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Banche, First Cisl controcorrente: “Npl affossano i conti, non il costo lavoro”

Secondo un’analisi del sindacato di categoria della Cisl, agli 8 miliardi di utili messi a segno dalle prime 5 grandi banche italiane nel periodo gennaio-settembre 2017 hanno dato un contributo decisivo i 14,4 miliardi di commissioni nette correlate al fattore lavoro: “Il vero peso sono le enormi svalutazioni pretese dai regolatori europei”.

Banche, First Cisl controcorrente: “Npl affossano i conti, non il costo lavoro”

Il “vero peso sui bilanci delle banche italiane non è il costo del lavoro” ma le “svalutazioni degli Npl”, giunte a 10 miliardi di euro nei primi nove mesi dell’anno e il cui recupero, se fosse “gestito in house proprio dai dipendenti, potrebbe dare reddito”. Lo scrive il sindacato First Cisl in un’analisi sui bilanci delle prime 5 grandi banche italiane (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Banco Bpm e Ubi) nel periodo gennaio-settembre 2017. La ricerca sottolinea come agli 8 miliardi di utile realizzati abbiano dato un contributo decisivo i 14,4 miliardi di commissioni nette correlate al fattore lavoro.

“Finiamola una volta per tutte di dire che il costo del lavoro è un peso per il sistema bancario – commenta il segretario generale, Giulio Romani – Il vero peso sono le enormi svalutazioni pretese dai regolatori europei, col risultato che continuiamo a svendere Npl che potrebbero invece essere recuperati attraverso una loro gestione paziente, ritornando a dare reddito”.

Non solo. Il risultato positivo degli istituti beneficia poi dei “527 milioni di calo del costo del personale a fronte di una riduzione di ben 7.786 addetti nelle sole big five – sottolinea Riccardo Colombani, responsabile dell’Ufficio Studi di First Cisl – senza contare i tagli nelle banche acquisite da Ubi e da Intesa. Insieme, le commissioni nette e il minor costo del personale cubano 15 miliardi, una cifra vicinissima ai 15,7 miliardi complessivi del risultato lordo di gestione. Quanto al costo del lavoro, il dato dei primi cinque gruppi è di 12,6 miliardi, che si confrontano con un margine di intermediazione di 36,3 miliardi”.

A bruciare redditività, continua Colombani, “sono i 10,1 miliardi di rettifiche su crediti, non molto sotto ai 10,5 miliardi dei primi 9 mesi del 2016. Da soli, gli accantonamenti su crediti si mangiano una cifra superiore all’utile netto e che equivale al 70% delle commissioni nette e al 59% dei 17 miliardi di interessi netti raccolti dalle banche. Se gli npl fossero destinati alla gestione in house da parte di personale specializzato, invece che alla vendita più o meno obbligata, e gli accantonamenti potessero essere effettuati tenendo conto dei recuperi realizzati, gli utili tornerebbero a crescere, generando occupazione e sviluppo economico”.

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