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Bankitalia: “La finanza etica è possibile: decisive le regole”

Testo integrale dell’intervento del Direttore Generale della Banca d’Italia e Presidente dell’Ivass alla Camera dei Deputati in occasione della prsentazione del primo rapporto su “La finanza etica e sostenibile in Europa”

Bankitalia: “La finanza etica è possibile: decisive le regole”

L’etica, dicono i dizionari, è l’applicazione alla nostra vita pratica dei princìpi morali prevalenti nella comunità a cui apparteniamo. Quei princìpi possono discendere da un credo religioso o da una “costituzione” laica; possono quindi differire fra loro, da persona a persona, da comunità a comunità; ma c’è un nòcciolo comune, di cui certamente fa parte il precetto “non rubare”.

La finanza è un’attività umana molto antica. Si articola sui due pilastri del credito (con la sua variante assicurativa) e del denaro. Dai tempi più remoti l’esercizio del credito e il maneggio del denaro sono stati circondati dal più fiero sospetto. Chiunque vi sia coinvolto è sempre sospettato di violare il precetto “non rubare”. E se anche non lo violi, è comunque persona sgradita, aliena, che profitta di un bisogno o di un desiderio legittimo.

Non è così. La finanza è parte integrante dell’economia, in particolare di quella terziaria, quella che produce e scambia servizi non tangibili, che è ormai largamente maggioritaria. I servizi finanziari, per di più, non sono servizi qualunque; servono a far girare tutta la ruota dell’economia, sono come il sangue e il sistema circolatorio in un organismo umano.

Diceva Amartia Sen: How is it possible that an activity that is so useful has been viewed being morally so dubious?

È possibile perché la finanza è fatta di debiti, crediti e denaro; non di tubi d’acciaio, o di ricette mediche, o di scaffali di supermercati. Gli elementi costitutivi della finanza inducono direttamente e immediatamente in tentazione chi li maneggi. Tentazione di violare principi morali prima ancora che norme di legge.

La finanza etica si propone di rispondere a questo problema, vecchio come il mondo. Non ce n’è una definizione universalmente riconosciuta, ma in buona sostanza è finanza etica l’offerta di servizi finanziari fatta da soggetti che ricercano, sì, il profitto ma si preoccupano anche del bene comune. Nel caso delle banche, la connotazione etica si manifesta in particolare nell’attenzione all’inclusione finanziaria e nella promozione di attività considerate benefiche dal punto di vista socio-ambientale. Non si tratta di volontariato o di beneficenza; siamo di fronte a imprese a tutti gli effetti, che tuttavia, a differenze delle altre, si propongono esplicitamente di comportarsi in modo eticamente corretto coi clienti e con i dipendenti e quindi di accontentarsi di un profitto “giusto”.

Vorremmo che tutte le imprese fossero così, in particolare quelle finanziarie. Alcune si avvicinano a questo modello, alcune altre ne sono distanti. Possono norme e regolamenti agire in modo da favorire questo tipo di comportamento, lato sensu, etico?

La risposta è sì. Norme e regole vincolanti possono volgere i comportamenti in senso etico fissando limiti, incentivi e disincentivi, promuovendo trasparenza e informazione, accrescendo la consapevolezza degli utenti perché siano loro per primi a esigere correttezza e responsabilità dagli intermediari finanziari.

Il prerequisito fondamentale dell’eticità è la legalità, ossia il rispetto delle norme fissate dal legislatore e dalle autorità di regolazione. Questo aspetto è particolarmente rilevante per le banche, che più di ogni altra impresa si fondano sulla fiducia: questa può essere minata nel caso di rilevanti violazioni delle regole. E non si pensi solo alla disciplina microprudenziale, volta a garantire la stabilità del singolo intermediario, ma anche a quella a tutela del consumatore, o a quella anti-riciclaggio.

Le regole sulle remunerazioni degli esponenti e dei dirigenti delle banche sono specialmente importanti da un punto di vista etico. In Italia sono state introdotte sin dal 2008 e progressivamente rafforzate in attuazione degli indirizzi internazionali ed europei.

In particolare, gli schemi di incentivazione individuale devono essere coerenti con gli obiettivi e con i valori aziendali, con le strategie di lungo periodo; devono catturare tutti i rischi a cui le banche si espongono e tener conto degli effettivi risultati; devono far sì che comportamenti individuali scorretti determinino l’azzeramento dei bonus. Le disposizioni di vigilanza non impongono, in linea con le regole internazionali e nel rispetto dell’autonomia degli intermediari, un “tetto” alle remunerazioni. Valorizzano, invece, il ruolo degli azionisti, chiamati ad approvare gli schemi di incentivazione e a fissare criteri e limiti alle buonuscite degli esponenti. La Banca d’Italia vigila sull’osservanza di queste regole e interviene – ove necessario – con azioni correttive e con sanzioni.

La nozione di finanza etica ha ricevuto dal legislatore italiano il più recente riconoscimento esplicito nel 2016, con l’introduzione dell’articolo 111-bis del Testo unico bancario. Sono stati introdotti parametri di condotta specifici in cambio di agevolazioni fiscali. Occorrono, per vedersi riconoscere lo status di banca etica, un sistema di governance molto orientato alla partecipazione dei risparmiatori/azionisti, un rendiconto almeno annuale dei finanziamenti erogati. Sono previsti tra l’altro limiti alle differenze retributive interne alla banca e il divieto di distribuzione dei profitti.

Sono requisiti aggiuntivi a quelli che si applicano a tutte le banche. Anche una banca etica deve fronteggiare i rischi con un capitale adeguato. Gli obiettivi “etici” vanno quindi conciliati con quelli di libera iniziativa economica e di salvaguardia della stabilità del sistema finanziario. D’altra parte, il perseguimento di obiettivi etici non può che contribuire alla tutela della stabilità e all’integrità sia dei singoli intermediari sia del sistema finanziario nel suo complesso.

Resta il fatto che i benefici che la finanza etica può apportare al funzionamento dell’economia e al benessere di una società sono tanto maggiori quanto più i valori e gli obiettivi etici sono diffusi e condivisi nella pubblica amministrazione, fra le imprese, fra i cittadini.

Fonte: Banca d’Italia

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