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Beni rifugio per i tempi di guerra: volano oro, dollaro, Treasury. Ma occhio alle aziende delle armi e a quelle dell’energia

Gli operatori sono preoccupati soprattutto per un eventuale allargamento del conflitto e dalle conseguenze di un coinvolgimento dell’Iran

Beni rifugio per i tempi di guerra: volano oro, dollaro, Treasury. Ma occhio alle aziende delle armi e a quelle dell’energia

Ci risiamo. Un’altra parte del mondo si infiamma in un conflitto. Tra gli investitori corre un brivido: che la nuova guerra in Israele possa protrarsi nel tempo o che possa ampliarsi.
E allora non c’è che porre almeno una parte degli investimenti nei beni rifugio, quei bunker finanziari che danno maggiore sicurezza, almeno in attesa che la bufera termini. Ed ecco riaccendersi il mercato dell’oro, dei Treasury Usa, del dollaro, ma anche le quotazioni di quelle società che in qualche modo potrebbero essere coinvolte nel business della guerra, dalle armi a tutta la filiera dell’oil/gas.

L’oro accantona i timori per i tassi e rialza la testa

Verso il termine della prima seduta lavorativa dopo lo scoppio della guerra, è l’oro a brillare, e non è un eufemismo, sui mercati, mostrando una quotazione di 1.846 dollari l’oncia, con un rialzo di circa l’1%, dopo un picco oltre quota 1.860 dollari, risalendo una china che lo aveva visto in netto calo nelle ultime sedute e accumulando una perdita del 4,70% in un mese e dell’8% in sei mesi. Sulla debolezza prevaleva l’aria di aumento dei tassi che soffiava ancora nei corridoi della Fed. Ora è il vento di guerra ad avere il sopravvento. E sulla scia dell’oro si muove anche il rame, anch’esso in rialzo in seuta di circa l’1%, secondo dati Reuters.

Timori di alta volatilità

“Crediamo che la volatilità rimarrà molto elevata nei prossimi giorni e che l’impatto sui mercati sarà sempre più profondo se dovessero essere coinvolti altri Stati, portando ad un’avversione al rischio e ad un sentiment di risk-off che potrebbero protrarsi a lungo”, scrive in una nota Filippo Diodovich, senior market strategist di Ig Italia. “La reazione immediata alle recenti tensioni geopolitiche si va ad aggiungere all’aumento della volatilità già registrata la settimana scorsa – aggiunge Antonio Cavarero, Head of Investments di Generali Insurance Asset Management – Le parti più rischiose dei mercati risultano ovviamente penalizzate”.

Treusury Usa: torna la domanda e i rendimenti calano

A beneficiare dello stato delle cose sono anche i Treasury, da settimane sotto pressione con i rendimenti che erano volati vicini al 5% per una durata decennale. Ora invece la domanda anche sui titoli Usa e il rendimento stasera mostra un calo verso il 4,70%: una buona notizia per il Tesoro a stelle e strisce, impegnato tra settembre e dicembre a dover emettere titoli per circa 1000 miliardi.
Nel mondo delle valute sono il dollaro, ma anche lo yen, le due valute considerate un’ottima copertura contro le turbolenze internazionali. Ma nella stessa direzione va anche il franco svizzero.

L’attenzione al petrolio e al coivolgimento dell’Iran

Ma l’attenzione va anche per il petrolio, non come bene rifugio questa volta, ma come bene che potrebbe di nuovo creare problemi di reperibilità sui mercati e di prezzo.
Gianclaudio Torlizzi, fondatore della società di consulenza sulle materie prime T-Commodity, oltre che saggista e collaboratore dell’Ispi, teme soprattutto il coinvolgimento dell’Iran in questa nuova guerra. “Se si dovessero varare sanzioni all’Iran, allora Teheran potrebbe chiudere i rubinetti dello stretto di Hormuz, principale crocevia energetico della regione”. Gli fa eco Mediobanca securities sottolineando che rimarcano che non è tanto l’impatto diretto da Israele e Palestina a preoccupare, quanto il possibile travaso delle tensioni con l’Iran, citando proprio i rischi per flusso di petrolio dallo Stretto di Hormuz.
Per Diodovich, in ogni caso, “non riteniamo che si possa ripetere l’embargo petrolifero del 1973 in seguito alla guerra dello Yom Kippur”, sia per la minore presa dell’Opec sulla produzion eglobale che per “i colloqui in corso tra Arabia Saudita e Israele per normalizzare le relazioni tra i due Paesi” che “gettano le basi per una situazione diversa rispetto a quella vista nel 1973”.

A beneficiarne sono le società legate all’energia e alle armi

A beneficiare del caro-greggio passa potrebbero essere invece le “società integrate oil&gas” che “dovrebbero essere i maggiori beneficiari di tali eventi per il momentum diretto sugli utili e per le caratteristiche difensive” dicono gli analisti di Equita. Non è un caso che già in mattinata, a Piazza Affari, titoli come Eni, ma anche Tenaris e Saipem siano quelli più in luce.
Stessa cosa per le azioni della Difesa, che potrebbero beneficiare da nuove richieste di armamenti. Saab, gruppo svedese che va dai sistemi tecnologici agli aerei, è salita oggi di oltre il 9%, al vertice nell’indice Stoxx Europe 600. Ma forti ordini d’acquisto anche per Leonardo (+4,79%), Rheinmetall, Thales e Dassault Aviation. Per Mediobanca securities, proprio Leonardo è la scelta preferita per il settore della Difesa, mentre Saipem (+1,80%) è osservata speciale per l’oil. Di contro, sostengono gli analisti di Bloomberg, sono le azioni dell’aviolinee quelle che possono maggiormente soffrire dal caro-carburanti, che è la singola voce di maggior spesa per i loro bilanci.

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