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Baccalà e stoccafisso: protagonisti indiscussi della cucina quaresimale

Tra i cibi poveri tipici della Quaresima spiccano il baccalà e lo stoccafisso. Capisaldi della tradizione culinaria nostrana, dietro alla quale si celano secoli di storia e molte curiosità. Ecco quali

Baccalà e stoccafisso: protagonisti indiscussi della cucina quaresimale

Proviene dai mari del nord ma è uno dei pesci più amati nel nostro Paese. Si tratta del merluzzo nordico, meglio conosciuto come baccalà, che si pesca nelle aree settentrionali dell’Oceano Atlantico e del Pacifico: Islanda, Norvegia, Groenlandia e le Isole Faroe sono i principali produttori ma nel nostro Paese questo prodotto è diventato una vera e propria istituzione. Siamo il secondo paese al mondo per consumo, dopo il Portogallo, dove si dice che esista una ricetta diversa per ogni giorno dell’anno. Anche nel nostro Paese ci sono infiniti modi di cucinarlo: in pastella, fritto, mantecato, in umido, al forno, ripassato e così via. In base a questi, il merluzzo possiede proprietà nutrizionali molto interessanti per il nostro organismo. 

Baccalà e stoccafisso: le differenze

Da non confondere con lo stoccafisso, come da decreto ministeriale, il baccalà si riferisce al merluzzo nordico grigio preparato per la conservazione tramite salatura mentre lo stoccafisso al merluzzo nordico bianco preparato tramite essiccazione, ovvero senza l’uso del sale. Tuttavia, in Veneto lo stoccafisso assume il nome di bacalà, tanto che il baccalà alla vicentina è in effetti preparato con lo stoccafisso. Invece, nel resto del mondo con il termine baccalà si intende il pesce a carne bianca – generalmente merluzzo – prodotto con il metodo della salagione.

In realtà, il baccalà può anche essere prima salato e poi essiccato (il cosiddetto baccalà secco), ma si può parlare di baccalà solo se il contenuto di sale assorbito supera il 18%. Lo stoccafisso è sempre e solo essiccato, prodotto unicamente in Norvegia e solo nei mesi invernali, mentre il baccalà viene prodotto tutto l’anno non richiedendo condizioni climatiche particolari. Ma come può un pesce della cultura nordica essere diventato uno dei capisaldi della cucina tricolore?

La storia del baccalà e di Pietro Querini

Il baccalà ha una storia antichissima, risalente ai grandi navigatori europei: portoghesi, spagnoli, veneziani e genovesi. Nel nostro Paese arriva nel XVI secolo grazie a un commerciante veneziano il nobile Pietro Querini, che, a causa di una tempesta nel canale della Manica, naufragò, approdando con parte del suo equipaggio a Røst, prima isola dell’arcipelago delle Lofoten. La ciurma fu soccorsa dalla popolazione locale e dimorò sull’isola per oltre 100 giorni prima di fare il suo ritorno a Venezia. Durante la permanenza sull’isola, Querini e i suoi uomini appresero dai pescatori locali l’uso di conservazione del merluzzo. Questa gente aveva un modo particolare per conservarlo: mondato, salato e seccato all’aria per mesi. Il pesce diventava così duro tanto da essere chiamato “stockfiss”, stoccafisso appunto, erroneamente da noi tradotto con il termine baccalà. Il resoconto del viaggio, in cui si possono trovare la lavorazione e le abitudini alimentari degli abitanti norvegesi venne depositato dal commerciante stesso presso le autorità della Serenissima.

Ma il baccalà entrò con vivo entusiasmo nella nostra cultura nel 1563, grazie al Concilio di Trento che impose ai fedeli di rispettare il calendario delle giornate di astinenza e di magro: i venerdì, le vigilie, la quaresima. Il merluzzo essiccato era il perfetto sostituto della carne: un alimento versatile, che si conservava a lungo e fondamentale per la popolazione meno abbiente grazie al rapporto basso costo e alto grado di nutrizione. La varietà di culture in Italia ha poi fatto il resto dando luogo a diverse preparazioni con specialità che sono espressione della tradizione del territorio.

Oltre ad essere un prodotto ideale per i lunghi giorni di navigazione, il baccalà veniva utilizzato come barometro. Veniva appeso con delle corde agli alberi della nave, se il sale iniziava a sciogliersi significava che l’umidità stava aumentando e che una tempesta era in arrivo. Grazie ai commerci marittimi, il baccalà fece ben presto il giro del mondo.

Il baccalà in Italia: tradizioni culinarie da Nord a Sud

La confusione tra baccalà e stoccafisso rinvia anche ai nomi assegnati ad alcuni piatti tipici dalle cucine regionali italiane elaborate da Nord a Sud, come il baccalà mantecato dei Veneziani, il bacalà alla vicentina (tecnicamente è stoccafisso), il baccalà in agrodolce dei Liguri, lo stoccafisso alla genovese, il baccalà alla livornese, alla cappuccina, alla certosina, alla lucana, alla romana per arrivare allo stoccu a ghiutta o alla mammolese dei calabresi e così via. Ma la notorietà del merluzzo bianco si deve non solo al basso costo, al metodo di conservazione e al rapporto nutrizionale ma anche per una regola, la stessa del maiale, ovvero che del merluzzo non si butta niente: dal fegato si estrae il famoso olio, le uova possono essere essiccate o bollite, le guance fritte in pastella, molti amano la lingua, in Nigeria la testa viene bollita, lo stomaco ripieno è famoso in Sicilia e in Calabria ma anche in Giappone, la pelle essiccata può essere fritta o arrostica, mentre gli intestini servono da pastura per l’allevamento di salmoni e la lisca per la colla di pesce.

Baccalà e valori nutrizionali: il cibo del benessere

il merluzzo è un pesce molto magro, attraverso il processo della salagione mantiene la maggior parte delle proprietà organolettiche. Il baccalà è costituito principalmente da acqua e un basso quantitativo di calorie composto principalmente da proteine e “grassi buoni”, risultando un ottimo alleato per chi è a dieta. Inoltre, contiene vitamine (in particolare quelle del gruppo B che aiutano fegato ed intestino a lavorare correttamente) e omega 3,6,9: acidi grassi saturi essenziali per il nostro organismo in quanto non sintetizzabili. Contiene arginina, un vasodilatatore naturale, che aiuta a tenere bassa la pressione arteriosa. Infine è ricco di sali minerali come sodio, potassio, fosforo, magnesio, calcio, ferro, zinco e selenio.

Purtroppo, però, il baccalà è ricco sia di colesterolo, sia di sodio, due nutrienti il cui apporto eccessivo può mettere in pericolo la salute cardiovascolare. È sconsigliato anche per chi soffre di gastropatie di tutti i tipi a causa del metodo di lavorazione che può rendere complicata la digestione. Da evitare anche in caso di iperuricemia e gotta, a causa della presenza di una discreta quantità di acido urico.

La Confraternita del Bacalà in difesa della cucina vicentina

Il baccalà fa parte della nostra cultura gastronomica, specie in Veneto. Tanto amato da creare la Confraternita del Bacalà alla Vicentina con lo scopo di salvaguardare e diffondere l’antica ed originale ricetta del “Bacalà alla Vicentina” con oltre 400 anni di storia. Nata nel 1987, la confraternita non si limita a questo: pubblicano libri, sono presenti in varie trasmissioni televisive sia nazionali sia straniere, organizzano feste, supportano eventi e associazioni di volontariato e quelle che operano nell’enogastronomia e nel turismo, hanno perfino ripercorso l’itinerario di Querini. Hanno anche creato il Bacalà Club per gli appassionati del piatto, con il coordinamento dei ristoranti che propongono la ricetta originale nel mese di settembre (penultima settimana) di ogni anno e la Festa del Bacalà alla Vicentina di Sandrigo, la grande kermesse in cui vengono consumate circa 25mila porzioni di questa specialità, dal 2010 inserita nel circuito EuroFIR tra i 5 piatti rappresentativi della tradizione italiana in Europa.

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