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Borse: l’Europa rimbalza e Piazza Affari primeggia (+1,6%) ma la Fed preoccupa Wall Street

Spinta dai titoli petroliferi, Piazza Affari è tra le migliori Borse europee, tutte in rialzo al contrario di Wall Street che aspetta con ansia il rialzo dei tassi Fed

Borse: l’Europa rimbalza e Piazza Affari primeggia (+1,6%) ma la Fed preoccupa Wall Street

I listini europei chiudono positivi e Wall Street di muove in progresso in attesa della Fed. Sulle piazze finanziarie prevale dunque l’ottimismo oggi, nonostante le previsioni di rallentamento economico in Cina, la guerra in Ucraina e il percorso accelerato della banca centrale Usa sulla normalizzazione della politica monetaria. 

Listini europei in spolvero con le banche

Dopo aver dimenticato il flash crash che ieri mattina ha colpito i mercati europei, Piazza Affari coglie l’occasione di un rimbalzo grazie ad alcune trimestrali migliori delle attese, ai titoli bancari e all’automotive. Il principale listino milanese chiude in rialzo dell’1,61% e recupera la soglia psicologica dei 24mila punti, fermandosi a 24.242. Bene Amsterdam +1,66% e Madrid +1,86%; sono più arretrate Francoforte +0,71%, Parigi +0,79%.

In lieve progresso Londra, +0,24%, che ieri era chiusa. Pesano sul listino inglese i cali dei minerari, mentre il rame arretra ai minimi da tre mesi. Svetta però alla city Bp (+5,3%), dopo la più grande perdita trimestrale della sua storia a seguito della svalutazione per 24 miliardi per uscire dalle attività in Russia. A dare sprint al titolo è stata la performance operativa, sostenuta dai prezzi stellari di gas e petrolio.

Sono andati bene i bancari a livello continentale, tonificati dalla prospettiva di tassi in rialzo e dai risultati della francese Bnp Paribas +5,15%, che ha comunicato una crescita del 19% negli utili netti, ben oltre le attese, grazie al boom delle attività di trading, confermando anche i target di redditività a medio termine.

Piazza Affari in spolvero con i petroliferi; si appanna il lusso

Svettano sul Ftse Mib i titoli petroliferi: Tenaris +4,56%; Saipem +5,12%; Eni +2,49%. Il pacchetto di misure contro il caro energia varato ieri dal governo e che prevede la tassazione al 25% degli extra profitti da gas e petrolio, non pesa sugli acquisti del cane a sei zampe. “L’impatto potrebbe ammontare per Eni a poche centinaia di milioni nel peggiore dei casi”, scrive Akros che ricorda che la compagnia ha garantito che la tassa non condizionerà la politica di remunerazione.

Brillano sul listino titoli industriali come Leonardo +3,51%; Stellantis +3,18%; Iveco +3,05%. In particolare, la casa automobilistica sale dopo l’acquisto della società di car sharing, Share Now, joint venture tra BMW Group e MercedesBenz Mobility.

I risultati trimestrali danno sprint a Cnh, +3,39% e Campari +2,24%.

Sono in verde le banche, guidate da Mediobanca +3,26% che resta in denaro, dopo i progressi della vigilia.

Bene anche Banco Bpm +2,63%, arretra invece Unicredit -0,13%

Le prese di profitto mandano in tilt Recordati, -2,43% e si appanna il lusso, che resta in ascolto del mercato cinese. In particolare Fitch ha tagliato le previsioni per la crescita 2022 del pil del celeste impero al 4,3%, dal 4,8%. L’agenzia ha rivisto però le stime del 2023 al 5,2%, dal 5,1%, sul presupposto che “il governo eliminerà gradualmente la sua politica ‘dinamica zero-Covid’ nel corso del prossimo anno”.

In questo contesto Moncler scende del 2,10% e, fuori dal paniere principale, risuona il tonfo di Ferragamo -4,06%. Societe Generale ha tagliato il titolo della maison fiorentina da “hold” a “sell” in attesa della strategia del nuovo ad, mentre Banca Akros ha abbassato il target price e confermato il giudizio “neutral”.

Pacata Fincantieri, +0,61%, nonostante Reuters riferisca che una fonte ha confermato trattative con la Norwegian Cruise Line per la costruzione di alcune navi da crociera dal valore complessivo di circa 4 miliardi di dollari. “La notizia è potenzialmente positiva, ma la chiusura dell’accordo non è dietro l’angolo”, commenta Akros.

Sale Wall Street e scendono i rendimenti dei titoli di Stato

Wall Street, dopo il recupero finale di ieri, ha sbandato nelle prime battute, per poi cominciare a muoversi compatta in progresso grazie ai titoli energetici.

L’azionario ritrova il suo appeal e si allentano le tensionisull’obbligazionario, poiché l’atteso e possibile rialzo dei tassi di 50 punti base, il più ampio degli ultimi 22 anni, è probabilmente già stato prezzato dai mercati. Il tasso del Treasury decennale resta vicino al 3% toccato ieri, ma attualmente è in calo a +2,928%.

In Europa il rendimento del decennale tedesco è salito fino al’1%, ai massimi dal 2015, per ridimensionarsi poi a +0,95%. Il tasso del Btp 10 anni chiude a +2,84%, per uno spread stabile a 189 punti base.

Nell’attesa delle decisioni di Jerome Powell l’euro-dollaro appare poco lontano dai minimi da cinque anni, in area 1,052.

Tra le materie prime il petrolio è in ribasso (Brent -1,62%, 205,83 dollari al barile), mentre la Commissione Europea renderà note domani le sanzioni del sesto pacchetto contro la Russia. Tra i prodotti colpiti ci sarà il greggio: il periodo di ‘grazia’ durerà fino al 31 dicembre 2022, ma – scrive Radiocor – da gennaio stop completo con l’eccezione delle importazioni di Ungheria e Slovacchia, che sono estremamente dipendenti dal petrolio russo.

Banche centrali protagoniste della settimana

La settimana è dominata dalle riunioni delle banche centrali. In attesa del verdetto della Fed, che arriverà domani e che non dovrebbe sorprendere i mercati con toni più da falco, visto che l’attesa è già di un rialzo dei tassi di 250 punti entro fine anno, fa notizia la mossa restrittiva della banca australiana. Oggi la banca centrale del paese ha alzato il suo tasso chiave di 25 punti, spingendo il dollaro australiano a un cambio di 1,3 contro dollaro. Si tratta del primo aumento in più di un decennio.

Domani si pronuncerà anche la Banca d’Inghilterra e le attese sono per un ritocco dei tassi per la quarta volta consecutiva. Anche questa previsione spinge la sterlina a riprendersi dai minimi da quasi due anni toccati ieri contro il dollaro. 

La Russia evita il default tecnico 

Tra le notizie del giorno si segnala che Bloomberg riferisce che la Russia avrebbe evitato ancora una volta il default tecnico del suo debito in valuta estera. Secondo l’agenzia tre investitori si sarebbero visti accreditare sui rispettivi conti le cedole in dollari di due eurobond, con scadenza 2022 e 2042, alla vigilia del termine del periodo di grazia di 30 giorni scattato ad inizio aprile, quando le cedole sono venute a maturazione.

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