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Annuario del lavoro 2023: un anno senza dialogo sociale per responsabilità del Governo, della Cgil e soprattutto di Confindustria

L’assenza di dialogo sociale è il filo rosso che lega insieme e caratterizza gli avvenimenti che l’Annuario del lavoro 2023 racconta. Ma di chi è la responsabilità? Massimo Mascini, il direttore della pubblicazione non esita a indicarli con chiarezza: il Governo, la Cgil e soprattutto la Confindustria

Annuario del lavoro 2023: un anno senza dialogo sociale per responsabilità del Governo, della Cgil e soprattutto di Confindustria

Il 2023 è stato “un anno senza dialogo sociale” si legge nella presentazione del nuovo Annuario del lavoro, edito dal Diario del lavoro, fondato e diretto da un giornalista di grande esperienza di relazioni industriali come Massimo Mascini. L’Annuario è un’opera monumentale (374 pagine, 70 euro) ma è di facile e gradevole lettura perché è articolato in una serie di articoli brevi che spaziano su tutte le problematiche del mondo del lavoro per come si sono sviluppate nel 2023. Per questo è diventato un punto di riferimento imprescindibile per chi si occupa del mondo del lavoro. Dunque, un anno senza dialogo sociale. Ma di chi è la colpa? Mascini non ha peli sulla lingua e scrive con chiarezza che le responsabilità sono del Governo Meloni, che non crede al dialogo con le parti sociali, ma anche della Cgil, “poco interessata a grandi accordi triangolari come quelli passati, “ma soprattutto della Confindustria che nel 2023 è praticamente uscita di scena”. Partendo da questo, che è il filo conduttore di tutto l’Annuario del lavoro, la pubblicazione traccia il diario degli avvenimenti principali del 2023 e accende i riflettori soprattutto sulla contrattazione collettiva, sulla legislazione, sugli attori delle relazioni industriali – dai sindacati alle associazioni imprenditoriali – e dedica ampio spazio alle analisi e agli approfondimenti dei fatti che più da vicino riguardano il mondo del lavoro. Tra di essi quattro interventi sono particolarmente degni di nota: quello di Nunzia Penelope (“Oltre il Patto della Fabbrica: quale futuro per la contrattazione”), quello di Mimmo Carrieri (“Il puzzle del lavoro. Perché aumenta l’insoddisfazione dei lavoratori”), quello di Maurizio Ricci (“I migranti, l’inverno demografico e il Governo Meloni”) e quello di Marco Cianca (“La questione salariale”).

Toccanti appaiono poi, tra i libri del lavoro segnalati dall’Annuario, le pagine di Gaetano Sateriale su Corso d’Italia 25, la sede nazionale della Cgil a Roma, di cui Sateriale è stato dirigente dopo aver fatto parte della segreteria nazionale dei metalmeccanici della Fiom. Sateriale dedica un’attenzione particolare, anche con molti aneddoti inediti, alla figura dell’ultimo grande sindacalista del Novecento quale è stato Bruno Trentin, il segretario generale della Cgil più rappresentativo e più autorevole dopo le stagioni di Giuseppe Di Vittorio e di Luciano Lama, che il movimento dei lavoratori italiani non smetterà mai di rimpiangere. Sateriale illustra le grandi doti politiche e sindacali ma anche intellettuali e umane di Trentin. “Chi non l’ha conosciuto da vicino fatica a capire e pensa a Trentin come a un sindacalista intellettuale e sicuramente lo era” ma era anche “uno che capiva prima degli altri le sfide e le difficoltà del percorso, guardava avanti con senso pratico, quasi organizzativo” e che sapeva sempre “ascoltare” gli altri. Virtù oggi sempre più rara soprattutto nei pochissimi leader in circolazione.

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