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Argentina, il candidato Milei che ricorda Trump e Bolsonaro spaventa i mercati: dollaro alle stelle e gli hedge fund scommettono contro

Il candidato dell’estrema destra, uscito vincitore dalle primarie, è ora favorito per la presidenza ma la sua ascesa già sta provocando danni: nel cambio parallelo, il dollaro è arrivato a sfiorare gli 800 pesos e gli scaffali dei supermercati si stanno svuotando

Argentina, il candidato Milei che ricorda Trump e Bolsonaro spaventa i mercati: dollaro alle stelle e gli hedge fund scommettono contro

Javier Milei, l’outsider che ha stravinto le primarie in Argentina, è adesso favorito alle presidenziali del 22 ottobre, ma intanto sta già mettendo a soqquadro il già fragilissimo assetto finanziario del Paese sudamericano. 

La vittoria di Milei alle primarie

L’anarcocapitalista, come ama definirsi, ha ottenuto un mese fa la preferenza di un argentino su tre, consacrandosi come il candidato della destra, che andrà a sfidare la maggioranza uscente, i peronisti guidati dall’attuale ministro dell’Economia Sergio Massa. Milei rappresenta però la destra più estrema, quella populista e sovranista, anti-Mercosul e persino anti-Cina, che propone la dollarizzazione totale dell’economia argentina e ancora più austerità rispetto alle ricette già abbastanza “Fmi friendly” del governo uscente. 

La sua figura ricorda quella di leader come Trump e Bolsonaro, assolutamente elitari come orientamento politico ma paradossalmente rappresentanti delle fasce più disagiate e lestissimi nel farsi trovare pronti a dare risposte alla rabbia contro le diseguaglianze sociali. 

Milei ricorda Trump e Bolsonaro: il cambio col dollaro impazzisce

Se il buongiorno si vede dal mattino, tuttavia, la ricetta Milei è destinata a non funzionare: dopo le primarie dello scorso 13 agosto, il cambio col dollaro – sia ufficiale che parallelo, il cosiddetto “blue” – è esploso ai massimi di sempre. Quello ufficiale è schizzato oltre i 350 pesos a fine agosto, dai 288 di inizio mese, mentre il “blue” è arrivato a sfiorare gli 800 pesos, stabilizzandosi nella prima settimana di settembre sopra i 700 pesos, dai 605 della settimana prima del voto. 

Valori abnormi, che hanno avuto immediate e drammatiche conseguenze nell’economia reale: gli scaffali dei supermercati di Buenos Aires e dintorni, nelle ultime settimane, hanno iniziato a svuotarsi, in particolare i reparti destinati a prodotti come bevande, riso, farina, persino l’apprezzatissimo mate, la bevanda preferita degli argentini. Insomma generi di prima necessità, soprattutto importati, di cui molti negozi non sono più stati in grado di rifornirsi a causa della strategia speculativa di diverse imprese, che notando una tendenza rialzista dei prezzi stanno aspettando prima di consegnare i prodotti, per non venderli a un valore meno conveniente di quello che potrebbe essere qualche giorno o qualche settimana dopo. 

Milei falco sull’inflazione

In Argentina l’inflazione è un problema da decenni, ma nell’ultima fase del governo Fernandez è salita a livelli da record, toccando quest’anno a giugno il 115% su base annua. In questo caso c’entra poco Milei, che però a differenza del suo sfidante Massa – che sta facendo di tutto per convincere il Fondo Monetario Internazionale a concedere nuovi finanziamenti e che tratta giorno e notte con le imprese per contenere l’inflazione (che infatti a luglio è rallentata) – ha un atteggiamento da falco: vuole chiudere la Banca centrale argentina e adottare ufficialmente il dollaro, senza vie di mezzo.

I mercati finanziari sono ovviamente scettici: il Financial Times ha scritto che nelle ultime settimane gli hedge fund scommettono sempre di più contro i titoli argentini, a riprova di un clima negativo. L’Argentina è esposta in obbligazioni con le banche estere per 41 miliardi di dollari: prima delle primarie erano 25 miliardi.

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