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Cresce il debito negli emergenti, trascinati da Cina e HK

Atradius sottolinea le preoccupazioni circa la solvibilità delle imprese locali, nonostante non si preveda ancora una distribuzione sistemica dei rischi. È la Turchia la più vulnerabile: a pesare è il rischio di rifinanziamento.

Come riportato da Atradius, le obbligazioni societarie nei Paesi emergenti sono aumentate rapidamente e con loro il debito di famiglie, società non finanziarie e governi  (233% del PIL nel 2015 da 212% nel 2008 prima dello scoppio della crisi finanziaria). Tuttavia, il rapporto debito/PIL delle economie di mercato emergenti (EMEs) risulta essere incrementato a una velocità e mole maggiori rispetto a quelle avanzate. Questo repentino accumularsi di debito ha sollevato preoccupazioni circa la solvibilità delle imprese locali in un ambiente di rallentamento del commercio globale, prezzi bassi delle materie prime, calo di redditività, deprezzamento delle valute e normalizzazione dei tassi di interesse USA. E anche se attualmente non si prevedere una distribuzione sistemica dei rischi, dal momento che la capacità di assorbimento delle imprese è molto più forte rispetto ai precedenti periodi di turbolenza nei mercati globali, i rischi sono aumentati a livello microeconomico, a seconda del settore e del paese in cui si fa business.

Le imprese nei Paesi emergenti, soprattutto nei settori di estrazione mineraria, energia, edilizia e immobiliare hanno aumentato significativamente il proprio indebitamento nel periodo di massima attuazione di politiche monetarie espansive a seguito della crisi finanziaria globale. Il debito ha superato i 24 trilioni di dollari (da  15 trilioni nel 2008) nel terzo trimestre 2015. Negli EMEs il rapporto debito-PIL medio si è allargato da 40 punti percentuali a oltre il 100%, mentre il rapporto medio si attesta a 86% per le economie avanzate, sollevando le preoccupazioni di FMI e BIS. In particolare, la maggior parte di questo aumento è dovuto agli sviluppi in Cina (e Hong Kong, in quanto parte della Greater China): escludendo questi mercati, l’aumento del debito aziendale risulta essere più modesto pari al 12% del PIL, per circa il 53%. Tuttavia, questo nasconde importanti differenze tra Paesi. L’incremento è stato più pronunciato in Turchia, Brasile, Russia e Malesia: in Brasile e la Russia, inoltre, il recente aumento della rapporto debito/PIL riflette anche un’economia in fase di contrazione, aumentando ulteriormente il livello di rischio di credito.

In questo contesto, le imprese in Turchia risultano essere le più vulnerabili, seguite da Brasile, Indonesia e India: a pesare è soprattutto il rischio di rifinanziamento. In misura minore, questo è anche il caso per le imprese in Russia, Sudafrica e Messico, in parte mitigato dalle riserve ufficiali. Questi stessi Paesi hanno recentemente sperimentato un deprezzamento consistente delle proprie valute nel maggio 2013, quando improvvisamente i mercati hanno iniziato ad attrezzarsi per la fine del periodo di politica monetaria ultra-espansiva USA.

In linea generale, il finanziamento esterno è la fonte di finanziamento meno sicura, dal momento che espone il mutuatario a shock esterni e arresti improvvisi nei flussi di capitale. Inoltre, i prestiti in valuta estera sono più rischiosi di quelli in valuta locale, dal momento che comportano rischi di valuta, amplificando le vulnerabilità di un cambiamento nelle aspettative di mercato. A loro volta, i bond sono particolarmente sensibili, essendo i titoli sono negoziabili a differenza dei prestiti bancari. E i finanziamenti a breve termine sono anche più rischiosi di quelli a lungo termine, in quanto aumentano la vulnerabilità legata ai tassi di interesse. Più vulnerabili sono, infine, quelle imprese con alto leverage (rapporto debt/equity), specialmente quelle che sono ricorse a finanziamenti in valuta estera e a scadenze più brevi.

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