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Asset allocation: da Nvidia, Treasury e Fed i nuovi drivers. L’AI è la “punta giovane” che ben promette: parla Cesarano (Intermonte)

Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte, vede in alcuni recenti avvenimenti un cambio di rotta che offre indicazioni utili per gli investori. E ne dà una lettura “calcistica”

Asset allocation: da Nvidia, Treasury e Fed i nuovi drivers. L’AI è la “punta giovane” che ben promette: parla Cesarano (Intermonte)

Ci sono stati nei giorni scorsi, soprattutto sul mercato Usa, alcuni avvenimenti che sono visti come elementi chiave per l’interpretazione dei mercati e quindi estremamante utili per gli investitori alle prese con le scelte da adottare riguardo la composizione del portafoglio. Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte segnala in particolare tre avvenimenti che hanno dato utili informazioni: la trimestrale di Nvidia, l’asta del titolo di stato a 20 anni Usa e le minute della Fed. E ne dà una lettura con metafora calcistica. Vediamo in che modo.

Volendo scegliere tra tutti gli eventi accaduti negli ultimi giorni, quali ritiene siano stati quelli che hanno dato le migliori informazioni agli investitori alle prese con l’asset allocation?

Nei giorni scorsi sono stati tre gli appuntamenti che hanno restituito indicazioni utili per gli investitori: la trimestrale Nvidia, l’asta Treasury 20Y e le minute della Fed. In occasione della pubblicazione della trimestrale di Nvidia, l’ad è riuscito a far percepire come credibile il mantenimento degli strabilianti ritmi di crescita degli utili per il futuro, definendo la domanda di AI al “tipping point”, ossia ad un punto di svolta. In altri termini, l’incremento della domanda globale sarebbe solo agli inizi. L’asta sull’obbligazionario Usa relativa al Treasury con scadenza ventennale è stata male accolta e diverse altre metriche segnalano la stanchezza del mercato obbligazionario. La forte sete di bond di inizio anno è stata in buona parte soddisfatta dal copioso primario delle prime settimane del 2024. Infine le minute del meeting Fed di gennaio hanno indicato che non c’è fretta nel taglio dei tassi ma, nel frattempo, a marzo si discuterà del rallentamento del calo bilancio.

In che modo possiamo interpretare il mercato sulla base di questi tre elementi?

I tre elementi aiutano a capire lo schieramento di mercato in atto (azionario ai massimi storici in diverse parti del mondo malgrado UK, Giappone e probabilmente Germania in recessione), che può essere associato ad una metafora calcistica.

Come vede la metafora calcistica?

Innanzitutto vedo l’attacco con due punte
• Nvidia con la capacità di trasformare l’AI in utili è la punta “giovane”, che mette a segno già molti goal ad appena 18 anni e che quindi promette anche meglio in futuro.
• Le aziende di settori più maturi che aumentano velocemente i pay out ratios, distribuendo quote crescenti di utile sotto forma di Buy Back e dividendi rappresentano la punta più esperta che se la cava d’esperienza, mettendo in campo soprattutto capacità di tradurre in goal la posizione. Da notare che chi è stato meno generoso nei pay out ratios in diversi casi è stato penalizzato (non solo, ma anche per questo), come ad esempio Apple (-4% YTD).

In difesa ci mette le banche centrali?

Una squadra vincente non può prescindere da un’ottima difesa con pochi goal incassati:
• La Fed che para i colpi per le banche regionali con linee di liquidità ad hoc (la BTFP) ed altre già presenti che vengono utilizzate a piene mani (la Reverse Repo che si sta velocemente svuotando da circa $2500 mld agli attuali 550 mld circa). à La Fed promette di tenere sempre ben coordinata la difesa, dichiarando che al prossimo meeting del 20 marzo discuterà approfonditamente del bilancio, ossia non lascerà che il sistema vada in crisi di liquidità nel momento in cui alcune linee scadano e/o si azzerino.
• La BCE che ha erogato liquidità alle banche attraverso la remunerazione crescente offerta sui depositi, ora al 4%, al punto che (anche per questa ragione, oltre che per le minus sui titoli acquistati nella fase di tassi zero) nel 2023 ha chiuso il bilancio in perdita di €1,3 mld, per la prima volta in un ventennio.

Chi resta in panchina?

• Le Mid&Small Caps rimangono in panchina in attesa che “l’interruttore” tassi volga al ribasso. I principali indici sulle Mid&Small Caps globali (Russell 2000 in testa) sono praticamente fermi da inizio anno.

Allievi?

Sarà il settore della difesa europea, verso cui verosimilmente verranno dirottate ingenti risorse anche dalla transizione energetica. Ne ha fatto cenno la Von Der Leyen dopo la candidatura ufficiale al secondo mandato come Presidente della Commissione e ne hanno discusso i ministri delle Finanze dell’Ecofin, con particolare attenzione alle modalità di funding, ossia bond congiunti/Bei

Che cosa accade in Giappone e in Cina nel frattempo?

Il Giappone approfitta sia della recessione (che rinvia l’aumento dei tassi da parte della BoJ, tiene debole lo Yen e supporta l’export) sia della sfiducia della Cina. I capitali in fuga dalla Cina beneficiano India e Giappone. La Cina, consapevole di aver perso la fiducia degli investitori esteri per gli effetti della politica della prosperità comune, gioca in autonomia, varando un mega piano governativo di buy back su azioni/etf, soprattutto mid-small, e stringendo le maglie sulle vendite allo scoperto. Risultato: gli indici CSI risalgono ed il retail cinese con in mano quantitativi ingenti di titoli indicizzati agli indici mid/small riduce il rischio di perdite quando scadranno intorno a metà anno.

E il mercato obbligazionario?

In tutto questo il mercato obbligazionario “tira il fiato” sull’onda di enormi emissioni sul primario, quasi sempre ottimamente accolte, ma poco alla volta la domanda inizia ad essere sazia.

Che cosa accadrà in prospettiva sui vari fronti? Quali sono le migliori opportunità per entrare nel mercato?

La curva al rialzo dei tassi tra febbraio e marzo può offrire opportunità di ingresso in vista di una Fed che inizia ad intervenire sulla liquidità, molto prima che sui tassi. Sui tassi le manovre probabilmente arriveranno nella seconda parte dell’anno (orientativamente la partenza è prevista tra giugno e luglio), di fronte a segnali di stabilizzazione dell’inflazione (l’ultimo miglio del calo è la parte più ostica e più foriera di dubbi e prudenza), ma nel frattempo la liquidità sarà la manovra principe della Fed.

Con i tassi progressivamente in calo dal secondo trimestre/semestre, potrebbero ritornare in gioco i “panchinari” ossia le mid small cap, come già accaduto tra novembre e dicembre 2023. Questo senza che in assoluto i giocatori del girone di andata (AI e aziende con alto pay out ratio) performino male, se mai solo in senso relativo. L’oro, dal canto suo, potrebbe continuare a beneficiare del trend di diversificazione dal dollaro delle banche centrali globali con obiettivo 2330/2500 entro fine anno.

Riguardo il cambio dell’euro, vede diversi comportamenti nel corso dell’anno?

L’oscillazione del cambio euro/dollaro è attesa nel range 1,06/1,13 per l’anno, ma con qualche distinguo da fare. Nel primo trimestre sarà mediamente più forte il dollaro (l’economia europea offre il peggio di sé in questa fase), nel secondo trimestre ci sarà un ritorno del dollaro verso 1,10 in vista delle prime manovre della Fed sul bilancio, nel terzo trimestre di nuovo il dollaro sarà più forte (nel periodo della ricostituzione delle scorte di gas da parte dell’Europa), il quarto trimestre più incerto: da un lato l’incertezza per le presidenziali Usa e dall’altro l’effetto delle manovre espansive della Fed.

E per quanto riguarda lo spread?

Lo spread nel primo semestre sarà sorretto da due fattori in particolare: l’acquisto di Btp da parte delle banche per sostituire in parte il margine di interesse con la Bce con quello sui BTP e le privatizzazioni i cui incassi alimentano il fondo ammortamento debito che potrebbe rivelarsi utile nel secondo semestre, quando la Bce progressivamente azzererà i reinvestimenti del piano PEPP, con l’azzeramento degli acquisti di BTP. Le incognite come sempre sono numerose: oltre alla geopolitica, anche le elezioni Usa con la possibile vittoria di Trump, che nel 2016 portò a un rialzo dei tassi, ma anche a un forte beneficio per mid&small caps.

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