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Banche di territorio e responsabilità d’impresa tra ambiente ed emergenza sociale

La reputazione ambientale paga anche sui mercati finanziari: il caso del Montreal Carbon Pledge fa riflettere – La responsabilità sociale non è un optional – Il ruolo delle banche popolari nel territorio

Banche di territorio e responsabilità d’impresa tra ambiente ed emergenza sociale

Il futuro dell’umanità torna ad essere argomento di discussione seppure non ancora nei modi e nelle forme che l’evidente stato di emergenza richiederebbe. La politica, prima di tutti, dovrebbe interrogarsi seriamente sui maggiori pericoli del nostro tempo: da una parte il rischio climatico e dall’altro quello sociale. Come, però, sempre più frequentemente accade, anche in questo caso, l’economia, bene o male che sia, fa a meno della politica e procede autonomamente scoprendo nuove frontiere.

Il rischio più evidente è senza dubbio quello ambientale che si manifesta principalmente sulla questione dell’emergenza climatica ed è infatti proprio su questo terreno che si trovano le maggiori novità in ambito finanziario. Un recente studio effettuato su 28 mila osservazioni mensili, dimostra che nelle imprese con un’alta reputazione ambientale, il rapporto tra il prezzo e l’utile è superiore a quello delle imprese che registrano una bassa reputazione. I mercati finanziari iniziano a essere sensibili ai problemi ambientali intravedendo maggiori rischi e, dunque, minori utili per le imprese che operano con un più forte e negativo impatto ambientale a cominciare da quelle che investono o utilizzano energia prodotta con combustibili fossili. L’esempio più importante a livello mondiale di questa “sensibilità” dimostrata dall’economia è il Montréal Carbon Pledge.

L’iniziativa, partita nel 2014 e rivolta agli investitori istituzionali di tutto il mondo, prevede l’impegno da parte degli aderenti a misurare, ridurre e rendicontare l’impronta di carbonio (carbon footprint) dei propri investimenti azionari. Misurando la carbon footprint, gli investitori possono compararla con quella di benchmark internazionali per identificare aree e azioni prioritarie al fine di ridurre le proprie emissioni indirette. Oggi, più di 120 investitori in tutto il mondo (Europa, Stati Uniti, Canada, Australia, Giappone, Singapore e Sudafrica), con oltre 10.000 miliardi di dollari in attività in gestione, hanno siglato il Montréal Carbon Pledge e oltre 100 miliardi di dollari sono stati impegnati in questo progetto. Altro esempio è la nascita dei green bond, emissioni obbligazionarie per finanziare investimenti ad alto impatto ambientale, che rappresentano nuovi strumenti in grado di contribuire alla creazione di valore economico sostenibile.

A differenza di quanto avviene sul tema ambientale, si stenta a prendere nella giusta considerazione l’altro grande rischio della nostra epoca. La combinazione tra rivoluzione tecnologica, delocalizzzazione della produzione, riduzione dei salari riferiti al lavoro meno qualificato, disuguaglianza e conseguenti imponenti flussi migratori, produce un rischio sociale di prima grandezza per l’esistenza dell’intera umanità. Un rischio che ha come primo effetto il tentativo maldestro di dare risposte attraverso pratiche populiste che promettono i ricorso all’aumento del debito finalizzato alla crescita dei consumi. E’ evidente quanto il problema sia grande e di difficile soluzione e che i tentativi della finanza, ad esempio attraverso l’istituzione di emissioni per finanziare migliori progetti a impatto sociale (social impact bond) seppur un’ottima intuizione sia ancora troppo poco.

La sfida che abbiamo davanti è immensa. Il Pontefice, attraverso la Laudato Si’, con una lettura “integrale” del nostro mondo che tiene strettamente connessi il rischio ambientale e quello sociale, ha suonato forte il campanello d’allarme. In attesa che la politica, superato il secolo delle contrapposizioni ideologiche, faccia la propria parte, le imprese possono e debbono rivedere fortemente i propri modelli e la propria idea di sviluppo con una scelta convita di responsabilità ambientale e sociale. Non siamo, per fortuna, all’anno zero. Almeno nel sistema creditizio – che è quello che conosciamo più direttamente – le Banche del Territorio rappresentano un esempio di come quei pericoli possono diventare impegno e opportunità per la creazione di valore sostenibile nell’economia reale.

Tutto ciò è possibile grazie alla consolidata e riconosciuta capacità di queste banche di investire nei singoli territori quanto in esso raccolgono. Si tratta di un rapporto basato sulla consapevolezza del reciproco interesse che lega le banche ai propri territori, dalla convinzione, cioè, che il benessere ambientale e sociale di un territorio non può che ripercuotersi positivamente anche sui risultati economici delle stesse banche in un reciproco processo virtuoso e i dati di bilancio in corso di approvazione dalle assemblee in questi giorni lo stanno a testimoniare. In questa nostra epoca e, ancor di più, in futuro non può esistere un’economia vitale senza un sistema creditizio che facendo proprio il tema della sostenibilità sia in grado di accompagnarla e sostenerla, ne siamo certi.

°°° L’autore è il Segretario Generale dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari (Assopopolari)

 

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