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Confindustria: nel terzo trimestre 2013 Pil si contrae, ma ci sono segnali di inversione di tendenza

Il Pil italiano si contrae nel terzo trimestre 2013, ma i segnali di ripresa dell’economia ci sono, sebbene modesti. Il Governo stima per il 2014 una crescita di 1,1%, a fronte di uno 0,7% di Istat, Commissione europea e della stessa Confindustria.

Confindustria: nel terzo trimestre 2013 Pil si contrae, ma ci sono segnali di inversione di tendenza

Nonostante la lieve contrazione del Pil nel terzo trimestre 2013, secondo i dati Istat, i segnali di ripresa dell’economia italiana ci sono. Si tratta, tuttavia, di una ripresa più che modesta, a partire dal prossimo anno, a causa della forza della moneta unica, i rischi di deflazione e il credit crunch. E’ quanto emerge dal quadro tracciato dal Centro studi di Confindustria nella congiuntura flash pubblicata oggi.

Il Pil del terzo trimestre ha fatto registrare un calo dello 0,1% su trimestre, portando a -1,9% l’acquisito per l’intero anno. “Il piccolo colpo di coda della recessione nel terzo trimestre lascia intatte le prospettive di ripartenza dell’economia italiana; l’inversione di marcia è in atto. Ma l’euro più forte dell’atteso, la minaccia di deflazione e la restrizione del credito, appena attenuata dal parziale pagamento degli arretrati della PA, mettono a rischio le già modeste previsioni di crescita del 2014”, si legge.

Nell’ultima parte dell’anno Pil dovrebbe far registrare un segno positivo tra 0,3 e 0,5%, secondo quanto detto la scorsa settimana dal capo economista del Tesoro, Lorenzo Codogno. Il governo stima per il 2014 una crescita di 1,1%, Istat, Commissione europea e la stessa Confindustria parlano invece di uno 0,7%.

Il Centro studi di Confindustria si esprime anche sulla legge di Stabilità che “dal passaggio parlamentare può perfino uscire indebolita, come ha correttamente sottolineato anche la Commissione europea”. E senza una forte legge “è vano attendersi rapidi progressi nel ritmo di marcia del Pil e, quindi, nella creazione di occupazione”.

L’Unione europea, sostiene Csc, attua politiche depressive che riducono “l’import di chi è in deficit più che aumentare quello di chi è in surplus, cioè ha un eccesso di risparmio”. La politica monetaria più aggressiva della Bce è considerata un aiuto ma insufficiente senza l’unione bancaria.

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