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Dallo Spazio alle ferrovie in Tibet: Sitael, il Made in Italy già nel futuro

INTERVISTA A CHIARA PERTOSA, Presidente di Sitael, azienda pugliese del Gruppo Angel che è tra i più rilevanti della Space Economy e che in Tibet ha portato i sistemi diagnostici nel sistema ferroviario alla più alta quota nel mondo – “Per una donna è difficile emergere, ma se si è determinate, senza paura e con grande capacità di studio e di lavoro, si può vincere”

Dallo Spazio alle ferrovie in Tibet: Sitael, il Made in Italy già nel futuro

“Avessi potuto seguire il mio cuore avrei scelto di studiare Filosofia e poi avrei fatto la giornalista, ma mio padre fu chiaro: o Economia e Commercio o Giurisprudenza. E poi l’azienda”. Lo dice senza acrimonia, perfino divertita Chiara Pertosa, 41 anni, presidente di Sitael, impresa di Mola di Bari che fa parte del gruppo Angel che sviluppa satelliti, sistemi di propulsione elettrica, strumenti scientifici per missioni spaziali e soluzioni IoT (Internet delle cose) per applicazioni industriali. Una delle pochissime donne che occupano un posto di rilievo nel comparto dello spazio. Lo dice con il senno di poi e forse nemmeno più tanto convinta di quei desideri giovanili, perché oggi presiede uno dei gruppi più importanti del mondo della Space Economy, come viene definito tutto quello che si occupa sopra e lontano dal nostro pianeta. L’anno scorso, per capirci, una foto opportunity la ritrae mentre firma accordi con numerosi partner per eseguire il programma Platino, il progetto che trasformerà l’Italia in un Paese protagonista anche nell’ambito spaziale.

Stiamo parlando di un accordo finanziato dall’Agenzia spaziale e dal Governo italiano con un investimento di oltre 100 milioni di euro e che prevede fra le altre cose anche la realizzazione di due missioni per il lancio di satelliti programmati nel 2022 e 2023. Sitael (con altre aziende raggruppate in un accordo temporaneo) vi collabora con Leonardo, Airbus e Thales Alenia Space. Chiara è la primogenita di Vito Pertosa, fondatore di Mermec (Meridional Meccanica), nucleo centrale del Gruppo Angel, di cui fa parte anche Sitael, e che produce treni diagnostici e sistemi di segnalamento per le ferrovie e le metropolitane di tutto il mondo, compreso il mitico Giappone. E anche il Tibet, dove Mermec ha portato i sistemi diagnostici nel sistema ferroviario alla più alta quota mai realizzato. Il gruppo Angel è nato a Monopoli, 50 km a sud di Bari, e lì vi ha lasciato cuore e cervello mentre apriva sedi in 19 Paesi con prodotti e servizi in uso in 65 nazioni del mondo. Di Angel fanno parte aziende che hanno un solo comune denominatore: sono tutte proiettate verso il futuro, utilizzando tecnologie avanzatissime, sia se si tratti di aerei, treni o satelliti.

Si chiamano BlackShape, che realizza aerei in fibra di carbonio; Sit, che sviluppa sistemi informativi per mappare i territori; Ewings, che fra l’altro fornisce la soluzione di telemetria utilizzata da tutti i team di Formula 1; Angelstar, specializzata nella progettazione e sviluppo di sistemi di segnalamento a bordo gestione treno, l’ERMTS, per gli operatori ferroviari di tutto il mondo; Brightcyde, specializzata nella progettazione ed implementazione di soluzioni e servizi di cyber-security per le infrastrutture di rete; Eikontech, specializzata nello sviluppo di soluzioni negli ambiti strategici della scienza computazionale, dell’intelligenza artificiale, dell’elettromagnetismo applicato e delle radiocomunicazioni; Matipay, che produce soluzioni di mobile-payment e dispositivi di telemetria che trasformano i distributori automatici in punti vendita intelligenti. Un piccolo colosso che dà lavoro a oltre 1500 dipendenti, dei quali più di mille sono ingegneri la cui forza è sempre la stessa: investe gran parte dei ricavi in ricerca e sviluppo.

Mi permetta di iniziare la nostra conversazione con un dettaglio personale, come spesso fanno le donne quando iniziano a conoscersi. Oggi lei è presidente di un gruppo di imprese più che importante. Se avesse potuto scegliere avrebbe fatto altro nella vita?

“Vuole sapere la verità? Non ho potuto scegliere. Quando ho finito il liceo i miei desideri mi portavano da tutta altra parte. Mi piace scrivere, ho una formazione umanistica e mi sarebbe piaciuto moltissimo fare il suo lavoro, la giornalista. E volevo studiare filosofia. Cosa mi ha impedito di farlo? Come mi ha convinto mio padre? Beh, è stato molto chiaro: ha detto semplicemente che non mi avrebbe pagato gli studi. Molto pragmaticamente. Mi aveva detto: o Economia o Giurisprudenza. E poi l’azienda. Così mi sono iscritta a Economia e Commercio a Bari perché nemmeno avevo il permesso di allontanarmi visto che avevo anche un papà geloso. Mi sono rifatta in seguito perché ho avuto la possibilità di stare fuori un anno, in Finlandia avendo vinto una borsa di studio e perché – ad essere onesti – dovevamo aprire una sede in Nord Europa. Sede poi aperta prima in Norvegia, poi in Finlandia. In quell’occasione mio padre non ha mosso obiezioni perché era proprio nelle sue corde, visto che era anche interesse dell’azienda. Con il senno di poi mio padre aveva assolutamente ragione. E comunque io non sono una persona ribelle, almeno con mio padre. Ho accettato i consigli e sono andata avanti. Oggi sono soddisfatta del mio lavoro: come può immaginare in azienda ho iniziato dal basso, ho fatto tutto seguendo ogni gradino del percorso, partendo dall’ufficio estero nel settore ferroviario,  crescendo piano piano. Oggi dico con sincerità che ha avuto ragione lui”.

L’anno scorso è stata scelta dal Politecnico di Bari per entrare nel Cda in qualità di membro esterno, seconda di sole due unità (l’altro è il suo collega Dante Altomare, vicepresidente esecutivo di Exprivia, in carica dal 2014): come ha vissuto questa decisione del rettore?

“Beh, gli è toccata una donna e pure non ingegnere. Forse il rettore però pensava di aver scelto anche la meno rompiscatole, si è dovuto ricredere presto. Come ho detto posso sembrare remissiva nei confronti di mio padre, sebbene litighiamo spesso e volentieri, ma per il resto sono molto puntigliosa. Con il Consiglio e con il Rettore c’è un bel rapporto. Ma durante la pandemia ho fatto notare, che i privati non si erano mai fermati mentre il pubblico, e l’Università in quel caso, aveva chiuso i battenti. Per me è stata una scelta non opportuna, soprattutto per quel che riguarda l’Università. Mi è stato risposto ovviamente che la decisione era stata presa dal Ministero, cosa vera, quindi ho potuto solamente mettere agli atti la mia posizione. Certe volte ci vuole un po’ di più di coraggio nella PA. Se mi chiede perché questa differenza con le imprese private io me la spiego solo con il fatto che forse i privati devono fare molto di più i conti a fine mese. Nel mio caso, io mi sono sempre mossa per lavoro, anche durante i mesi più duri. Con le precauzioni del caso, ma non sono mai rimasta ferma a casa.”

MerMec, leader mondiale nella progettazione di sistemi per le ispezioni e il funzionamento delle infrastrutture ferroviarie, in cui lei, fra l’altro, ha ancora incarichi di manager, è diventata famosa in soprattutto per il sistema ferroviario costruito in Tibet, posto complicatissimo per ogni tipo di struttura per il terreno e il clima. Come ricorda quel periodo?   

“Abbiamo iniziato nei primi anni 80 con la manutenzione delle infrastrutture ferroviarie, poi siamo passati ai mezzi di diagnostica per effettuare la manutenzione e quindi con l’elettronica e i software, vale a dire le motrici diagnostiche. Ricordo benissimo quel periodo perché quando abbiamo venduto tecnologia diagnostica in Tibet, ero già in azienda. E tuttavia poteva sorprendere solo i giornali. La verità è che se sei bravo, hai le competenze e i prodotti giusti non è complicato competere sul mercato internazionale, sia se i competitori si chiamino Tibet o Giappone. Eravamo in grado di offrire quel prodotto e lo abbiamo offerto”.

Sitael si sviluppa ambiti in cui è difficile incontrare molte donne imprenditrici. Cosa si sentirebbe di dire a una ragazza che vorrebbe seguire il suo esempio?

“Io sono stata sicuramente fortunata a nascere in una famiglia come la mia, ho e avrò un’eredità imprenditoriale, non patrimoniale. Non ville con piscine, ma aziende, come dico spesso. Quindi sarò onesta, per una donna è sempre difficile, senza queste caratteristiche è quasi impossibile. Ancora più aspro è il settore dello spazio. In Italia siamo pochissime.  Ma la battaglia può essere vinta. Bisogna essere determinate, non avere paura, studiare molto. E tenere a mente che ogni giorno ha la sua sfida. Il piccolo contratto, il grande contratto. Anche mantenere l’equilibrio familiare per una donna è una sfida. E anche qui conta la fortuna. Bisogna avere un marito d’oro come è capitato a me e tanta tanta pazienza. Ho due figli, un ragazzo di 16 anni e una bambina di 7. Non mi danno nessun problema, il grande è bravissimo a scuola, tranquillo; la piccola è monellissima, ma ci sta. Hanno bisogno dei genitori e non è facile, come può immaginare. E se mi chiede se il nonno si comporta con loro come si è comportato con  i figli, le dico che no, con i nipoti è molto più morbido. Mio figlio è atteso nell’azienda? Devo essere sincera, io lo lascerò libero di scegliere. Se vuole, la porta è aperta. Altrimenti non farò come mio padre ha fatto con me, sarà libero di percorrere altre strade.”

Ci parli di Sitael, uno dei più grandi attori della Space Economy. Cosa immaginate per il prossimo futuro?

“E’ un anno importante per il settore spaziale. L’anno scorso Sitael, capofila di un Raggruppamento temporaneo di imprese, ha firmato un accordo di lunga durata con Leonardo, Airbus Italia e Tas Italia, che potrebbe mirare alla realizzazione di una costellazione di satelliti made in Italy. Si tratta del progetto Platino, nostro prodotto di punta. Serve a osservare la Terra, per verificare il cambiamento climatico, per monitorare il funzionamento delle infrastrutture. Si potrebbe arrivare fino a 30 satelliti e ciascuno di misura media. Oggi in orbita ci sono quelli piccoli e quelli grandi, manca una misura di mezzo. Sarebbero utilissimi per fare un lavoro accurato e avere un vantaggio competitivo sugli altri paesi europei  perché finora le ricognizioni nel nostro Paese vengono fatte utilizzando pochi satelliti con la conseguenza che le immagini non sono aggiornate velocemente. Sarebbe la prima volta per un made in Italy anche nel settore dello spazio”.  

Siete partiti dal sistema treni, siete passati attraverso gli aerei e puntate sullo spazio. Ma i treni sembrano rimasti nel vostro cuore. Parliamo di Hyperloop, il treno ad altissima velocità di cui insieme ad altri state costruendo un prototipo in Francia. A che punto è il progetto? Quanto dovremo aspettare per vederlo realizzato?

“Ahimé, purtroppo il progetto è in una fase di rallentamento. E’ un programma fantastico che non c’entra niente con i super treni giapponesi. Stiamo parlando di un’altra tecnologia. Di treni-capsule che raggiungono la velocità di 300 km orari scivolando su cuscini d’aria. In Cina, in Francia, in Spagna, in Canada, negli Usa si lavora a prototipi, ma per ora la realtà è lontana. La verità è che questo tipo di investimento  può essere realizzato solo se c’è una decisione governativa, non è possibile realizzarlo come impresa privata. Non costa più della alta velocità, ma rappresenta veramente il futuro, con tutto quello che esso vuol dire, qualità del viaggio, sicurezza per i passeggeri. Tutte cose che portano via molte discussioni. E rallentano le decisioni. Anche se comprendo che il futuro va realizzato con grande consapevolezza, a volte sembra che sia troppo lento”.

Le dispiace mi pare…

“Moltissimo. Hyperloop cambia completamente la realtà del trasporto. Ma la ricerca continua. Non è irrealizzabile. Basta crederci”. 

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