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Bankitalia: riforma Bcc ok, ma modifiche alla way out e più poteri alla capogruppo

Il capo della Vigilanza di Via Nazionale in audizione al Senato: “Giudizio positivo sulla riforma, ma la capogruppo dovrebbe avere poteri di nomina, revoca e sostituzione degli organi delle controllate” – Chieste modifiche anche sulla way out – “Perché non consentire alle Bcc di fondersi in una banca popolare?” – Testo integrale allegato in Pdf.

Bankitalia: riforma Bcc ok, ma modifiche alla way out e più poteri alla capogruppo

Giudizio complessivamente positivo di Bankitalia sulla riforma delle Bcc. Tuttavia via Nazionale chiede interventi migliorativi sulla governance e sulla delicata questione della way out. Nel primo caso, la holding unica cui faranno capo (quasi) tutte le banche di credito cooperativo italiane dovrebbe avere poteri di nomina, revoca e sostituzione degli organi delle controllate. Nel secondo, si corre il rischio – nella sostanza – di un proliferare di piccoli gruppi e di incappare nella normativa Ue sugli aiuti di Stato. Sono le principali correzioni al decreto banche (che contiene anche la riforma delle Bcc) suggerite dal capo della Vigilanza della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, intervenuto martedì primo marzo davanti alla commissione Finanze della Camera.

“A fronte di un giudizio complessivamente positivo – ha detto Barbagallo nel corso dell’audizione –, riteniamo necessari interventi migliorativi su alcuni aspetti specifici, ma cruciali, affinché la riforma possa dispiegare appieno i suoi benefici”.

In particolare, Barbagallo ha segnalato che “la governance del gruppo deve favorire un miglior indirizzo delle attività e il controllo dei rischi delle singole Bcc, accompagnare il sostegno patrimoniale con corretti incentivi gestionali, prevenire l’azzardo morale”.

Questi obiettivi si otterrebbero attribuendo alla capogruppo “poteri pregnanti di nomina – ha continuato Barbagallo –, revoca, sostituzione degli organi delle controllate”, poiché prevedere questi poteri solo in casi “motivati ed eccezionali” indebolisce “la capacità di direzione e coordinamento della capogruppo, con pregiudizio per la stabilità delle singole banche e del gruppo nel suo complesso”.

Barbagallo ha poi sottolineato che le autorità – il ministero dell’Economia su proposta della Banca d’Italia – dovrebbero poter “autorizzare, per ragioni di stabilità, le Bcc a scendere sotto la soglia della maggioranza del capitale della capogruppo nei casi di difficoltà patrimoniali di rilevanza tale da mettere a rischio la stabilità del gruppo o di sue componenti rilevanti”.

Per le competenze regolamentari il capo della Vigilanza di Bankitalia, rispetto a quella prevista dal decreto, ritiene “più appropriata e funzionale” una formulazione in cui il ministero dell’Economia, sentita la Banca d’Italia, sia competente sulle scelte riguardanti l’adeguatezza dimensionale e la capacità di accesso al mercato dei capitali, mentre a Via Nazionale dovrebbe spettare “l’attuazione della riforma negli altri aspetti di contenuto prudenziale e di vigilanza”.

Barbagallo ha segnato inoltre che “non risultano chiare le ragioni per cui è stata eliminata dall’articolo 36 del Tub la possibilità, per una Bcc, di fondersi in una banca popolare. Fino a quando non sarà completata la transizione delle Bcc al nuovo assetto di gruppo l’incorporazione di una Bcc in una banca popolare costituirebbe un’opzione comunque utile per gestire situazioni di difficoltà”.

Infine, secondo il numero uno della Vigilanza di Palazzo Koch occorre chiarire il carattere “eccezionale” della way-out (ossia la possibilità, per le BCC aventi un patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro, di conferire l’attività bancaria a una Spa bancaria senza devolvere il patrimonio ai fondi mutualistici versando un’imposta straordinaria pari al 20% delle riserve) previsto nella riforma delle banche di credito cooperativo . Con l’attuale normativa, nella “fase di transizione” si verrebbe a creare una situazione di “incertezza” sul numero e sulle dimensioni delle Bcc che farebbero parte di gruppi cooperativi: andrebbe prescritto quindi che la facoltà di non aderire alla holding unica sia esercitabile in un “circoscritto arco temporale e soltanto da quelle Bcc che presentano il richiesto ammontare dell’aggregato patrimoniale a una precisa data passata di riferimento”.

Nel corso delle audizioni alla Camera ha fatto sentire la sua voce anche l’Alleanza delle Cooperative Italiane che ha dato un giudizio positivo del decreto, purchè la way out preveda il conferimento dell’attività bancaria a una spa e non la trasformazione della banca cooperativa in spa e purchè le riserve restino indivisibili e rimangano in capo alla cooperativa.

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Allegati: Audizione Barbagallo

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