Condividi

Catalogna, guerriglia bancaria: gli indipendentisti boicottano le banche che se ne vanno

L’Assemblea Nazionale invita i cittadini a correre agli sportelli e prelevare quanto più denaro possibile – Nel mirino soprattutto Caixabank e Sabadell – Dal 1°ottobre una vera e propria diaspora di aziende: 800 imprese hanno lasciato la Catalogna in soli 20 giorni.

Se nella guerra intestina tra Spagna e Catalogna, le beghe politiche stanno facendo la parte del leone, forti di una buona dose di ideologia e populismo, le conseguenze economiche di quanto sta accadendo continuano a preoccupare chi osserva la crisi catalana con un occhio più razionale e critico. 

Mentre si attende la decisione del Consiglio dei ministri che domani, 21 ottobre, deciderà il raggio d’azione dell’articolo 155, proponendo al Senato il commissariamento di Barcellona (che dovrebbe portare a nuove elezioni il prossimo gennaio), l’Assemblea Nazionale catalana passa al contrattacco invitando i sostenitori dell’indipendentismo ad effettuare una vera e propria corsa agli sportelli bancari.

A riportare la notizia è l’agenzia internazionale Bloomberg, secondo cui l’assemblea dei secessionisti avrebbe chiesto ai cittadini di prelevare dai bancomat il maggior importo di denaro possibile dalle prime cinque banche del Paese. L’invito riguarda in particolare CaixaBank e Sabadell, i due istituti simbolo che hanno deciso di spostare la loro sede legale fuori dalla comunità autonoma:  “Se sei un cliente di Banco Sabadell o di La Caixa – si afferma nel video -, esprimi il tuo disaccordo con lo spostamento dei loro domicilio al di fuori della Catalogna”. Lo “spostamento” dovrebbe avvenire entro oggi. 



Ma il problema della Catalogna non sono solo le banche. Dal 1°ottobre, vale a dire dal giorno in cui si è tenuto l’ormai celeberrimo referendum sull’indipendenza considerato illegale da Madrid, si è verificata una vera e propria diaspora. I dati li ha forniti il ministro dell’Economia spagnolo, Luis de Guindos, che ha riferito che 800 imprese catalane hanno spostato le sedi legali in altre regioni spagnole negli ultimi venti giorni. Secondo de Guindos “questo è solo l’aperitivo di quello che potrebbe succedere se ci fosse l’indipendenza, che il governo non permetterà”.

Proseguendo sulla strada della secessione, la Catalogna rischia dunque di pagare un prezzo altissimo: quella che fino a un mese fa era una regione che da sola, valeva il 20% del Pil spagnolo e il 23% della produzione industriale, potrebbe presto ritrovarsi economicamente e finanziariamente in ginocchio.

Commenta