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Cina, Omicron spinge gli economisti a usare “indicatori non convenzionali” per fare previsioni

Dagli spostamenti dei corrieri al numero di biglietti venduti nei cinema: gli economisti si affidano a dati poco accademici per decifrare una realtà che cambia troppo rapidamente

Cina, Omicron spinge gli economisti a usare “indicatori non convenzionali” per fare previsioni

Per capire in che direzione si muove l’economia della Cina, da qualche tempo molti analisti si affidano a indicatori non convenzionali. Si tratta di dati in apparenza poco affidabili – come il numero di persone che usano la metropolitana o le vendite di biglietti nei cinema – ma in alcuni casi, se usati a dovere, possono dipingere un quadro più realistico di quanto non facciano i dati ufficiali.

Il motivo, spiega “The Economist“, è legato alla pandemia. Vista la velocità con cui si diffonde la variante Omicron, molti dati ufficiali risultano obsoleti già al momento della pubblicazione, perché fanno riferimento a una realtà ormai superata. Le statistiche più recenti diffuse da Pechino riguardano i mesi di gennaio e febbraio: sono cifre sorprendentemente buone, ma già datate. Per gran parte di quel periodo, infatti, i nuovi casi di Covid-19 nella Cina continentale erano in media meno di 200 al giorno, mentre il 4 aprile i contagi hanno superato quota 13mila.

Esempi di indicatori non convenzionali in Cina

L’indice Baidu

Per avere un quadro più aggiornato e verosimile dell’economia cinese, quindi, bisogna affidarsi a indicatori poco accademici. Il primo esempio riguarda Baidu, un motore di ricerca molto popolare in Cina che offre anche un’app per il tracciamento, attraverso la quale elabora un indice di mobilità giornaliero della popolazione. Dal 28 marzo al 3 aprile, questo indice è stato inferiore di oltre il 48% al livello raggiunto nello stesso periodo dell’anno scorso.

I viaggi in metropolitana

L’indice Baidu è più adatto a monitorare i movimenti tra le città, sostiene Ting Lu, della banca Nomura. Per misurare la mobilità all’interno di uno stesso centro urbano si usano quindi altri indicatori, come i viaggi in metropolitana. Nella settimana terminata il 2 aprile, il numero di corse in otto grandi città cinesi è stato di quasi il 34% inferiore rispetto allo stesso periodo del 2021. A Shanghai, dove molte linee della metropolitana sono chiuse, il numero di viaggi è diminuito di quasi il 93%, un calo peggiore di quello registrato all’inizio del 2020.

Corrieri e camion in Cina

Altri indicatori non convenzionali riguardano il sistema di distribuzione dell’economia, in particolare corrieri e camion. Dal 26 marzo al primo aprile, l’indice delle consegne espresse da parte dei corrieri è sceso di quasi il 27% su base annua. Nello stesso periodo, un indice del trasporto merci su strada compilato da Wind mostra un calo del 12,8%. La flessione sembra particolarmente pesante perché questo indicatore era in aumento di oltre il 7% alla fine dello scorso anno.

I dubbi sulle statistiche ufficiali di Pechino

Gli indicatori non convenzionali sono particolarmente preziosi in Cina anche perché non mancano i dubbi sull’affidabilità dei dati ufficiali. Le cifre relative a gennaio e a febbraio, ad esempio, non sono solo vecchie, ma anche strane. Suggeriscono che gli investimenti in beni come infrastrutture o impianti di produzione siano cresciuti del 12,2% in termini nominali su base annua. Ma questo andamento è difficile da conciliare con i cali a due cifre registrati dalla produzione di acciaio e di cemento. Anche la ripresa degli investimenti immobiliari stupisce a fronte del calo delle vendite di abitazioni e terreni.

La trappola delle rilevazioni settimanali

La tempestività degli indicatori non convenzionali li rende preziosi nei periodi di cambiamento, ma si tratta comunque di dati da interpretare con attenzione. “Ci sono molte trappole in questi numeri”, afferma Lu. Le rilevazioni su periodi molto brevi possono essere oggetto di distorsioni di ogni tipo, come il maltempo o i giorni di festa. Inoltre, molti di questi indicatori vengono calcolati da non più di un paio d’anni: interpretarli è quindi più arte che scienza.

Un indicatore non basta

Per evitare alcune delle insidie che si nascondono in questi dati, Lu e la sua squadra di analisti guardano “parecchi numeri, non uno solo”. In un recente rapporto hanno fatto riferimento a 20 indicatori, dalla produzione di asfalto alla vendita di biglietti per il cinema: “Se sette o otto indicatori su dieci peggiorano, allora possiamo essere ragionevolmente sicuri che la crescita del Pil stia rallentando”, spiega ancora Lu, sottolineando che, in questo momento, la direzione è chiara: “Qualcosa sta andando davvero storto”.

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