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Codogno: “Debito italiano sostenibile se agganciamo la crescita”

INTERVISTA A LORENZO CODOGNO, economista, visiting professor alla London School of Economics e già dirigente generale del Tesoro – “Sostenere la crescita è decisivo per rendere sostenibile il debito pubblico e fondamentale sarà l’uso dei fondi europei, compreso il Mes”

Codogno: “Debito italiano sostenibile se agganciamo la crescita”

L’agenzia Standard & Poor’s nei giorni scorsi ha confermato il rating sovrano dell’Italia a BBB e migliorato l’outlook da negativo a stabile, come ieri ha fatto anche Mooody’s Aleggiano tuttavia sull’Europa i nuovi lockdown, più o meno parziali, forieri di ulteriori congelamenti della crescita economica. Il +16,1% fatto segnare dal pil italiano nel terzo trimestre rispetto a quello precedente potrebbe dunque essere schiacciato nuovamente da altri mesi di “profondo rosso”. Da Londra, Lorenzo Codogno, visiting professor alla London School of Economics e fondatore della società di consulenza LC Macro Advisors Ltd, analizza le dinamiche del debito sovrano italiano con papers che finiscono nei principali desk finanziari in giro per il mondo. E’ stato dirigente generale al Tesoro, responsabile della direzione Analisi e Programmazione Economico Finanziaria e ha partecipato come tecnico a molti cruciali vertici dell’Ecofin. «Il dato relativo al terzo trimestre è sopra le attese, ma stiamo parlando comunque di un rimbalzo. Le imprese hanno evaso ordinativi rimasti “sospesi” lungo la filiera e anche i consumi degli italiani hanno recuperato i mesi persi. Purtroppo è una situazione temporanea, con le nuove misure restrittive avremo un quarto trimestre negativo e probabilmente anche il primo del 2021». 

Qual è la sua previsione sui principali indicatori della finanza pubblica italiana per il 2020 e per il 2021?  

«Il 2020 dovrebbe chiudersi con un rapporto deficit/pil al 10,9% e un rapporto debito/pil al 155,8%. Il prossimo anno è stimabile un deficit al 7,3% e un rapporto debito/pil al 156,3%». 

Secondo gli analisti di S&P, il pil non tornerà ai livelli del 2019 fino al 2023. Su quali grandi fattori si giocherà la sostenibilità del debito italiano?  

«Si dovranno utilizzare in modo adeguato i fondi europei, tutti compreso il MES. Se la crescita sarà strutturale, il rapporto debito/pil potrebbe rimanere a livelli sostenibili. La politica accomodante della Bce e una crescita economica significativa metterebbero in sicurezza la nostra finanza pubblica. L’Italia dovrà però passare da una fase in cui si sostiene il reddito di famiglie e imprese in modo artificiale ad una fase di investimenti, pubblici e privati, in grado di stimolare la crescita». 

Quale sarà il numero assoluto o la percentuale che il Tesoro vorrà comunque “non superare” per quanto riguarda il nostro debito?  

«Non c’è un valore predefinito, è tutto condizionato ai numeri della crescita economica. Con una crescita forte, e in ipotesi di tassi bassi ancora per un lungo periodo grazie alla Bce, è pensabile anche ad una riduzione del rapporto debito/pil». 

L’armistizio sul giudizio del debito italiano, che evidentemente presenta segnali di deterioramento rispetto ai mesi scorsi, da cosa è dovuto? Solo alle politiche monetarie della Bce o c’è dell’altro?  

«Le società di rating hanno fatto valutazioni corrette. Il giudizio rimane comunque sospeso, ma sullo sfondo rimangono certamente la protezione della BCE e l’arrivo di misure europee di stimolo all’economia determinanti per il futuro dell’eurozona. Il giudizio è solo rimandato: l’Italia avrà comunque 2-3 anni in cui potrà rimettersi in carreggiata con il programma Next Generation EU, 750 miliardi di euro che l’Unione ha stanziato per il  2021-2027». 

Quali saranno i punti cardine per mantenere la rotta della crescita italiana convergente con il resto dell’Europa?  

«Il Paese dovrà dotarsi di un programma economico credibile e realizzabile. Il piano europeo per la crescita economica prevede due grandi linee di sviluppo, gli investimenti “green” e sostenibili e quelli per la nuova digitalizzazione. All’interno di questi programmi ci può stare “di tutto”. Se l’Italia perderà il treno della ripresa, non sarà solo un problema di conti pubblici italiani perché si metterà di nuovo in discussione la tenuta dell’eurozona e di conseguenza della moneta unica». 

La crisi pandemica sembra aver rimesso i principali leader dell’eurozona sulla strada, difficile e tortuosa, di una nuova e necessaria fase di avanzamento dell’integrazione europea.  

«I fondi per la crescita arriveranno dopo l’estate, anche se è probabile un anticipo del 10% già utilizzabile nella prossima primavera, dopo l’iter di approvazione dei vari Parlamenti nazionali. Se l’insieme di queste misure finanziarie stanziate dall’Unione Europea dovesse funzionare, allora potrebbero ritornare in agenda ulteriori forme di emissione di risorse a debito, non solo temporanee. Il prossimo Ecofin avrà comunque novità importanti per l’unione bancaria, poi si passerà nei prossimi mesi all’assicurazione sui depositi bancari, un vero e proprio punto di snodo per l’integrazione finanziaria. A maggio si aprirà inoltre la Conferenza sul futuro dell’Europa, che andrà avanti un paio d’anni e potrebbe pianificare un ulteriore processo di riallocazione delle competenze tra Stati membri e Unione». 

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