Condividi

Auto Diesel sotto attacco: la compro o no?

Crescono le limitazioni alla circolazione nelle città. E insieme alla tassa ecologica sulle nuove immatricolazioni rischia di sparire anche il vantaggio fiscale del carburante. E così l’acquisto di un’auto diesel diventa un rebus. Cerchiamo di capire come stanno davvero le cose

Auto Diesel sotto attacco: la compro o no?

Il diesel è decisamente sotto attacco “ecologico”. Poco giustificato, dicono i veri esperti. Ma per l’automobilista comune poco importa. La domanda è d’obbligo: lo compro o no? Dirotto la scelta della prossima auto sul motore a benzina? E nel frattempo che fine farà il mio diesel? Vediamo come stanno le cose, e come tentare di risolvere il rebus.

Dagli all’untore a gasolio

Prima gli amministratori comunali, sull’onda di una vera e propria criminalizzazione internazionale innescata dal “dieselgate” e delle relative accuse di taroccamento dei dati sulle emissioni. Ora direttamente il Governo italiano per mano della sua componente a Cinque Stelle: via, nei piani che stanno emergendo dal dibattito politico, alla maggior parte delle agevolazioni sul gasolio, da quello agricolo a quello venduto nei normali distributori, che potrebbe dover rinunciare all’accisa più favorevole rispetto alla benzina. E così il litro di  diesel potrebbe addirittura costare di più di un litro di verde. Sarebbe il colpo di grazia.

Così il diesel rischia una precipitosa parabola discendente fino a sparire. Una prospettiva che coinvolge circa la metà del parco macchine oggi immatricolate, destinate a essere sempre più limitate negli spostamenti nei centri urbani. Uno scenario prossimo venturo che implica una inevitabile svalutazione del proprio veicolo, tanto più pesante a seconda dell’età di immatricolazione, della classificazione ambientale e della zona geografica (urbana o extraurbana) di prevalente circolazione.

Non è un caso se nei primi otto mesi del 2018 le immatricolazioni di auto diesel hanno subito un calo superiore al 15% sul territorio nazionale con riduzioni molto più vistose in città come Milano (-29%), Roma (-22%) o Torino (-37%). A dare il via alla campagna contro il gasolio è stata l’esplosione negli Stati Uniti dello scandalo del “dieselgate” con la scoperta di un software utilizzato dalla Volkswagen per taroccare il sistema di controllo delle emissioni. Uno scandalo che si è allargato a macchia d’olio coinvolgendo anche altre case automobilistiche. La Commissione europea, sull’onda di questo scandalo costato miliardi alla Volkswagen, ha emanato una direttiva a tutela dell’ambiente che colpiva in particolare le emissioni di biossido di azoto, individuandone nelle auto diesel il principale fattore di inquinamento.

L’introduzione delle nuove norme europee RDE (Real Driving Emissions)  è stata propedeutica per la campagna a favore del progressivo blocco per le auto diesel. Al fine di ottenere dati sull’inquinamento quanto più reali possibili, la misura delle emissioni viene ora rilevata anche in condizioni reali di guida su strada tramite particolari strumentazioni installate a bordo delle auto. In particolare le emissioni di NOx (ossido di azoto) non potranno superare di 2,1 volte quanto certificato in laboratorio per ottenere l’omologazione Euro 6, mentre, entro gennaio 2020, questo valore verrà ulteriormente ridotto. Inoltre, oltre alle norme RDE, sono stati introdotti gli standard WLTP (Worldwide-harmonized Light vehicle Test Procedure) al fine di avvicinare i controlli eseguiti in laboratorio a quelli su strada così da avere rilievi quanto più veritieri possibili sulle emissioni.

Chi ha gonfiato le paure anti-diesel

Ad alimentare la crociata contro le auto alimentate a gasolio è stata poi anche la Germania, la patria dove è nato il diesel che prende il nome dal suo inventore sul finire dell’Ottocento, Rudolf Diesel: una sentenza del tribunale amministrativo di Lipsia ha di fatto bocciato l’uso delle auto diesel nei centri urbani anche se ha lasciato liberi i vari municipi di applicare la sentenza. Alcune grandi metropoli come Parigi, Barcellona, Berlino e Amsterdam hanno annunciato lo stop al diesel nel giro del prossimo quinquennio, a prescindere dalla classificazione ambientale. Milano ha intrapreso la stessa strada lanciando dal 25 febbraio l’Area B.

Una campagna contro su scala continentale che se dà forza al partito sostenitore dell’auto elettrica a emissioni zero – il cui capofila mondiale è l’americano Elon Musk, il proprietario di Tesla – colpisce decine di milioni di proprietari di auto Diesel. L’Italia, in particolare, è sempre più sotto osservazione dell’Unione europea per lo smog con la Pianura Padana che si conferma uno delle aree europee più inquinate. L’Ue impone agli Stati di limitare l’esposizione alle polveri sottili (PM10) come concentrazione annua (40 microgrammi per metro cubo, ossia 40 μg/m3) e giornaliera (50 μg/m3), da non superare più di 35 volte l’anno. Pena multe anche miliardarie.

Da qui la raffica di divieti dei comuni contro le auto, con un accanimento del tutto particolare contro quelle diesel anche se è provato che emettono meno anidride carbonica per chilometro dii quelli a benzina e senza tener conto che con gli ultimi dispositivi montati sulle Euro6 oltre al filtro antiparticolato hanno di gran lunga ridotto anche le emissioni di ossido azoto.

La crociata dei Comuni contro il diesel

Addirittura coalizzate in un patto padano antinquinamento contro le auto alimentate a gasolio sono quattro Regioni del Nord: Piemonte, Lombardia, Veneto e Emilia-Romagna che quest’anno hanno imposto le prime limitazioni permanenti in atto da ottobre fino alla fine di marzo. Si tratta di misure più severe rispetto a quelle dello scorso inverno: da quest’anno, infatti, il divieto di circolazione nei giorni feriali vale anche per i veicoli diesel Euro 3 (oltre che per i mezzi benzina Euro 0, diesel Euro 0, diesel Euro 1 e diesel Euro 2) indipendentemente dai livelli d’inquinamento.

Dal lunedì al venerdì, dalle ore 7.30 alle ore 19.30, il blocco colpisce quasi 2 milioni e 300mila vetture diesel, circa il doppio di quelle bloccate l’inverno precedente. Le aree principalmente interessate al blocco sono i centri urbani con popolazione superiore ai 30.000 abitanti. A Modena, in casi di emergenza ambientale sul fronte del Pm10 o del biossido di azoto NO2, è stato deciso già lo stop anche ai diesel Euro 4.

Il blocco padano della auto diesel varrà anche per i prossimi anni con lo stop esteso anche ai diesel Euro 4 a partire dal 1 ottobre 2020. Due anni dopo stessa sorte anche agli Euro 5.

A Milano il blocco alle auto diesel Euro 3 non finisce il 31 marzo 2019 come stabilito nell’intesa tra le quattro Regioni padane. Il 25 febbraio scatta l’Area B, tra vivaci proteste dei commercianti e degli artigiani, ben appoggiati dalle opposizioni politiche (Forza Italia ha promosso perfino un comitato “No area B” su Facebook): da quel giorno praticamente il capoluogo lombardo mette definitivamente al bando le auto diesel Euro 3 che di fatto possono circolare solo ai bordi della città. Attivi più di 180 varchi per controllare le violazioni, mentre gli automobilisti sono avvisati con apposita segnaletica orizzontale. Si tratta di una delle zone a traffico limitato più grandi d’Europa, visto che coinvolgerà ben il 72% del territorio della città.

Un blocco permanente quello di Milano, dal lunedì al venerdì, per tutti i 12 mesi dell’anno a prescindere dai rilevamenti della qualità dell’aria, come del resto avviene già in altre metropoli europee come Parigi, Bruxelles, Berlino e Barcellona. E questo è solo il primo passo di un programma che si svilupperà nell’arco del prossimo decennio con una serie di restrizioni sempre più “mortali” per le diesel anche di ultima generazione fino all’Euro 6. Un fiorire di divieti che non dà scampo che si possono così riassumere:

  • dal 25 febbraio 2019 stop all’accesso all’area B alle automobili a benzina Euro 0, ai diesel Euro 0, 1, 2 e 3, e per le autovetture a doppia alimentazione gasolio-Gpl e gasolio-metano Euro 0, 1, 2;
  • dal 1° ottobre 2019 il divieto si estenderà anche ai diesel Euro 4 e diesel Euro 0, 1, 2, 3, 4 con filtro antiparticolato (Fap) after-market installato dopo 31 dicembre 2018;
  • al 1° ottobre 2020, i divieti coinvolgeranno anche le auto a benzina Euro 1 e i veicoli commerciali diesel Euro 4;
  • dal 1° ottobre 2022 le auto a benzina Euro 2 e le diesel Euro 5;
  • dal 1° ottobre 2025 non potranno entrare le auto a benzina Euro 3 e le auto diesel Euro 6 leggeri A-B-C acquistati dopo 31 dicembre 2018

Ci saranno dei bonus, cioè un numero prestabilito di accessi ogni anno. Nel primo anno sono consentiti 50 accessi a tutti. Dal secondo anno in poi, i residenti avranno un bonus di 25 accessi all’anno, tutti gli altri solo 5. Ogni infrazione prevede una multa che inizialmente è fissata in 80 euro.

Ma non è solo nel quadrilatero padano che si è scatenata la battaglia contro il Diesel. Ovunque si vada in Italia si rischia di imbattersi in divieti e limitazioni. Anche Firenze ha imboccata la strada dei divieti fino all’Euro3 a prescindere dalle condizioni dell’aria. A si è deciso il blocco per le auto diesel fino a Euro3 sull’intero territorio cittadino per le giornate di lunedì, mercoledì e venerdì nella fascia oraria tra le 9 e le 12.30 e tra le 14.30 e 16.30. Il blocco in vigore dal 1° ottobre durerà fino al 31 marzo.

A Roma la sindaca Raggi ha più volte dichiarato che a partire dal 2024 le auto diesel non potranno più circolare ne centro storico. Un’autentica giungla di normative e blocchi sparsi da Nord a Sud dove è sempre più difficile destreggiarsi con il rischio di incappare in multe anche esageratamente salate. Per evitare spiacevoli sorprese conviene perciò innanzitutto sapere esattamente la classificazione ambientale del proprio veicolo, riportata nel riquadro 3 del libretto (in alternativa è possibile verificarla collegandosi al sito www.ilportaledellautomobilista.it e inserendo la targa). Opportuno anche consultare ogni volta il sito del comune dove ci si reca per conoscere l’esistenza o meno di limitazioni.

Quanto si svaluta il mio diesel

Un motore affidabile, di provata resistenza capace di superare anche i 200mila km senza mai creare grossi problemi, un prezzo alla pompa di gran lunga favorevole rispetto alla benzina, il diesel ha vissuto due decenni di continua crescita fino a superare nel parco macchine in circolazione quelle alimentate a benzina. Ma con la raffica di restrizioni e divieti di circolazione decise dai Comuni, con le case automobilistiche che annunciano lo stop alla produzione di motori diesel nel giro di pochi anni (ad esempio la Fca dal 2022) e che già hanno immesso sul mercato, specialmente nel segmento delle citycar, il modello a benzina rinunciando definitivamente alla versione a gasolio, chiedersi se un’auto diesel rischia una pesante e repentina svalutazione ha tutto l’aria di essere una domanda che non lascia dubbi sulla risposta soprattutto per chi possiede un’auto diesel Euro3 o inferiori.

Una prospettiva che penalizza una vastissima platea perché secondo i dati presenti nell’archivio della Direzione generale per la motorizzazione risulta che i veicoli diesel Euro3 o di classificazione ambientale inferiore tuttora immatricolati regolarmente sono oltre 8,2 milioni, pari a quasi il 16% dell’intero parco mezzi italiano.

Un po’ di cose da sapere

Pur essendo per tutti i proprietari una situazione negativa da affrontare, lo è meno decisamente per chi abita in zone rurali, fuori dalle grandi città e dei centri urbani con più di 30mila abitanti e che per la stragrande maggioranza del tempo circola su strade extraurbane dove il proprio diesel Euro3 o inferiore non incontra restrizioni e divieti. Per chi abita in città la situazione è decisamente più complicata: per evitare come soluzione estrema la rottamazione con i relativi incentivi sull’acquisto di una nuova vettura, può cercare di permutarla visitando di persona o via internet i saloni delle case automobilistiche che, avendo deciso di abbandonare (o già abbandonato come la Toyota) la produzione di auto diesel, propongono a prezzi scontati vetture a gasolio Euro5 che hanno davanti a sé ancora almeno un triennio di libera circolazione anche in città come Milano.

Possibile è la permuta della propria auto diesel per comperare presso la stessa casa (o ancora meglio presso lo stesso concessionario) una vettura a benzina o ibrida. Una strada che alcune società stanno promuovendo; come la Bmw in Germania, che viste le politiche restrittive decise da alcuni Lander, ha deciso di concedere ai propri clienti – che abitano o lavorano entro 100 km dal comune che ha imposto il blocco ai diesel – di permutare senza costi aggiuntivi le proprie vetture a gasolio in cambio delle equivalenti a benzina o ibride.

Le stesse problematiche di chi possiede un Euro3 tormentano anche i proprietari di diesel Euro4: ovviamente la svalutazione è per ora minore ma tra un anno rischiano di finire nel parco macchine colpite da restrizioni.

Per questa categoria di proprietari potrebbe essere vantaggiosa anche una vendita diretta a soggetti che abitando fuori dei centri urbani non sono colpiti dalla raffica di stop. Per chi possiede un diesel Euro5 e soprattutto un Euro6, problemi immediati non si presentano. Per almeno tre anni fino al 2022 il primo, per oltre un quinquennio il secondo potranno circolare liberamente avendo il giusto tempo per scegliere il modo migliore di sfruttare e valorizzare la propria vettura.           

Vale ancora la pena comprare un’auto diesel?

Ancora nel 2017, cioè due anni dopo lo scoppio del Dieselgate della Volkswagen, le immatricolazioni di auto diesel in Italia segnavano un ulteriore del 3,8% anche grazie ad una politica a una serie di incentivi adottata dalle marche d’auto e da un prezzo del gasolio generalmente più conveniente rispetto alla benzina. Ma la granitica fiducia è venuta improvvisamente meno di fronte all’ondata di divieti e limitazioni e dal settembre 2018 le immatricolazioni hanno accentuato la frenata che ha assunto le dimensioni del crollo negli ultimi mesi.

In questo scenario di “rompete le righe” c’è da chiedersi a chi convenga oggi comprare un’auto diesel. Non certamente a una persona che abita nelle grandi città o comunque in centri urbani con più di 30mila abitanti. Rischierebbe di lasciare troppe volte l’auto ferma sotto casa o in garage. Discorso diverso per chi abita in zone extraurbane che per motivi di lavoro percorre almeno 25-30mila km all’anno. In questo caso potrebbe essere conveniente per risparmiare acquistare anche sul mercato dell’usato dove si allargano le occasioni a prezzi decisamente appetibili. Per chi vuole guidare un diesel anche Euro6 di ultima generazione evitando qualsiasi rischio di senza avere problemi di svalutazione è consigliabile, più che l’acquisto, la formula del noleggio a lungo termine.

Quale auto al posto del diesel?

Fuggire dal diesel ma come sostituirlo? Mai l’industria automobilistica si è trovata di fronte a una rivoluzione sulla frontiera del nuovo come in questi anni, una discontinuità che impone massicci investimenti in tecnologia scommettendo su un futuro prossimo tutto da impostare e sviluppare. La parola magica è l’auto elettrica, quella a emissioni zero. Si dice che complessivamente nel mondo le case automobilistiche vi abbiano investito circa 250 miliardi di dollari.

Uno studio della Deloitte prevede che entro il 2030 circoleranno 24 milioni di vetture a emissioni zero ma a tutt’oggi per la mancanza di una rete capillare di centraline sul territorio – in Italia sono meno di 4mila, pari a una ogni 15mila abitanti e la ricarica può durare anche ore a seconda della potenza della fonte di rifornimento – abbinata alla limitata autonomia fa sì che l’auto elettrica, se fa bene all’ambiente, potrebbe creare stati d’ansia sconosciuti a chi fino a oggi guidava un rassicurante diesel. Senza parlare del prezzo che resta superiore ai 32mila euro per l’auto elettrica più…conveniente.  

In attesa che l’auto elettrica (identificata con l’acronimo Bev, cioè battery electric vehicle) risolva i suoi problemi di ricarica, di autonomia e anche di prezzo, chi lascia il diesel, se vuol fare una scelta ecologicamente comunque sostenibile – scartando la benzina – può puntare sull’ibrido, che come l’elettrico, ha via libera e gratuita anche nei centri storici. Si distingue in tre tipi:

  • Mild Hybrid: con tale termine si identiifca un’auto fornita di motore elettrico che anche se non permette al veicolo di muoversi con l’alimentazione elettrica nemmeno per brevissimi tratti, l’aiuta a ridurre le emissioni del motore tradizionale in modo tale da essere omologata da ibrida con permesso di entrata nelle Ztl. Ed è proprio nel segmento delle Mild Hybrid che alcune case automobilistiche – ad esempio la Vw e la Kia – stanno sviluppando nuovi motori diesel ibridandoli al pari di un motore a benzina.     
  • Full Hybrid identifica un’auto con due motori, uno a benzina, l’altro elettrico la cui batteria viene ricaricata in decelerazione e frenata, tipico procedere nel traffico cittadino, in modo tale da permettere al veicolo di viaggiare solo in elettrico nel traffico urbano con emissioni locali a zero.Tra le più poplari Full Hybrid è la Prius di Toyota, l’auto più diffusa tra i tassisti milanesi.
  •  Phev (Plug-in Hybrid Electric Vehicle) identifica un tipo di automobile a propulsione ibrida le cui batterie possono essere caricate anche senza l’ausilio del motore a combustione interna, utilizzando una fonte di energia elettrica esterna collegata attraverso sistemi a cavo o wireless. Ideale per chi ha la possibilità di installare nella sua abitazione un wallbox – circa 700 euro il costo – per la ricarica “privata”.

Commenta