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Borsa 17 novembre chiusura: in Europa i mercati corrono perché scommettono sulla riduzione dei tassi

Borse a due velocità: in netto rialzo in Europa ma in leggero ribasso in America – A Piazza Affari acquisti su Saipem, Diasorin, Leonardo e Pirelli

Borsa 17 novembre chiusura: in Europa i mercati corrono perché scommettono sulla riduzione dei tassi

Tornano gli acquisti sul petrolio e l’inflazione offre oggi nuovi spunti positivi ai mercati finanziari, questa volta dalla zona euro dove, in ottobre, il tasso annuo è sceso a +2,9% da +4,3% di settembre (un anno l’inflazione era a due cifre, +10,6%). L’insieme di queste notizie supporta i listini europei, che chiudono in rialzo, nonostante l’andamento lievemente negativo di Wall Street.

Il Ftse Mib di Milano guadagna lo 0,82% e conclude un’ottava che ha portato un incremento del 3% circa. Sono oggi allineati a quello meneghino gli altri indici europei delle blue chip: Francoforte +0,85%, Parigi +0,91%, Madrid +1%, Amsterdam +0,62%. Svetta Londra +1,25%.

Piazza Affari tonica in attesa di Moody’s

In attesa del temutissimo giudizio di Moody’s sul rating italiano, Piazza Affari si avvicina oggi a 29.500 punti base (29.498), spinta dai titoli energetici e dal recupero dei titoli della salute, che hanno beneficiato dell’esuberanza del settore a livello europeo. Le banche portano a casa un’altra seduta in progresso, ma Montepaschi, dopo una mattina effervescente, finisce la giornata piatta -0,07%. Negli assicurativi arretra Generali, -0,64%, con una trimestrale poco entusiasmante rispetto alle attese di mercato.

Il rimbalzo tra i petroliferi è particolarmente significativo per Saipem, che sale del 3,07%. Tra i titoli dell’energia brilla Enel +1,63%, aiutata da Morgan Stanley che ha migliorato il giudizio sul titolo a ‘equalweight’ da ‘underweight’, con un target price rivisto a 7 da 5,3 euro. Rialzano la testa, nell’ambito della sanità, Diasorin +2,78%, Recordati +1,44%, Amplifon +1,93%. Leonardo guadagna l’1,91%, con il mercato che apprezza l’operazione di cessione di un pacchetto del 6,9% della controllata Usa Drs (+1,73% a Nasdaq). L’offerta è stata alzata da 16,5 milioni a 18 milioni di azioni ordinarie, pari al 6,9% del capitale, e il prezzo è stato fissato a 17,75 dollari per azione. Nell’automotive è in evidenza Pirelli +1,75%, mentre Stellantis è timidamente negativa -0,15%, dopa la ratifica del nuovo contratto ottenuto dopo sei settimane di sciopero negli Stati Uniti dagli iscritti del sindacato United Auto Workers (Uaw) della Chrysler, di proprietà del gruppo Stellantis, ottenuto dopo sei settimane di sciopero.

Interpump, -2,11%, guida la corta lista delle big cap in calo, con il primo azionista, Jpg Holding, che ha collocato una piccola quota sul mercato.

Spread e rendimenti in calo

L’attesa di Moody’s non crea eccessivi disagi sul secondario: lo spread tra decennale italiano e tedesco scende leggermente a 172 punti base (-1,09%), con rendimenti relativamente stabili. In chiusura il Btp è indicato a +4,3% (dal 4,32% di ieri) e il Bund al 2,59% (da 2,59%).

La pagella di Moody’s, che verrà resa nota stasera a mercati chiusi, è quella che preoccupa di più, poiché l’attuale rating dell’agenzia è Baa3 con outlook negativo, un gradino sotto e i titoli di Stato italiani si ritroverebbero a livello junk, spazzatura. L’inflazione però scende e a dispetto dei superstiziosi e di questo venerdì 17, c’è anche chi spera in un regalino natalizio da parte del valutatore più severo, l’ultimo della tornata autunnale che non ha riservato fin qui sorprese sgradite al Belpaese.

Nagel parla di “non tagliare i tassi troppo presto”

L’ultima infornata di dati macroeconomici sulle due sponde dell’Atlantico ha offerto numerosi spunti di ottimismo agli investitori, che sperano nella fine dei rialzi dei tassi da parte delle banche centrali. Tant’è che il dibattito sembra spostarsi ora su attesi tagli, più che su temuti rialzi. Oggi il falco Joachim Nagel, banchiere centrale della Germania, ha detto infatti, che “non sarebbe saggio iniziare a tagliare i tassi di interesse troppo presto”, poiché i prezzi dell’energia potrebbero tornare a salire, influendo negativamente sull’inflazione, quindi bisogna essere “pazienti e mantenere la rotta per raccogliere i frutti della stretta in termini di disinflazione”.

Rimbalza il petrolio; dollaro in calo

Oggi effettivamente il petrolio rimbalza, ma dopo un tonfo del 5% della vigilia. L’oro nero si avvia a chiudere la quarta settimana di seguito in ribasso, un arco di tempo nel quale i future di Brent e Wti hanno perso circa un sesto del loro valore.

Lungi, quindi, dall’essere un segnale preoccupante per l’inflazione, il rimbalzo odierno offre più che altro spunti di ripresa ai titoli petroliferi, penalizzati ieri.

Al momento il contratto Brent gennaio 2024 si apprezza del 3% circa a 79,75 dollari al barile; il greggio texano, dicembre 2023, fa lo stesso e tratta poco oltre i 75 dollari.

Sul mercato valutario l’appetito verso asset più rischiosi pesa sul dollaro, che perde terreno (circa lo 0,3%) contro un panel di valute. L’euro porta il cambio con il biglietto verde in area 1,088.  

Sale lo yen, nonostante la conferma di una politica ultra accomodante da parte della Boj.

Si placano gli acquisti sui titoli di Stato Usa, dopo il rally dei giorni scorsi.

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