Condividi

Covid, il Brasile rischia di diventare l’epicentro mondiale e il Pil crolla

Sulle imprese brasiliane che importano pesa la caduta del real (-28% sul dollaro) – Per il momento la liquidità non manca, ma se non verranno rispettate le misure di quarantena decise a livello locale, a giugno il Paese rischia grosso e paga la folle politica negazionista di Bolsonaro

Covid, il Brasile rischia di diventare l’epicentro mondiale e il Pil crolla

Come riporta la Sace, l’America Latina, l’area tra le economie emergenti con la più bassa crescita media nell’ultimo decennio (2%), si trova ad affrontare la diffusione della pandemia coronavirus da una posizione di relativa debolezza. Da quando è iniziata la caduta del prezzo delle commodity la crescita è stata stagnante, se non negativa, in parecchi contesti. Ad aggravare la situazione, la diffusione del Covid-19, finora relativamente limitata rispetto ad altre aree geografiche, che potrebbe essere favorita da alcuni fattori peculiari:

  • i tassi di urbanizzazione elevati che rendono difficile prendere provvedimenti di distanziamento sociale;
  • la presenza di una vasta economia informale che scoraggia l’adozione di lockdown generalizzati e prolungati per le possibili conseguenze in termini di tensioni sociali;
  • la relativa debolezza dei sistemi sanitari nazionali;
  • il progressivo invecchiamento della popolazione;
  • l’inversione delle stagioni rispetto all’Europa nella parte australe del subcontinente.

In Brasile l’impatto della pandemia di coronavirus ha messo fine alla modesta ripresa economica iniziata nel 2017. Secondo Atradius, quest’anno il Pil dovrebbe contrarsi di almeno il 5%. La vulnerabilità dell’economia deriva dalla dipendenza dal settore dei servizi e dalle esportazioni di materie prime, nonché dall’elevato debito pubblico. La diffusione del coronavirus in Brasile e le conseguenti misure di blocco avranno un forte impatto sulla domanda interna, con gli investimenti e i consumi privati che si prevede si contrarranno rispettivamente del 5% e del 8% circa nel 2020. Le esportazioni risentono di una domanda in forte calo (soprattutto da Cina, USA e Argentina) e si prevede una contrazione di oltre il 6% quest’anno. L’unica eccezione positiva è rappresentata dalle esportazioni di soia, che hanno raggiunto lo scorso aprile livelli record.

La recessione in corso sta avendo un forte impatto sulle performance delle imprese e sulla situazione del rischio di credito di quasi tutti i settori chiave, e ha portato a molti declassamenti. L’industria automobilistica, i beni durevoli di consumo, l’elettronica, i servizi, la produzione e le vendite di prodotti tessili si stanno riducendo a causa dei blocchi e dell’aumento della disoccupazione, che si prevede quest’anno a più del 13%. Nell’industria dei servizi, soprattutto alberghi e catering, ristoranti, bar, intrattenimento e attività legate al turismo stanno risentendo pesantemente dell’attuale momento. Le esportazioni di diverse materie prime stanno diminuendo a causa del rallentamento dell’economia globale, compresa la domanda molto più bassa proveniente dalla Cina.

L’industria del petrolio e del gas, che già prima della pandemia affrontava una fase difficile, soffre per i prezzi molto bassi e per la domanda contenuta. Il calo della domanda di petrolio e gas e dei settori delle costruzioni ha un effetto a catena sulla domanda di macchinari, metalli e acciaio, industrie in cui la produzione è influenzata anche dal blocco della produzione. In tutti i settori industriali, le imprese che dipendono fortemente dalle importazioni risentono negativamente del recente deprezzamento del real di oltre il 25% rispetto al dollaro. Il rischio di insolvenza in tutti i principali settori è fortemente aumentato, e si prevede che nel corso di quest’anno le insolvenze delle imprese cresceranno di circa il 20%.

Secondo le stime riportate dall’Ispi sarebbero almeno 50 milioni i lavoratori informali che si sono ritrovati da un giorno all’altro senza nulla. Si tratta di famiglie senza risparmi e piene di debiti: sono 63 milioni gli iscritti alla lista dei debitori morosi, che non possono chiedere un prestito se non a tassi del 400% all’anno. Il governo ha stanziato un aiuto emergenziale una tantum di 600 reais (100 euro) per chi non ha uno stipendio fisso: in un mese hanno fatto domanda 90 milioni di persone, più del 60% della popolazione attiva, poco più della metà lo ha ricevuto. Secondo gli analisti, se più della metà della popolazione non rispetterà le misure di quarantena decise a livello locale, nel mese di giugno il Brasile rischia di diventare l’epicentro mondiale del virus, superando gli USA per numeri di decessi: nel prossimo mese i contagi salirebbero a 400.000, con una letalità superiore al 10%. Numeri da prendere al ribasso, se si considera che si fanno i test solo negli ospedali e che con i reparti di terapia intensiva nei centri più colpiti collassati molte persone muoiono senza che gli venga fatto l’esame.

Per sostenere l’economia, dall’inizio dell’anno la Banca Centrale ha abbassato più volte i tassi di interesse, fino al minimo storico del 3,0% a maggio. L’inflazione dovrebbe rimanere al di sotto del 4%, dal momento che la recessione e i bassi prezzi dell’energia hanno compensato i maggiori costi di importazione dovuti alla debolezza della valuta. Ciò offrirebbe un certo margine per un ulteriore allentamento monetario, se necessario. Le autorità federali hanno annunciato un pacchetto di misure fiscali pari al 6,8% del PIL e sono attese ulteriori misure; il Congresso ha dichiarato lo stato di calamità a marzo, permettendo al governo di rinunciare all’obbligo di rispettare le severe leggi che regolano la spesa pubblica. A causa delle misure fiscali aggiuntive e della contrazione economica, si prevede il deficit fiscale salire a più del 10% del PIL, con un debito pubblico che supera l’90% del PIL.

Proprio il considerevole deficit fiscale era già la principale debolezza economica del Brasile prima dell’epidemia di coronavirus, con deficit di bilancio annuali persistentemente elevati negli ultimi due anni. Nel 2016 è stata approvata una modifica costituzionale per eliminare la crescita automatica della spesa di bilancio in linea con l’aumento dell’inflazione, e nel 2019 è stata adottata una riforma globale delle pensioni. Attualmente sembra che gli sforzi di riforma siano fuori dall’agenda a causa dell’attenzione posta sul contenimento della diffusione del virus e della posizione più debole del governo.

Il rifinanziamento e il rischio di default del debito sovrano sono per il momento mitigati dal fatto che la maggior parte del debito è finanziata a livello nazionale (87%), in valuta locale (95%), e il governo è un creditore esterno netto. Tuttavia, a causa del livello relativamente elevato di afflussi di investimenti di portafoglio (oltre il 140% delle riserve internazionali) il Brasile resta vulnerabile ai cambiamenti di atteggiamento degli investitori. L’accresciuta avversione al rischio dei mercati finanziari globali, che ha innescato grandi deflussi di capitali dai mercati emergenti a causa della pandemia di coronavirus, ha portato anche a una maggiore pressione sul real, che all’inizio di maggio si era deprezzato del 28% rispetto al dollaro Usa.

La situazione finanziaria esterna del Brasile dovrebbe rimanere sotto controllo, mantenendo bassi i rischi di trasferimento e convertibilità. Nonostante la diminuzione delle riserve ufficiali dovuta agli interventi di mercato da marzo per sostenere il tasso di cambio, la liquidità è più che sufficiente a coprire le importazioni (oltre 15 mesi) e il fabbisogno di rifinanziamento esterno. Il deficit delle partite correnti rimane basso e interamente finanziato dagli investimenti diretti esteri. Le imprese non finanziarie rappresentano il 63%, le banche il 22% e il governo il 15% del debito estero: e la maggior parte delle imprese indebitate con l’estero ha coperto il proprio rischio valutario o ha accesso a grandi riserve di valuta estera. Il settore bancario brasiliano è ben regolamentato e sufficientemente capitalizzato. Il sistema rimane modestamente dollarizzato e la dipendenza da finanziamenti raccolti sui mercati esteri è bassa, il che dovrebbe proteggere il sistema bancario da shock avversi.

Commenta