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Ciclismo e doping, Armstrong confessa da Oprah Winfrey… ma non del tutto

Un’intervista di tre ore, intensissima, durante la quale l’ormai destituito vincitore di 7 Tour sarebbe anche caduto in lacrime nel confessare l’utilizzo del doping, come già provato dall’Usada: la puntata andrà in onda in due parti fra giovedì e venerdì – Ma la conduttrice: “Mi aspettavo di più” – Ecco l’analisi.

Ciclismo e doping, Armstrong confessa da Oprah Winfrey… ma non del tutto

Non è venuta la fine del mondo prevista dai Maya, ma per il ciclismo è stata solo rinviata a domani 17 gennaio, quando Lance Armstrong, come ormai appare certo, svuoterà il sacco sul doping nel corso di un’intervista che gli farà Oprah Winfrey, una delle più celebri conduttrici della tv americana, e che sarà trasmessa domani alle ore 21 di New York, quando da noi sarà notte fonda. L’intervista, attesa e temuta di cui si parla da giorni, è stata già registrata ieri ad Austin dove vive il ciclista texano. Secondo quanto scrive la “Washingtoin Post” Armstrong avrebbe già telefonato ad alcune figure chiave del mondo del ciclismo per scusarsi di aver fatto uso di sostanze dopanti durante una trionfale carriera che l’ha portato a vincere sette Tour consecutivi dal 1999 al 2005, tutti successi che dopo l’inchiesta dell’Usada sono stati annullati dall’Unione ciclistica internazionale . Se può apparire il primo atto di redenzione di un uomo scagliato dal paradiso all’inferno, radiato dallo sport, messo alla gogna dall’opinione pubblica, diseredato da sponsor miliardari che gli chiedono la restituzione di cifre iperboliche, il pentimento tardivo del campione diventa un incubo per molti, gettando discredito al sistema dell’antidoping e di chi lo gestisce, burocrati e luminari conniventi che hanno sottoposto il corridore a oltre 500 controlli dichiarando sempre la sua pipì purissima come fosse acqua minerale. Non vorremmo essere nei panni degli organizzatori del Tour de France che per sette anni si sono coccolati e difeso il texano invincibile tanto da trasformare la Grande Boucle nel “Tour de Lance”: quello che partirà quest’estate dalla Costa azzurra sarà il Tour del Centenario, doveva essere una grande festa, ma ha tutto l’aria di essere quello dell’anno zero, una manifestazione, mediaticamente la più importante al mondo dopo Olimpiadi e Mondiali di calcio, dall’albo d’oro sconvolto e incerottato, obbligata a rifarsi una credibilità perduta.

Per fortuna del Giro, che Armstrong l’abbia sempre snobbato, correndolo solo una volta nel 2009 da comprimario, senza mai uno scatto, in mezzo se non staccato anche dal gruppo: altrimenti anche per quelli della corsa rosa sarebbe un imbarazzante redde rationem cui sono chiamati quelli del Tour e con loro, salendo nei quartieri alti delle istituzioni ciclistiche, i responsabili dell’Uci nel periodo a cavallo del cambio del millennio. Una combriccola potente che avrebbe aiutato Armstrong a evitare le positività – di cui si era più volte spifferato nel gruppo senza peraltro mai che venisse scalfito il re in maglia gialla – ai controlli antidoping. E’ stata la stessa Usada, l’agenzia antidoping americana, per bocca del suo presidente Travis Tygart, a riversare vagonate di fango sul laboratorio di Losanna che ubbidendo a pressioni dell’Uci avrebbe dato ad Armstrong le i giusti consigli per sfuggire ai test. Uno tsunami – tanto più dopo le rivelazioni attese di Lance – che si abbatterà sempre più sulla testa di Hein Verbruggen, il chiacchierato predecessore di McQuaid al vertice dell’Uci. Da tempo su di lui stanno già circolando voci sempre più inquietanti. A mestare nel torbido ci si è messa anche l’ex moglie di Greg Lemond, Kathy secondo cui anche la Nike sarebbe intervenuta con una bustarella da 500mila dollari per ricompensare Verbruggen per l’atteggiamento bonario verso Armstrong. La multinazionale ha smentito. Ma la bufera su Verbruggen è appena agli inizi. Quanto ad Armstrong c’è da chiedersi come abbia potuto un uomo già colpito da cancro, vincere una malattia così tremenda, doparsi per dieci anni di fila senza venire mai scoperto e soprattutto mantenere uno stato di salute da superman. Forse aveva ragione Fausto Coppi, il campionissimo di un ciclismo senza antidoping, quando diceva: “ Nel ciclismo da sempre c’è la bomba, ma la droga non trasformerà mai un asino in un puledro da corsa”.

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