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Clima: Italia sempre più a rischio. Il Piano di adattamento fermo a Roma da cinque anni

Il Codacons chiede ai partiti di riprendere il Piano contro i cambiamenti climatici elaborato nel 2017. Un testo utile soprattutto per la prevenzione. L’autunno sarà ad alto rischio.

Clima: Italia sempre più a rischio. Il Piano di adattamento fermo a Roma da cinque anni

La previsioni meteo per i prossimi giorni restano cattive, mentre il Paese, con tutte le calamità naturali cui è esposto, entra nella fase calda della campagna elettorale. Nei programmi dei partiti, per quello che se ne sa, la tutela dell’ambiente e del territorio è una costante. Eppure abbiamo un Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc) che, se applicato, qualche sciagura l’avrebbe evitata. A rimettere in discussione le (non) scelte degli ultimi anni è il Codacons, che chiede ai partiti di riprendere quel documento “rimasto nascosto in un cassetto del Ministero senza mai vedere la luce”. L’Associazione per la difesa dei consumatori lancia, dunque, un appello per capire chi realmente dopo le elezioni di settembre si assumerà la responsabilità di approvare e rivedere quel Piano.

I cambiamenti climatici sono una priorità per il Paese

Il maltempo imperversa sull’Italia e conferma una volta di più l’urgenza di governare il clima e l’ambiente con strumenti efficaci e moderni. Ma è dal 2017 che l’arma principale per contenere incendi, dissesto e alluvioni è rimasta imbrigliata nella burocrazia statale. Un testo che contiene un’analisi del rischio e le proposte di intervento divise per 18 settori per programmare le migliori azioni. La visione di un Paese debole per il clima, da proteggere con uomini, mezzi ed investimenti pluriennali. “Vediamo quale, tra i partiti candidati alle prossime elezioni, si prenderà la responsabilità di approvare finalmente il ‘Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici’, magari dopo averlo aggiornato visto che è rimasto tra le scartoffie per anni”, dice il presidente Codacons, Carlo Rienzi.

Chi tra i partiti deciderà di farsene davvero carico

I dati sono impietosi. Quasi il 94% dei Comuni italiani è a rischio dissesto, un milione e 300 mila persone abitano in zone a rischio frana, mentre quasi 7 milioni vivono in zone soggette ad alluvioni. Il rischio idrogeologico molto elevato riguarda oltre 565mila edifici e oltre 12mila beni architettonici, monumentali e archeologici sono potenzialmente soggetti a fenomeni franosi. La ragione per cui il Pnacc – peraltro aperto a consultazione pubblica – non sia andato avanti resta il punto centrale della polemica. Va detto, tuttavia, che nella Conferenza Stato-Regioni del 28 aprile scorso sono stati approvati 800 milioni per interventi contro il dissesto idrogeologico e 600 milioni per investimenti su fognature e depurazione. Due provvedimenti previsti dal PNRR, chiaramente successivi al Piano del 2017.

L’associazione dei consumatori insiste: sono (anche) mancanze e omissioni di questo genere ( dopo 5 anni) ad aver provocato la situazione attuale. Di fronte ai disastri di queste settimane è giunto il momento di introdurre tutti gli interventi possibili e le strategie più efficaci per governare il cambiamento climatico. Le elezioni si avvicinano e, per coerenza con l’appello, l’Associazione dice: “Vigileremo sul rispetto di questo impegno, sempre che qualcuno in questa campagna elettorale, desolatamente povera di contenuti, se ne assuma l’onere”. E l’autunno sarà ad alto rischio, ha detto il fisico Antonello Pasini. Anzi, bisognerebbe fare come in Giappone, spiegare ai cittadini come salvarsi.

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