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Conte, l’europeismo alle vongole del premier: chi ci crede?

Il premier che riscopre l’europeismo per ingaggiare qualche transfuga in soccorso della sua traballante maggioranza è lo stesso che boccia il Mes e che all’assemblea dell’Onu fece atto di fede nel sovranismo. Ma quante casacche ha l’avvocato del popolo?

Conte, l’europeismo alle vongole del premier: chi ci crede?

Ma c’è qualcuno che può davvero credere all’improvviso europeismo di Giuseppe Conte, affiorato come un Ufo dal recente confronto parlamentare sulla crisi? È vero che gli italiani sono notoriamente creduloni, perché altrimenti non si sarebbero lasciati sedurre nelle ultime elezioni dall’area sovranista che va dalla Lega e da Fratelli d’Italia fino ai Cinque Stelle, anche se da tempo il fascino del potere sembra aver indotto i grillini a più miti consigli. Ma all’obnubilamento della ragione di solito c’è un limite e talvolta qualcuno si rifiuta di farsi prendere per i fondelli.

Non ci vuole molto a capire che l’appello ai valori dell’europeismo come alle gloriose tradizioni dei popolari e dei socialisti altro non è che la formuletta magica che Conte ha inventato nelle ultime ore per nobilitare i transfughi che spera di imbarcare per puntellare la sua traballante maggioranza. E poco importa se questa disinvolta operazione di maquillage politico ha costretto il Presidente del Consiglio a cambiare casacca per la terza volta nel breve volgere della prima parte della legislatura.

Come si fa a pensare che quello del premier non sia un evidente escamotage trasformistico quando Giuseppe Conte è lo stesso che da un lato inneggia all’europeismo e dall’altro boccia senza appello il ricorso al Mes sanitario, che è proprio una delle principali novità del nuovo corso dell’Unione europea? Dice Conte: “Ma il Mes lo vuole solo Renzi perché è un tema divisivo”. Giusto, ma se è un tema divisivo il premier da che parte si colloca? Of course, da quella antieuropeista anti-Mes che asseconda i riflessi pavloviani dei suoi amici pentastellati.

Solo un ultrà del premier come Goffredo Bettini, l’ineffabile consigliere politico di Nicola Zingaretti, può sfidare il senso del ridicolo sostenendo che il neo-europeismo di Conte é “la vera svolta epocale che ha fatto fare all’Italia”. “Epocale” e scusate se è poco.

Del resto, come si fa a credere all’europeismo di Conte dimenticando il discorso che il premier – allora alla guida del Governo Lega-Cinque Stelle – face all’assemblea generale dell’Onu per professare il suo sovranismo e il suo populismo? Ma, più semplicemente, come si fa a prendere per buono l’europeismo alle vongole di Conte che, senza arrossire, passò dalla guida di un governo sovranista alla guida di un governo con Pd e Cinque Stelle?

Qualche tempo fa, in un’intervista a FIRSTonline, il filosofo ed ex parlamentare Biagio De Giovanni propose una specie di cartina al tornasole sulla sincerità e sulla bontà dei nuovi propositi anti-sovranisti di Conte, chiedendosi se il premier avrebbe mai pensato di scaricare la Lega dal suo primo governo se Matteo Salvini non fosse inciampato nel clamoroso autogol del Papeete e non fosse stato lui a provocare il disfacimento del governo sovranista d’inizio legislatura. Quella domanda attende ancora una risposta. Ma è fin troppo facile prevedere che non arriverà perché a parlare ci pensano i fatti.

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