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Autonomia differenziata: via libera del Senato. Ora tocca alla Camera. Ecco i capisaldi della riforma in 6 punti

Con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti il Senato ha approvato l’Autonomia differenziata, fortemente voluta dalla Lega e molto invisa alle opposizioni che temono un’ulteriore spaccatura tra Nord e Sud. Ora la riforma passa all’esame di Montecitorio

Autonomia differenziata: via libera del Senato. Ora tocca alla Camera. Ecco i capisaldi della riforma in 6 punti

Un passaggio che potrebbe un giorno diventare storico. Il Senato ha approvato il disegno di legge sull’autonomia differenziata con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti. 

Il ddl collegato alla manovra passerà ora all’esame della Camera con l’obiettivo di arrivare al via libera definitivo prima delle Elezioni europee del 9 giugno. Una mossa pensata dal Governo per ampliare i consensi in vista di un appuntamento elettorale che potrebbe diventare cruciale anche per i giochi di forza nazionali.

Nel frattempo, continua la dura protesta delle opposizioni che sventolano la bandiera del referendum abrogativo e accusano il Governo di voler “spaccare in due l’Italia”, varando una riforma che favorirà le regioni del Nord (tradizionalmente più ricche) a discapito di quelle del Sud (più povere).

Ma cosa prevede la riforma Calderoli sull’autonomia differenziata? Ecco i punti salienti.

Cosa si intende per autonomia differenziata

Lo scopo della riforma, cavallo di battaglia della Lega da anni, è quella di decentralizzare alcune materie attualmente in capo allo Stato, dando alle Regioni la possibilità di decidere. Il tutto attraverso una legge ordinaria e dunque senza toccare la Costituzione. 

I lep, livelli essenziali di prestazione

La definizione dei Lep è il cuore della riforma Calderoli. Sono i livelli essenziali di prestazioni che lo Stato deve garantire ai cittadini, tutelando i loro diritti civili e sociali. Parlando in parole povere significa che I Lep devono essere garantiti per tutti, sia per chi vive in una regione che chiede l’autonomia, che per chi vive in una che non lo fa, e che ogni funzione, per ogni materia, deve essere erogata con un livello minimo. 

Per la loro definizione ci saranno 2 anni di tempo dal momento dell’approvazione definitiva della riforma, ma uno dei nodi principali riguarda il loro finanziamento. Le materie che la Costituzione prevede possano essere attribuite alle Regioni valgono, in totale, circa 170 miliardi. Alcune sono gestite direttamente dallo Stato, altre dalle Regioni. Con l’autonomia lo Stato erogherà alle Regioni la cifra corrispondente e la Regione sceglierà come esercitare la funzione. Ma i costi rischiano di essere esorbitanti.

Quali sono le materie su cui le Regioni possono chiedere autonomia?

Si tratta di 23 materie che l’articolo 117 della Costituzione elenca come materie di legislazione concorrente a cui se ne aggiungono altre 3 di legislazione cosiddetta esclusiva dello Stato. Tra queste figurano l’istruzione, la salute, i trasporti, lo sport, la tutela dell’ambiente e dei beni culturali e la tutela della sicurezza sul lavoro.

Trasferimento di funzioni

Il disegno di legge stabilisce i princìpi per il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, attinenti a materie o ambiti di materie riferibili ai Lep, che può avvenire soltanto dopo la determinazione degli stessi Lep e dei relativi costi e fabbisogni standard. Per le funzioni relative a materie o ambiti di materie diverse da quelle riferibili ai Lep, il trasferimento può essere effettuato nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente.

La nuova distribuzione delle competenze dovrà comunque assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. 

Come si chiede (e si ottiene) l’autonomia differenziata?

Spetterà alla singola Regione, sentiti gli enti locali e in base al proprio statuto, deliberare la richiesta di attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. La richiesta deve essere inviata al Presidente del Consiglio dei ministri e al ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie. Quest’ultimo dovrà quindi dare il via a un negoziato tra Stato e Regione, dopo aver ottenuto un parere dei ministri competenti e del Mef. Trascorsi trenta giorni dalla richiesta, il negoziato che dovrà portare a un’intesa tra lo Stato e la Regione verrà comunque avviato. 

Una volta raggiunta l’intesa, su proposta del Presidente del Consiglio e del ministro per gli Affari regionali di concerto con i ministri competenti per le materie oggetto di richiesta sarà emanato un decreto legislativo. La riforma lascia comunque l’ultima parola a un decreto del presidente del consiglio dei ministri.

La durata dell’autonomia

La durata di una intesa è stabilita nell’intesa stessa, ma non potrà superare i dieci anni, scaduti i quali dovrà essere contrattata. Nell’ultima versione del testo viene previsto che lo Stato può revocare l’intesa.

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