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Chicco Testa: (AssoAmbiente): “Il via libera a nuove tecnologie e il realismo energetico segnano il successo di Cop28”

La Cop28 sembra non essere finita con il documento finale. Molti osservatori vedono crescere le fonti fossili ma “alla Cop 28 – sostiene il Presidente di Assoambiente – sono stati trovati i giusti compromessi”

Chicco Testa: (AssoAmbiente): “Il via libera a nuove tecnologie e il realismo energetico segnano il successo di Cop28”

Il risultato della Cop28 di Dubai continua ad essere analizzato, anche messo in dubbio, da documenti e dati che pongono in evidenza la crescita di petrolio, gas e carbone. ​Gli Usa, per esempio, starebbero per riprendere alla grande le estrazioni di ​shale gas​, indebolendo in questo modo gli impegni di una​ settimana fa in Qatar. A settembre hanno battuto il record di 13,2 milioni di barili​ di petrolio al giorno conquistando un primato planetario. ​Non sono solo gli States, evidentemente, a lasciare spazio alle diverse interpretazioni sul summit di Dubai. Anche Cina e India non scherzano circa l’uscita dalle fonti tradizionali. Si sono prese tre anni di tempo per entrare nel club dei salvatori del globo e chissà se li rispetteranno. Le perplessità tagliano il mondo in due come una mela, soprattutto rispetto ai tempi. Ieri l’Aea -Agenzia europea dell’Ambiente- ha detto che “ gli Stati membri devono rafforzare urgentemente le azioni per raggiungere le ambizioni ambientali e climatiche”. Ne parliamo con Chicco Testa, Presidente di AssoAmbiente.

Presidente Testa, come si fa a dire che Cop28 è stato​ un fatto storico ?

“Invece di concentrarsi come hanno fatto in molti sui limiti del successo di un vertice sulle azioni di contrasto al cambiamento climatico, proprio in un’area che deve il suo sviluppo all’attività nel settore oil&gas, mettiamo in risalto che nel documento finale della COP28 sono stati trovati i termini adeguati, i giusti compromessi per mettere d’accordo tutti, dai petrolieri agli ambientalisti. E soprattutto si riconosce il “diritto di cittadinanza” a tutte le tecnologie utilizzabili: non solo rinnovabili, ma anche nucleare, ​cattura del carbonio, idrogeno, combustibili low-carbon.”  ​

Ma i tempi di azzeramento delle emissioni non sono quelli che ci aspettavamo.​ ​Qualche dubbio è legittimo. Il phase out è scomparso​, è proprio un termine così scandaloso ?

“Nient’affatto. Già nella fase dei lavori preparatori alla conferenza di Dubai, il termine phase-out, l’uscita dai fossili, era molto dibattuto tanto da essere sostituito con l’opzione di riduzione (phase-down). Alla fine, ha prevalso un approccio di sano optirealismo, unica via possibile per una transizione energetica giusta, ordinata ed equa. Per questo il testo finale invita le parti ad un allontanamento dai combustibili fossili, liberando i propri sistemi energetici da carbone, petrolio e gas (transitioning away).”

Non le sembra un piccolo passo, presidente Testa?

“È stato archiviato l’impossibile obiettivo di uscire dai fossili oggi, o domani, ma costituisce comunque un passo significativo in direzione della fuoriuscita dall’era dei fossili. La novità più rilevante è che i paesi sono lasciati liberi di fare le proprie scelte. E ciò compatibilmente con la velocità di implementazione delle nuove tecnologie, del tasso di sviluppo dell’economia nei prossimi anni e del conseguente crescita dei consumi energetici. Non dimentichiamo che a 28 anni dalla prima conferenza ONU sul clima, carbone, gas e petrolio coprono oltre 80% dell’energia primaria consumata dall’umanità.”

Verissimo. Sono passati 28 anni durante i quali le decine di documenti prodotti sono rimasti nei cassetti. Le grandi opzioni per salvare il pianeta si sono fatte strada a fatica e a zig zag. È cambiato il mondo, sono cambiati i vertici dell’Onu e i leader di molti paesi. Interi popoli sono minacciati dai mutamenti climatici, i giovani protestano e fanno bene, ma spesso non hanno proposte praticabili. Gli allarmi aumentano e solo negli ultimi due anni la Russia e il Medioriente – grandi produttori di gas e petrolio – si sono imbarcati in conflitti tremendi. Viviamo una fase di grandi contraddizioni.

Presidente, a Dubai il documento finale è stato firmato anche da coloro che vivono solo di fonti fossili…

“Se è per questo lo hanno firmato anche nazioni in via di sviluppo che hanno chiarito che non intendono rinunciare allo sfruttamento delle proprie ricchezze minerarie per sostenere la propria crescita: dalla Guyana, all’Uganda”.

Un altro tema. Gli Usa nel 2023 hanno investito 166 miliardi di dollari in semiconduttori ed esportano miliardi di mc di gnl. Secondo Lei come si conciliano i due aspetti?

“Le esportazioni di questa sovrapproduzione di gas, ottenuta peraltro grazie alla combattuta tecnica del fracking, hanno permesso all’Europa di affrancarsi quasi completamente dalla dipendenza dai rifornimenti russi. 

Diciamo che gli Usa sono un buon esempio per la transizione energetica….

“Gli USA intendono rafforzare la propria sovranità energetica e tecnologica, come del resto fa anche la Cina, produttore numero uno di tecnologie energetiche green: dai pannelli alle pale eoliche e alle batterie, ma che continua a costruire a tutto spiano centrali a carbone. Si stima un +33% nel 2029 rispetto alla capacità installata nel 2022”.

Avremo, dunque, un sistema in scarso equilibrio perché le centrali funzioneranno incuranti di tutti i danni che provocheranno. Pensiamo ai paesi in via di sviluppo. Molti sono rimasti delusi dal vertice di Dubai e non lo hanno mandato a dire.

Presidente Testa, in concreto, cosa ha detto Cop 28 ai paesi in via di sviluppo che subiscono i cambiamenti climatici?

“700 milioni di dollari già impegnati sul fondo Loss and Damage per aiutare le nazioni in via di sviluppo a contenere i danni del cambiamento climatico. Finora l’annuncio, ora vediamo come si negozieranno le modalità e i termini di erogazione. Anche se questo rappresenta solo una frazione dei miliardi di dollari che i paesi vulnerabili sostengono essere necessari per rispondere ai disastri climatici. È comunque un passo significativo verso una finanza climatica che riconosce le responsabilità delle economie che hanno acquisito il proprio benessere rilasciando emissioni negli ultimi 150 anni”. 

In ultimo, Le chiedo se è credibile la parte del documento secondo cui entro il 2O25 i singoli Stati devono aggiornare i piani nazionali contro i cambiamenti climatici.

  “A Dubai c’è stato anche il riconoscimento che l’attuazione delle Nationally Determined Contribution (NDC) non sarà sufficiente per rispettare i limiti di crescita delle temperature medie globali (ben sotto i 2 gradi) indicati dagli Accordi di Parigi. Finalmente un po’ di sana introspezione, e forse di ripensamenti su alcune policy troppo ideologiche. Invece di continuare con pervicacia, ad ogni obiettivo mancato, ad alzare l’asticella con target sempre meno accessibili”.

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