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Confagricoltura: allarme hard Brexit per made in Italy

Il Regno Unito è il quarto mercato di sbocco per l’agroalimentare italiano: vale 3,5 miliardi di euro l’anno – Ma è in ballo anche il finanziamento alla Pac e la tutela dei nostri prodotti Doc.

“Il recesso senza regole del Regno Unito dall’UE avrebbe conseguenze pesanti per il settore agroalimentare. Rischiamo un forte rallentamento delle vendite del made in Italy sul mercato britannico”. E’ quanto afferma il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, prima del decisivo voto del Parlamento del Regno Unito, in programma nella serata di martedì, sull’accordo di recesso concordato con l’Unione e già approvato, a dicembre, dai capi di Stato e di governo dell’UE. 

Nelle scorse settimane, ricorda Confagricoltura, la Commissione europea ha varato un piano di emergenza per far fronte all’eventualità di una “hard Brexit”, con una serie di misure che riguardano, tra l’altro, le dogane e i controlli fitosanitari. 

“La Commissione – aggiunge Giansanti – ha invitato gli Stati membri a prepararsi a gestire una situazione di ‘grande sconvolgimento’, secondo la definizione utilizzata dall’Esecutivo di Bruxelles. Occorre prevedere la mobilitazione di sostegni straordinari al settore agricolo, cosi come disposto in occasione del blocco delle esportazioni verso la Federazione Russa”.  

Confagricoltura evidenzia che il Regno Unito è il quarto mercato di sbocco per l’agroalimentare italiano. Sono in gioco interessi di assoluto rilievo in termini di fatturato e posti di lavoro. In caso di “hard Brexit, dal 30 marzo prossimo, il Regno Unito sarebbe sotto il profilo legale un Paese terzo e sugli scambi commerciali si applicherebbe il codice doganale dell’UE. In via di principio, le nostre esportazioni di prodotti agroalimentari sarebbero sottoposte alle tariffe doganali stabilite dall’Organizzazione mondiale del commercio. 

“Inoltre –  sottolinea il presidente Giansanti – non sarebbero più riconosciute e tutelate le indicazioni geografiche e di qualità dell’UE”. 

Le vendite del made in Italy agroalimentare sul mercato del Regno Unito sfiorano i 3,5 miliardi di euro l’anno. E i prodotti a denominazione d’origine e di qualità incidono per il 30 per cento sul valore totale. Per alcune produzioni, in particolare, dal Prosecco al Parmigiano Reggiano, al Grana Padano, gli acquisti dei consumatori britannici oscillano tra il 10 e il 40 per cento sul fatturato complessivo delle vendite all’estero. 

Oltre agli aspetti commerciali, segnala Confagricoltura, in caso di recesso senza un accordo, il Regno Unito sospenderebbe il proprio contributo finanziario al bilancio dell’Unione. Al netto della contestuale interruzione delle erogazioni europee al Regno Unito, si potrebbe determinare già quest’anno e nel 2020 una situazione finanziaria difficile, che potrebbe richiedere decisioni straordinarie da parte del Consiglio dell’Unione.  

“Diciamo fin d’ora che vanno assolutamente garantite le risorse finanziarie per la PAC”, rimarca Giansanti. Secondo le cifre fornite dalla Commissione europea, il recesso britannico determinerà un “buco” nel bilancio dell’Unione di circa 12 miliardi di euro l’anno. “Va fatto fino all’ultimo ogni sforzo per evitare l’uscita senza regole del Regno Unito – dice il presidente di Confagricoltura -. Dobbiamo, però, prepararci a tutti gli esiti possibili”. 

Per questo Confagricoltura ha già avviato una serie di contatti con i ministeri più direttamente interessati. Ed ha proposto ai ministri degli Affari Esteri e delle Politiche Agricole l’istituzione di una “task force” per supportare le imprese in una fase di adattamento che potrebbe risultare particolarmente difficile. 

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