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Bcc, lo schema Rossi della libertà d’uscita rafforza la riforma

Molte polemiche sulla riforma delle Bcc sono del tutto fuorvianti e sembrano rispondere unicamente a finalità politiche che ignorano la sostanza della materia o ai sogni egemonici di Federcasse – In realtà la libertà d’uscita, per le Bcc che non condividono la concentrazione in una holding unica, attraverso lo scorporo dell’attività bancaria in una spa studiato dall’economista Nicola Rossi e recepito nel decreto può rafforzare la riforma valorizzando la varietà e il pluralismo del credito cooperativo

Bcc, lo schema Rossi della libertà d’uscita rafforza la riforma

Di fronte alla pioggia di polemiche, spesso incomprensibili, pretestuose e fuorvianti, che si è abbattuta sulla riforma del credito cooperativo è bene essere chiari.

Dico subito che condivido gli obiettivi della riforma delle Bcc, che ha il lodevole scopo di favorirne il rafforzamento, ma che non concordo sullo schema di concentrazione delle Bcc in una holding unica che rischia di soffocarne la natura mutualistica e il legame con il territorio, e tuttavia riconosco due meriti al governo Renzi:

1) il primo è quello di aver preso il toro per le corna e di aver affrontato una riforma difficile per completare la riorganizzazione dell’intero sistema bancario;

2) il secondo è quello di aver previsto la libertà d‘uscita dall’impianto generale della riforma per le Bcc che non condividono il disegno originario suggerito dalla Federcasse.

Poiché però il diavolo si nasconde spesso nei dettagli, un giudizio più preciso sarà possibile solo dopo aver analizzato punto per punto il testo definitivo del decreto appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dopo la firma di ieri del Capo dello Stato.

Siccome il decreto fa uscire la riforma delle Bcc dai laboratori accademici per trasformarla in legge e dunque in incandescente materia politica, è comprensibile che ogni parte politica si posizioni come meglio crede, ma le polemiche di questi giorni, con retroscena a dir poco surreali, sembrano rispondere più all’esigenza tattica di sostenere o contrastare pregiudizialmente l’azione di Renzi e del Governo anziché valutare nel merito il testo della riforma.

Molte prese di posizione – da quelle dei grillini a quelle di Forza Italia e per certi versi a quelle di Alfano – sono talmente esilaranti da far seriamente pensare che i loro autori abbiano un’idea a dir poco approssimativa del credito cooperativo e non abbiano alcun vero interesse a ricercare soluzioni che rafforzino il sistema delle Bcc rispettando la varietà del movimento e la libertà di ogni suo componente.

Non si comprenderebbe altrimenti l’accanimento contro la “way out” ideata dal decreto per le Bcc che non si riconoscono nello schema generale della riforma e nella concentrazione in una holding unica come quella suggerita da Federcasse, che – non scordiamolo – è una lobby potente che raccoglie la maggioranza ma non tutte le Bcc.

La ratio e la sostanza della libertà d’uscita dall’impianto centralistico della capogruppo unica delle Bcc previsto dalla riforma sono state ben illustrate sul Corriere della Sera di ieri dal loro ideatore, l’economista Nicola Rossi, che nei mesi scorsi ha studiato uno schema innovativo della riorganizzazione delle Bcc che ha poi presentato alle autorità vigilanti e al Governo e che è stato in buona parte recepito dal decreto. E sono quelle illustrate fin da ieri da Daniele Corsini su FIRSTonline.

“La soluzione che avevo in mente e che ho messo nero su bianco – ha raccontato Rossi –è molto semplice ed è quella di permettere alle banche cooperative di scorporare l’attività bancaria creando una nuova spa”.

In tal modo, secondo lo schema Rossi, “il patrimonio resterebbe in capo alla Bcc-madre e quindi non si violerebbe il vincolo costituzionale che ne prevede l’indivisibilità in nome della continuità intergenerazionale, mentre la nuova banca, controllata al 100% dalla Bcc-madre, potrebbe operare a valle proprio in virtù dei mezzi propri rappresentati dal patrimonio a monte”.

Quanto al prelievo del 20% sulle riserve delle Bcc che adotteranno lo schema Rossi, non si tratta – secondo l’economista – di una vera e propria tassa ma “della restituzione all’erario delle risorse risparmiate nel tempo in virtù della vigente legislazione di favore per le cooperative, ripristinando una condizione di leale concorrenza all’interno del settore”. Ecco perché, secondo Rossi, a proposito della “way out” è sbagliato parlare di “trasformazione in spa, mentre si tratta di un mero scorporo dell’attività bancaria”.

Si può concordare o meno con lo schema Rossi adottato dal Governo ma prima di giudicarlo è indispensabile conoscerlo e speriamo che l’interpretazione autentica fornita dal suo autore aiuti finalmente a diradare la nebbia di un’ondata di polemiche di cui non si sentiva e non si sente proprio alcun bisogno.

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