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Banche in crisi e comunità locali in tilt: i casi di Siena e Vicenza

Il libro del sociologo Paolo Perulli “Perché falliscono le banche. Lo scontro tra capitalismo e società”, edito da goWare, mette in luce come la crisi di banche radicate nel territorio possa mandare in tilt intere comunità locali colpendo famiglie, persone e imprese con effetti devastanti

Banche in crisi e comunità locali in tilt: i casi di Siena e Vicenza

La crisi delle banche italiane, come un eclatante fatto di cronaca nera, ha occupato per mesi il discorso pubblico in Italia. Un gran clamore, come se l’Italia non avesse mai avuto gli scandali bancari e scoprisse solo adesso che anche le banche falliscono, come falliscono gli stati nazionali.

Nel 1892 fu proprio uno scandalo bancario a segnare un decennio di storia d’Italia e ad avviare l’italietta giolittiana. Lo scandalo della Banca Romana consegnò all’irrilevanza la sinistra storica che aveva governato per 20 anni l’Italia unita, anche con risultati eccellenti, e quasi costò la carriera all’uomo politico di maggiore talento che l’Italia abbia espresso nella sua storia, Giovanni Giolitti.

Il sistema finanziario è un po’ come la Chiesa cattolica; tende a lavare in casa i panni sporchi e a tenersi lontano dalle luci della ribalta. Sono in pochi a conoscere i nomi di coloro che tirano le fila del sistema finanziario italiano. Pertanto quando una banca giunge al limite dell’insolvenza, nel leggere sulle cronache e nell’ascoltare nei talk show le malefatte degli amministratori, si ha l’impressione che nelle banche siano impazziti tutti dai semplici promotori ai top manager. Nonostante che i libri sulle banche si vendano come i gialli di Camilleri, sono veramente in pochi a raccontare la vera ragione del fallimento di una banca che è un soggetto che è espressione del sistema economico e sociale di un territorio e diuna classe dirigente, più che della volontà di un pugno di malversatori.

In questo saggio, di rapida ma intensiva lettura, Paolo Perulli analizza la crisi del rapporto tra banche e territorio, tra capitalismo e società civile.

Uno studioso che si è interrogato sulle ragioni strutturali della fallibilità delle banche in Italia è Paolo Perulli professore di Sociologia economica presso l’Università del Piemonte Orientale, con una importante esperienza di insegnamento all’estero. Paolo Perulli ha raccolto le riflessioni su questo tema in un saggio, Perché falliscono le banche Lo scontro tra capitalismo e società (edito da goWare, 4,99 versione ebook, 9,99 libro) che nella sua brevità e incisività è illuminante perché porta la riflessione sulla crisi delle banche su un terreno nuovo e più proficuo per la comprensione del fenomeno. Per questo qui di seguito andiamo brevemente a illustrare il contenuto, l’analisi e le tesi del libro.

DAL RISPARMIO AL DEBITO

La crisi del debito in Italia è grande. Il debito pubblico è cresciuto dal 52% del PIL nel 1980 al 134% del 2015, con una minima tendenza al rientro. Il debito privato è anch’esso in crescita: equivale oggi al 90% del reddito disponibile delle famiglie, mentre era solo il 40% nel 2007, prima cioè della crisi finanziaria. Tutto ciò è nuovo e pericoloso: la crisi finanziaria ha drammaticamente ridotto la propensione al risparmio delle famiglie, che aveva reso possibile il miracolo economico italiano. Ciò solleva domande sulla natura del debito, sulle sue radici sociali e psicologiche e sulla sua futura sostenibilità. L’approccio interpretativo proposto nel libro è basato sulla sociologia storica, per valutare il fondamento morale della relazione tra capitalismo e individui nelle economie locali.

Il libro raccoglie idee e risultati di ricerca sui sistemi di credenza (credito viene da: credere) che guidano gli individui e i gruppi nelle società contemporanee basate sull’economia del debito. Si mette a fuoco il passaggio dalle origini di mutalità e fiducia (legate al luogo) delle economie locali ai meccanismi del debito che costruiscono le economie globalizzate del nostro tempo. Sono messe a fuoco due comunità locali (Siena e Vicenza) la cui economia locale è stata colpita dall’impatto della crisi finanziaria sulle persone, famiglie e piccole imprese.

LO SCOPO DEL LIBRO

Lo scopo del libro è duplice:

– analitico: come spiegare la crisi bancaria delle due città, la formazione di una classe media di capitalismo patrimoniale, e l’attuale economia del debito;

– normativo: come le economie e le società locali possono riprendersi dalla crisi di fiducia dovuta alle gravi perdite delle banche e dalla crisi più ampia di imprese e famiglie.

Il libro cerca di scoprire il legame tra micro e macro nell’economia del debito contemporanea: come individui e attori sociali inseriti nell’economia locale sono indotti a cambiare attitudini e valori in un contesto di capitalismo finanziario e di crisi ricorrenti, e di incertezza e persino irresponsabilità delle banche e delle stesse istituzioni.

Il contributo esplicativo approfondirà l’analisi dei fattori di stress sia esogeni (la circolazione dell’economia del debito attraverso il management delle banche) che endogeni (l’eccesso di fiducia nelle élites locali corresponsabili dei fallimenti bancari; la mancata modernizzazione della cultura economica locale; l’opportunismo e perfino la ‘devianza’ da parte di gruppi di interesse locali). Il libro intende ridefinire il ruolo della finanza e i suoi confini entro le economie locali, riportando il valore produttivo dei distretti industriali italiani nuovamente al centro dei sistemi locali.

IL BACKGROUND

Nel corso della storia la principale istituzione giuridica e sociale di governo dell’economia è stato il contratto stipulato tra gruppi di uomini liberi che entravano in relazioni stabili di interesse. Il contratto si è poi esteso alle relazioni tra città e nazioni. Infine il capitalismo moderno ha incorporato la libertà di contratto tra le sue caratteristiche distintive, trasformando la sua implicita associazione di denaro e mito in una nuova forma di ‘religione del debito’ (un concetto elaborato da Walter Benjamin nel 1921).

Il libro proporrà un approccio genealogico per decostruire le mutate relazioni del contratto: dalle forme antiche di mutualità alle società urbane contemporanee. Il munus significava allo stesso tempo un ufficio, un dovere, una tassa, un dono. Munera erano le offerte pubbliche di eventi da parte di cittadini ricchi al popolo comune. Quel dono sociale si è rovesciato nelle società contemporanee nell’ appropriazione privata di beni pubblici.

Nel Medio Evo e nel Rinascimento i luoghi del potere economico (piazze e corti del mercato, e le Borse) e gli strumenti culturali e religiosi erano interconnessi. Nel successivo mutamento sociale sono stati creati mondi spaziali globalizzati dominati dalla circolazione monetaria. Nel capitalismo moderno il feticcio della liquidità (un termine usato da John Maynard Keynes negli anni 1930) è divenuto la massima più antisociale dell’ortodossia finanziaria. Gli investitori professionali privilegiano le previsioni a breve termine che possono portare a disastri. Gestire rischio e incertezza è il mestiere di professionisti dotati, le cui conoscenze professionali, accuratezza e fiducia sono oggi in discussione. L’economia del debito ripropone il doppio significato di schuld, che vuol dire sia colpa che debito.

LA STRATEGIA DI RICERCA E LA METODOLOGIA

Scopo del libro è valutare se, e come, il capitalismo italiano sia stato eroso dalla crisi del debito, in due contesti urbani come Siena e Vicenza. Il potere degli spazi di banche e istituzioni finanziarie, collocate nei luoghi-simbolo delle due città, è ora sotto attacco. Due banche, il Monte dei Paschi di Siena fondato nel 1472 e la Banca Popolare di Vicenza nata nel 1866, sono stati i casi più rilevanti delle massicce perdite finanziarie a spese di migliaia di piccoli risparmiatori, ‘obbligati’ a investire in bond bancari rischiosi per ottenere prestiti. Colpisce che entrambe le banche in crisi (e anche quelle di Arezzo, Ferrara, Jesi, Chieti) siano collocate nella “Terza Italia” (come la definirono i sociologi Arnaldo Bagnasco e Carlo Trigilia negli anni 1980): società tradizionali di piccoli e medi imprenditori con forti legami sociali e ciruiti socio-economici ed etiche comunitarie . S

hocks finanziari esogeni possono aver prodotto la crisi del tessuto sociale e delle reti fiduciarie locali. Tuttavia è più plausibile che l’ordine comunitario delle società locali abbia subito un’ involuzione, e che la società locale stessa fosse esposta-se non adeguatamente monitorata e modernizzata- a un simile esito. La legittimazione morale dei banchieri e delle istituzioni creditizie è oggi messa in discussione, e la percezione sociale e l’auto-percezione dei capitalisti della finanza è oggetto di critiche.

Le loro competenze speculative si sono rovesciate, passando da buona a cattiva reputazione. Sia lo stato di fiducia che lo stato del credito sono in crisi. La protesta di gruppi di piccoli risparmiatori e di cittadini, e la pressione giudiziaria sui dirigenti delle banche, hanno mutato la centralità delle istituzioni creditizie. Questo mutamento del coinvolgimento, dalla sfera dei risparmi individuali e familiari allo spazio pubblico della discussione, è degno di nota. In passato il modello di business delle banche italiane, concentrato sulle intermediazioni tradizionali, era un riparo rispetto alle crisi e rendeva le banche italiane più protette.

Oggi quel paradiso è perduto e i fallimenti, e le conseguenze morali su individui e comunità, sono al centro del libro. Saranno prese in considerazione sia le radici storiche delle due banche, che la peculiare etica capitalistica delle élites locali, fino al più recente ruolo dei sistemi politici locali e delle sub-culture che hanno reso inevitabile la crisi.

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