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Confindustria taglia stime sul Pil: “Rischio manovra da 9 miliardi”

Il Centro studi Confindustria punta il dito contro “l’incertezza sulle politiche del nuovo governo e sul loro impatto sui conti pubblici” – Rischi al ribasso sono collegati anche alla guerra dei dazi e alla fine delle politiche ultra-espansive della Bce

Confindustria taglia stime sul Pil: “Rischio manovra da 9 miliardi”

La crescita dell’Italia rallenta più del previsto e il Governo rischia di dover varare un’altra manovra correttiva. Lo sostiene il Centro studi di Confindustria, che mercoledì ha presentato il suo ultimo rapporto sugli “Scenari economici”.

In particolare, a causa del “clima d’incertezza sia sul fronte internazionale che interno”, il CsC taglia le stime sulla crescita del Pil 2018 (dall’1,5 all’1,3%) e 2019 (dall’1,2 all’1,1%, supponendo che il governo riesca a evitare l’aumento dell’Iva). Le nuove previsioni sono inferiori anche a quelle inserite dal Governo nell’ultimo Documento di Economia e Finanza (+1,5% per quest’anno e +1,4% per il prossimo).

Sul fronte internazionale, i rischi al ribasso dipendono soprattutto dalle misure protezionistiche derivanti dalla politica commerciale statunitense, che, nel caso di un ulteriore inasprimento, “potrebbero portare a un rallentamento ancor più significativo delle esportazioni italiane”, scrive il Csc.

Altra fonte di preoccupazione è la progressiva chiusura dei rubinetti da parte della Bce, che con il rientro dalla politica monetaria ultra-espansiva condurrà “alla risalita dei tassi di interesse dal 2019, con effetti restrittivi sui bilanci di famiglie e imprese”.

Quanto ai fattori di rischio interni, il CsC cita la fine degli incentivi sugli acquisti di beni strumentali, che avrà un impatto negativo sulla dinamica degli investimenti, ma soprattutto “l’incertezza sulle politiche del nuovo governo e sul loro impatto sui conti pubblici, che crea timori presso gli operatori che acquistano titoli del debito pubblico italiano”.

Per tutte queste ragioni, secondo Confindustria, “è plausibile la richiesta di una manovra correttiva in corso d’anno. Nel definire la politica economica in vista della Legge di Bilancio, va evidenziato che gli spazi di manovra per l’Italia concessi dalle regole europee sembrano molto limitati. Al contrario, quest’anno è dubbio il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita con i numeri presentati nel Def”.

Fin qui il nostro Paese ha ottenuto molta flessibilità dall’Europa, quasi 30 miliardi di euro, e “le clausole di salvaguardia sono state disinnescate per tre quarti in deficit”. Ora “molto dipenderà dalle scelte di politica economica che adotterà il governo riguardo la clausola di salvaguardia, l’attuazione di alcune misure espansive indicate nella risoluzione al Def e nel contratto di governo e l’intenzione di rispettare i vincoli di bilancio. Non è chiaro come queste potranno essere conciliate”.

Nello scenario previsivo del Def, se si dovesse rispettare pienamente il percorso verso il pareggio di bilancio, per il 2018 sarebbe necessaria una correzione strutturale dei conti pubblici di 0,2 punti di Pil (circa 3,5 miliardi di euro) in corso d’anno, che farebbe scendere il deficit all`1,4 per cento del Pil.

Infatti, secondo le regole, la correzione sarebbe dovuta essere di 0,6 punti di Pil e la Commissione europea aveva accettato a fine 2017 che scendesse a 0,3 punti; ma nel Def di aprile scorso la riduzione del saldo strutturale è di soli 0,1 punti di Pil.

Secondo la previsione del Csc, peggiore di quella del Def, la correzione richiesta salirebbe a 0,5 punti di Pil, pari a poco meno di 9 miliardi. Nel 2019, la correzione dovrebbe essere di 0,6 punti di Pil (quasi 11 miliardi).

Tornando alle previsioni, per il Csc il deficit pubblico resta su un sentiero di lenta discesa, dal 2,3 per cento del Pil nel 2017 all’1,9 per cento quest’anno e all’1,4 per cento nel prossimo.

Il rapporto debito pubblico/Pil è in leggera diminuzione, al 131,6 per cento nel 2018 (dal 131,8 per cento nel 2017) e al 130,7 per cento nel 2019. Si tratta di un livello “ancora molto alto, frutto anche del risanamento solo parziale dei conti pubblici avvenuto negli ultimi tre anni di ripresa economica”, ha evidenziato il Csc.

Tra il 2014 e il 2017 l’Italia è stato uno dei pochissimi paesi europei che non ha ridotto il rapporto tra debito pubblico e Pil. E oggi “rischia di dover affrontare il rallentamento dell’economia globale e nazionale senza aver messo in piena sicurezza i conti pubblici”.

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