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Brasile, Lula può ricandidarsi: azzerate le condanne

Il Tribunale supremo ha annullato per vizio di forma tutte le sentenze a carico dell’ex presidente, che ora può tornare sulla scena politica e sfidare Bolsonaro alle presidenziali del 2022.

Brasile, Lula può ricandidarsi: azzerate le condanne

La magistratura controribalta lo scenario politico in Brasile. Dopo aver spianato la strada all’elezione di Jair Bolsonaro tre anni fa, sentenziando l’ineleggibilità dell’ex presidente Lula, all’epoca condannato a 12 anni e 1 mese di reclusione per corruzione nella maxi inchiesta Lava Jato, la Mani Pulite brasiliana, ieri il Tribunale supremo ha cancellato tutte le sentenze a carico del leader del Partito dei lavoratori (che nel frattempo, nel 2019, era stato condannato ad altri 12 anni per riciclaggio e corruzione passiva, in un altro filone del processo su Petrobras). Lula dunque torna sulla scena politica: può ricandidarsi ed è già pronto a farlo, per sfidare proprio Bolsonaro alle presidenziali del 2022.

“Se la gente vuole me sono pronto a scendere in campo: la politica è tutta la mia vita”, ha commentato a caldo Lula, la cui popolarità in Brasile, nonostante i guai giudiziari e l’età che avanza (ha 75 anni, è stato quasi due anni in carcere e ha concluso l’ultimo mandato ormai un decennio fa), è ancora molto alta. A maggior ragione oggi che la sua immagine torna ad essere “immacolata” o quasi: la decisione del Tribunale supremo infatti cancella in un solo colpo tutte le vicende giudiziarie, che hanno segnato profondamente l’opinione pubblica del Paese sudamericano, con forti tensioni mediatiche e di piazza. Il vizio era formale: il Tribunale che lo aveva giudicato era incompetente a farlo.

Tutto azzerato dunque e ora i giochi si riaprono. Negli anni di prigionia di Lula, la sinistra brasiliana aveva faticato a trovare un nuovo leader capace di arginare l’ondata populista rappresentata da Bolsonaro, che infatti aveva trionfato alle presidenziali del 2018 e tuttora gode di discreta popolarità, nonostante la gestione tragicomica dell’emergenza sanitaria, che in Brasile ha provocato oltre 260.000 vittime e un disastro economico-sociale (più che in Europa, visto che in Sudamerica non ci sono aiuti comunitari e quindi non esiste l’equivalente di un Recovery Plan). La delfina di Lula, Dilma Rousseff, era stata anche lei coinvolta in vicende giudiziarie, mentre l’ex sindaco di San Paolo, Fernando Haddad, aveva appunto sonoramente perso la sfida presidenziale nel 2018.

Ora col ritorno in campo di Lula cambia tutto: l’ex leader sindacalista, presidente dal 2003 al 2011 e artefice – malgrado gli scandali – del grande miracolo economico brasiliano, è ancora il beniamino delle aree più povere del Paese e soprattutto delle minoranze etniche, che ha contribuito ad alfabetizzare e a far uscire in parte dalla povertà estrema. La sfida non sarà comunque facile: il Paese è spaccato a metà e non è detto che Bolsonaro non possa ambire al bis. E’ ancora sostenuto da buona parte della popolazione bianca, dagli ambiente ecclesiastici e militari e dagli imprenditori, soprattutto quelli agricoli, che lui continua a premiare facilitando a ritmi preoccupanti il disboscamento dell’Amazzonia e l’avanzata dei grandi latifondi.

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