,04%), Prysmian (-4,52%) e Cnh (-3,84%).

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