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Covid divide le famiglie: alcune risparmiano, altre faticano con l’affitto

Secondo un’indagine di Bankitalia, la propensione al risparmio è ancora alta, ma allo stesso tempo molti nuclei hanno gravi difficoltà materiali e tagliano spese di prima necessità

Covid divide le famiglie: alcune risparmiano, altre faticano con l’affitto

C’è chi riesce a risparmiare, ma anche chi fatica a pagare l’affitto ed è costretto a tagliare le spese su cibo e vestiti. La pandemia ha innescato processi contraddittori nelle famiglie italiane: i consumi e la fiducia calano ovunque, ma nel tessuto sociale si registrano anche reazioni di segno opposto, a seconda del segmento di popolazione analizzato.

Da un’indagine della Banca d’Italia realizzata alla fine di novembre emerge che nel nostro Paese le intenzioni di risparmio sono molto alte: più del 40% delle famiglie italiane ha affermato infatti di poter spendere meno del proprio reddito annuo nei successivi dodici mesi. Questa convinzione è diffusa sia tra le famiglie che si aspettano un reddito in aumento o stabile, sia tra quelle che prevedono una riduzione delle entrate.

Allo stesso tempo, però, Bankitalia rileva che quasi il 40% degli affittuari e oltre il 30% delle famiglie indebitate hanno difficoltà nel sostenere il pagamento dell’affitto o delle rate del mutuo. A partire dall’inizio dell’epidemia, circa il 15% delle famiglie ha chiesto o ha pensato di chiedere un prestito per riuscire a sostenere le spese correnti.

Non solo: circa il 30% delle famiglie italiane pensa di ridurre i consumi per alimentari, abbigliamento e beni per la casa. Per la metà di questi nuclei la contrazione della spesa dovrebbe essere inferiore al 20%, mentre poco meno di un terzo prevede un taglio superiore al 30%. Quasi la metà dichiara di voler acquistare beni di qualità inferiore, mentre i tre quarti pensano di ridurre la quantità.

In generale, oltre la metà della popolazione vive in famiglie che dichiarano di non disporre di risorse finanziarie sufficienti a mantenere uno standard minimo di vita per almeno tre mesi in assenza di entrate.

Infine, le valutazioni sulle prospettive generali dell’Italia sono peggiorate rispetto alla scorsa estate, ma rimangono comunque meno pessimistiche di quelle rilevate nella primavera del 2020, alla fine della prima ondata della pandemia.

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