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Apple ha troppa paura di sbagliare: mercati e governi non fanno sconti

La stangata fiscale della Commissione europea e la rabbia degli Usa per il fatto che i profitti di Apple finanzino il sistema sanitario irlandese anzichè quello americano testimoniano che il soft power del gigante di Cupertino nei confronti dei politici è svanito ma la gente si aspetta sempre miracoli da Apple che non può vivere sugli allori

Apple ha troppa paura di sbagliare: mercati e governi non fanno sconti

La paura di sbagliare sta paralizzando la Apple. Non è che sia un sentimento che non possa essere compreso. Il mercato, l’opinione pubblica e i governi non fanno alcun sconto alla Apple, anzi c’è un po’ di sadismo nei confronti del gigante di Cupertino e dei suoi passi falsi.

Prendiamo il mercato: il rapporto prezzo-utili (PE Ratio) della Apple è ridicolo: dieci punti in meno rispetto alla media dell’indice S&P 500. Segno che il mercato è molto più di scettico sulla capacità di Apple di rimanere dov’è: le vengono preferiti i moonshots X projects di Alphabet (PE Ratio superiore di 15 punti ad Apple), progetti che non si sa ancora bene se siano lo script per una fiction di fantascienza o qualcosa di effettivamente concreto.

Prendiamo i governi: il soft power della Apple nei confronti dei politici è svanito. Come il nostro Renzi sono in molti gli aficionados di Apple in privato, ma in pubblico è un altro discorso. La Commissione europea, con un guizzo alla Boninsegna, ha voluto bastonarla di brutto, bastonando di rimbalzo il paese più europeista in tempi di Brexit: l’Irlanda ha un enorme debito di riconoscenza verso Apple, pari forse a quello che ha nei confronti dell’Europa, da quando Steve Jobs, nell’ottobre del 1980, tagliò il nastro tricolore a Cork per inaugurare la prima fabbrica della Apple fuori dagli Usa. adesso nel campus di Hollyhill a Cork lavorano 6mila irlandesi ed Apple ha annunciato di muovere nel campus di Cork anche anche la succursale di Lussemburgo che gestisce il business di Tunes. Per l’Irlanda è una buona notizia, per il Lussemburgo di meno. Negli anni seguenti al 1980 le altre grandi multinazionali tecnologiche hanno seguito Apple in Irlanda e l’hanno seguita nel bene, creando ricchezza, e nel male, sfruttando oltre un limite accettabile il regime fiscale di quel paese.

Gli americani sono furiosi all’idea che con i soldi di Apple si debba finanziare il sistema sanitario irlandese invece di quello USA. “Il nostro sistema fiscale deve creare occupazione e business in America — punto”; così si è espressa, sul “New York Times”, Elizabeth Warren, l’alter ego di Bennie Sanders, con un seguito esagerato nel Partito Democratico. Nello stesso articolo ha chiesto il rimpatrio dei profitti di Apple senza sconti di sorta. Così la Warren ha chiuso il proprio intervento sul quotidiano di New York: “devono pagare il dovuto come fanno da sempre le famiglie e le piccole imprese”. Un costo per Apple che vale il progetto di Apple Car, che in effetti è stato abbandonato proprio alla luce di questi sviluppi.

Troppa pressione, troppe aspettative

In realtà il problema di Apple non è questo. Sono pieni di soldi come Paperone e alla fine pagheranno le tasse agli irlandesi e rimpatrieranno i profitti, che dal 35% attuale saranno tassati al 15% o meno, se la Clinton conquista la Casa Bianca.

Il problema vero è ciò che la gente si attende dalla Apple e le conseguenze del successo, fuori dall’ordinario, dell’iPhone. Da cinque anni il mondo si aspetta dalla Apple quel qualcosa di speciale a cui l’aveva abituato Steve Jobs. Cinque anni sono molti e in tanti stanno cominciando a interrogarsi serenamente se la Apple post-Steve Jobs, sia la stessa di quella che ha dato vita all’iPod, all’iPhone, all’iPad e al MacAir.

Sta succedendo che l’innovazione di Apple si sta esprimendo in modo diverso e in modo più convenzionale e ciò alla fine ha lasciato un po’ l’amaro in bocca: si è verificato un “mild disappointment” come scrive il Financial Times in un editoriale sui cinque anni di Apple senza Jobs. Non è che Tim Cook abbia fatto male, tutt’altro. Il quotidiano finanziario di Londra, che non è certo tenero con Cupertino, nello stesso editoriale ha lodato il lavoro di Cook riconoscendogli degli importanti successi: “Non solo la Apple è rimasta solida, ma ha prosperato e Cook è riuscito a tenere insieme i suoi talenti senior”, ha scritto.

La Apple trabocca di idee e di talenti, eppure sembra che questa immensa ricchezza intellettuale e umana non si canalizzi più in prodotti esplosivi. È come se la corrente dell’innovazione e del design esplosivo del grande fiume di Steve Jobs abbia perduto forza lasciando un delta paludoso dove solo alcuni rami raggiungono il mare. È la paura di sbagliare che, alla fine, provoca tutto questo. Il coraggio di chi ha parlato Phil Schiller presentando la nuova soluzione per le cuffiette dell’iPhone 7, è un termine che in casa Apple non può essere usato in quel contesto minimalista, deve riferirsi a un contesto ben differente.

Cook dice che c’è una pipeline spaventosa di nuovi prodotti, ma alla resa dei conti non sembrano molto di più di moonshots X di Google.
Che cosa sta accadendo alla Apple e che cosa c’è da attendersi. Ne discute Farah Manjoo sul “New York Times” nella sua rubrica del lunedì “The State of the Art”. Abbiamo pensato di portare a conoscenza del lettore italiano, l’opinione di questo insider che ha sostituito al quotidiano di New York il rimpianto David Carr. Si può dissentire da Manjoo, ma le sue considerazioni meritano una riflessione, perché esprimono bene l’opinione di quella parte di osservatori e consumatori che pensano, senza drammi, che l’innovazione vera si sia arrestata e che ci sia bisogno di fare di più.

Di seguito offriamo la traduzione italiana del suo articolo “Never mind the absent headphone jack. What’s missing is the dazzle”. Buona lettura e si può senz’altro non essere d’accordo con Manjoo come accade a noi. Dopo tutto ogni cosa non può essere “dazzle”.

Una pausa troppo lunga nella creatività di Apple?

Certo, è piuttosto seccante che il nuovissimo iPhone – 7 e 7plus presentato a San Francisco la scorsa settimana e disponibile al pubblico dal 16 settembre — non abbia una porta per attaccarci il cavo delle cuffie. Ma ci abitueremo presto a questa novità.

L’assenza del jack delle cuffiette è lungi dall’essere la peggiore delle deficienze nel lancio dell’ultimo prodotto della Apple. Piuttosto è il sintono di un problema più profondo che inizia a interessare tutta linea dei prodotti della Apple: l’estetica della Apple sta evaporando.
Apple sta dissipando il suo vantaggio nel design del software e dell’hardware. Sebbene i nuovi iPhone abbiamo molte novità interessanti, come l’impermeabilizzazione e una telecamera migliore, somigliano troppo ai precedenti. Lo stesso vale per il nuovo Apple Watch. Visto che i concorrenti hanno preso molto dal design della Apple e lo stanno addirittura sorpassando, ciò che una volta era iconico nei prodotti Apple, computer, telefoni, tablet e altro, oggi inizia ad apparire comune.

Si tratta di una valutazione personale che la Apple respinge. La società della mela dice che non può cambiare il design per il piacere di cambiare; centinaia di milioni di persone hanno un iPhone con il design attuale; che bisogno c’è di cambiare qualcosa che ha avuto un enorme successo? In un video che accompagna la presentazione dell’iPhone 7, Jonathan Ive, il capo del design Apple, ha definito l’iPhone 7 “l’evoluzione più consapevole” della sua visione di smartphone.

Un sentimento condiviso

Comunque ci sono molti segnali che la mia critica al design della Apple è condivisa. Una volta il design della Apple mandava in sollucchero i designer industriali e i critici tecnologici; oggi si vede più disorientamento che sollucchero.

Lo scorso anno la Apple ha messo fuori una custodia caricabatteria per iPhone 6s che sembrava buffamente gravida – “Qualcosa di imbarazzante sul piano del design” ha commentato “The Verge” (una testata tecnologica del gruppo Vice Media) – e un mouse ricaricabile con l’attacco alla corrente sul fondo così che per ricaricarlo lo si doveva ribaltare. E il telecomando di Apple TV contravveniva la prima regola del design di questo tipo di dispositivo: non si può progettare simmetrico perché al buio si rischia di non sentire al tatto quale tasto si sta premendo. (Un consiglio: meglio mettere un bordo in plastica sul fondo così da capire quale parte è orientata verso il televisore).

Poi c’è il design dell’interfaccia utente. L’ Apple Watch, anch’esso lanciato lo scorso anno, sembrava ben progettato (e alcuni dei suoi cinturini sono veramente sbalorditivi), ma la sua interfaccia era così confusa che occorreva parecchio tempo per imparare a utilizzarla a tal punto che la Apple è stata costretta a tornare al tavolo di progettazione per costruire qualcosa di più semplice. In un aggiornamento rilasciato rapidamente, l’interfaccia dell’orologino appariva parecchio semplificata.

La stessa cosa si è ripetuta con Apple Music. Dopo che il nuovo servizio di streaming è stato ampiamente criticato per la sua confusa varietà di opzioni, Apple quest’anno ha completamente riprogettato l’interfaccia.

Qualcosa che non va?

Non si tratta solo dei difetti di progettazione e di design di alcuni prodotti Apple. Il problema maggiore è l’assenza di attrattiva. Recentemente mi sono confrontato sulle scelte estetiche della Apple con parecchi amici esperti di tecnologia. Ho chiesto “Qual è l’ultimo prodotto della Apple che vi ha veramente impressionato?”.

C’è stato un coro a favore del MacBook, l’incredibile sottile (anche se funzionalmente problematico) laptop che la Apple ha presentato lo scorso anno. Ma la maggior parte degli interpellati era diviso tra l’iPhone 4 e l’iPhone 5 – due smartphone dal disegno audace che sono stati immediatamente riconosciuti come senza uguali sul mercato.

L’Iphone 5, in particolare, è un gioiello; per me i lati piatti, i bordi smussati e la qualità dei materiali ha qualcosa di miracoloso come se Ive fosse stato ispirato da un Dio nella sua ermetica stanzetta bianca. Ma l’iPhone 4 e l’iPhone 5 sono stati rilasciati nel 2010 e nel 2012. Bisogna andare alle passate elezioni presidenziali per trovare un design della Apple capace di sedurre gli occhi; c’è qualcosa che non va.
Le difficoltà nel design sollevano due questioni: quanto è grave il problema? E, come Apple può risolverlo?

Il primo: non è grave, ma è urgente. Nonostante un rallentamento nella crescita, Apple è ancora di gran lunga l’impresa più profittevole del mondo nel campo dell’elettronica di consumo. Le rilevazioni sulla soddisfazione del cliente mostrano che i consumatori amano i suoi prodotti. E anche se gli esperti di tecnologia non vanno più in delirio per il design della Apple, ci sono ancora pochissimi segnali che le loro lamentele abbiano un qualche effetto sulle vendite.

Malgrado le critiche, Apple Music ha registrato 17 milioni di abbonati in un solo anno. Apple non rivela i dati di vendita del Watch, ma molti analisti credono che le vendite siano state brillanti e la soddisfazione del cliente è alle stelle. E l’iPhone si è dimostrato sorprendentemente duraturo; come ho affermato lo scorso anno, l’iPhone è la scommessa più sicura nell’ambito dell’industria tecnologica. Il pericolo reale sta nella reputazione a lungo termine della Apple. Grande parte del brand della Apple è costruito sul design e sulla sensazione che tutto ciò che Apple partorisce è d’avanguardia.

Perché Apple non può permettersi di vivere sugli allori

Due anni fa, il designer Khoi Vinh, ex-direttore creativo del “New York Times” e adesso in Adobe, ha riassunto l’unicità della Apple con queste parole: “Se esiste un filo conduttore che attraversa ogni singola parte dell’hardware Apple, esso è la convinzione, cioè la sensazione che i suoi designer credono con ogni cellula del loro corpo che il fattore forma che creano è il risultato di infinite messe a punto e correzioni che alla fine produce la migliore e unica scelta sulla forma di quel particolare prodotto”.
Ma nel giudicare l’iPhone 6, allora la novità, Vinh ha avuto la sensazione che Apple sia finito fuori rotta.

Mentre l’iPhone 5 aveva linee limpide e sofisticate che lo distinguevano da qualsiasi altro prodotto, “la forma dell’iPhone 6 sembra priva di ispirazione, modellata sulle forme superate del primo iPhone e appena distinguibile dagli innumerevoli differenti telefoni che avevano scimmiottato quella forma”, ha scritto Vinh.

Era il 2014. Oggi a due anni di distanza abbiamo lo stesso design di quell’iPhone. La Apple ci ha abituato a un iPhone ridisegnato ogni due anni, ma adesso avremo tre anni senza un nuovo iPhone. Mentre la Apple ha rallentato la sua cadenza nell’innovazione del design, i suoi rivali l’anno accelerata. Lo scorso anno Samsung ha rifatto la sua linea di smartphone Galaxy in un nuovo design di vetro-metallo che è praticamente identico a quello dell’iPhone. Poi è andata oltre. Nel corso di pochi mesi, Samsung ha messo fuori molte migliorie nel design che sono culminati nel Note 7, un telefono di grandi dimensioni che è stato universalmente apprezzato da critica e pubblico. Con i suoi bordi curvati e lo schermo da un lato all’altro del dispositivo trae in inganno: sebbene sia fisicamente più piccolo dell’iPhone di grande formato, in effetti ha uno schermo più grande. Così grazie a un design intelligente ha potuto ottenere di più da una cosa più piccola – esattamente quel tipo di soluzione che una volta ci si attendeva dalla Apple.

Una puntualizzazione importante: Il software di Samsung è ancora pomposo e la sua reputazione sulla capacità di costruire prodotti di qualità ha ricevuto un grave colpo quando ha annunciato che richiamerà e sostituirà il Note 7 a causa di un difetto della batteria che esplode spontaneamente.

Se fare un dispositivo che non esploda è indice di esperienza nel design, allora Apple è ancora avanti a Samsung. Ma le battute d’arresto dei rivali di Apple non sono destinate a durare. Apple non può permettersi di riposare sugli allori del passato.

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