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Covid, la variante brasiliana fa paura: Brasile in ginocchio

Il Paese sudamericano è di nuovo in piena emergenza, con record di contagi e decessi giornalieri dovuti alla terza ondata (in Brasile per la verità è la seconda), che molti definiscono peggio della prima. Ma Bolsonaro continua a minimizzare e l’economia precipita.

Covid, la variante brasiliana fa paura: Brasile in ginocchio

Dal Brasile arriva ed è proprio in Brasile che – per ora – fa più paura che altrove. In attesa della sua massima diffusione in Italia e in Europa (il picco della terza ondata, quella delle “varianti”, è atteso a metà marzo) la variante verdeoro – che loro chiamano “amazzonica” – del Covid-19 sta mettendo in ginocchio il Paese più popolato del Sudamerica, che già ha pagato a caro prezzo le prime ondate della pandemia. Il Brasile è infatti uno dei Paesi più flagellati al mondo, con oltre 10 milioni di casi accertati e quasi 260.000 vittime. In proporzione meno che in Italia, ma comunque un dato pesantissimo e che in questi giorni va aggravandosi di ora in ora. “Questa ondata è peggio della prima, questo è il momento peggiore”, giurano la stampa e l’opinione pubblica locale.

I dati parlano di terapie intensive al collasso in quasi tutto il Paese, non più solo in Amazzonia dove già qualche settimana fa era venuto a mancare l’ossigeno negli ospedali, acquistato poi di fretta e furia dal vicino Venezuela. Il governo centrale, e questo non sorprende vista la propensione del presidente Jair Bolsonaro a minimizzare l’emergenza, fa ancora spallucce ma in ordine sparso diversi governi regionali stanno predisponendo delle zone rosse, con coprifuoco serali (prima dalle 23 all’alba, ora in molte aree è stato anticipato dalle 20), apertura solo dei servizi essenziali, didattica a distanza quasi ovunque. La richiesta, disperata, è quella di un lockdown nazionale per frenare un’ondata che sembra più violenta delle precedenti e che non fa presagire nulla di buono per l’Italia, dove la variante brasiliana è arrivata, seppur meno diffusa per ora di quella inglese.

Ormai da una settimana il Brasile batte di giorno in giorno il record giornaliero di decessi: il precedente primato era rimasto quello del 25 luglio con 1.102 morti in 24 ore, ma negli ultimi giorni è stato costantemente superato, con un’escalation che ha portato il nuovo picco a 1.205 decessi, il 28 febbraio. Anche i contagi giornalieri hanno ripreso ritmi vertiginosi: il 6 novembre erano scesi al minimo di 16.360, due giorni fa sono stati quasi 55.000, più di tre volte tanto. Quanto ai posti in terapia intensiva, in 12 Stati siamo ad un’occupazione superiore all’80%, e in sette capitali (Porto Velho, Florianópolis, Manaus, Fortaleza, Goiânia, Teresina, Curitiba e in alcune zone di San Paolo) il dato supera il 90%. Non conforta nemmeno la campagna vaccinale, che procede a rilento. Il Brasile utilizza (e produce) il siero cinese, ma finora solo il 3,11% della popolazione ha ricevuto almeno una dose del vaccino contro il Covid, e appena lo 0,91% ha effettuato il richiamo.

Infine, come detto, continua senza pudore l’atteggiamento sciagurato del presidente Bolsonaro, che si è recentemente espresso contro l’uso delle mascherine e che è persino arrivato a sfidare i governatori locali che decretano i lockdown, invitandoli a pagare di tasca loro (cioè senza il sostegno del governo centrale) i ristori alla popolazione per compensare la chiusura delle attività. L’ultima sparata è contro Pfizer Biontech, che ha offerto l’acquisto di 100 milioni di dosi, ma Bolsonaro non accetta la clausola della casa farmaceutica che vuole esentarsi da eventuali effetti collaterali del siero. In tutto questo, l’economia precipita: il real brasiliano è sempre più svalutato nei confronti del dollaro Usa, e l’indice di Borsa Bovespa è in caduta libera.

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