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Agroalimentare, via libera della Ue alla Direttiva contro il commercio sleale

Parlamento europeo, Consiglio e Commissione europea approvano un provvedimento atteso da 10 anni e fortemente voluto dall’Italia

Agroalimentare, via libera della Ue alla Direttiva contro il commercio sleale

Disco verde di Bruxelles alla direttiva comunitaria contro le pratiche commerciali sleali lungo la filiera agroalimentare. Un provvedimento atteso da dieci anni e fortemente sostenuto dall’Italia per tutelare le aziende e le associazioni, agricole e della trasformazione industriale, nelle transazioni con le catene della Grande distribuzione. Le imprese avranno così strumenti per fare fronte a mercati sempre più volatili, anche se a beneficiarne saranno poi tutti i cittadini-consumatori, grazie alle maggiori garanzie in termini di sostenibilità economica, sociale e ambientale della catena di approvvigionamento alimentare.

Dopo la fumata nera del 12 dicembre scorso, ieri il Parlamento, il Consiglio e la Commissione europea, al termine di un Trilogo supplementare convocato d’urgenza dalle presidenze di turno Ue – quella austriaca in scadenza a fine anno e quella rumena che subentrerà per il primo semestre 2019 – hanno raggiunto infatti un accordo per mettere al bando i comportamenti che spesso danneggiano in modo unilaterale le imprese.

Sono 16 le pratiche sleali messe al bando dal provvedimento europeo: dalla cancellazione last minute degli ordini, ai ritardi nei pagamenti ai fornitori (che ora dovranno arrivare al massimo a 30 giorni per i prodotti deperibili e 60 per tutti gli altri, dalle modifiche unilaterali dei contratti, ai mancati pagamenti ai fornitori per la merce invenduta.

Per il negoziatore capo del Parlamento e relatore della direttiva, Paolo De Castro, “ora saranno tutelati il 100% degli agricoltori europei e il 98% del settore Food. È stata infatti aumentata da 50 a 350 milioni di euro la soglia minima di fatturato delle aziende agricole e alimentari entro la quale sarà applicata a tutti gli Stati membri la nuova norma contro le pratiche inique e immorali”. In Italia, su oltre 7mila aziende attive ne resteranno per ora escluse 32. Realtà come Barilla, Ferrero, Cremonini e poche altre, che tuttavia potranno essere ricomprese tra quelle beneficiarie con soglie di fatturato più elevate attraverso una nuova legge nazionale da varare già nei prossimi mesi.

“È un ottimo risultato – ha spiegato De Castro – che siamo riusciti a ottenere dopo appena otto mesi di trattative dalla presentazione della proposta da parte del commissario, Phil Hogan. Inoltre, abbiamo moltiplicato per sette il perimetro di applicazione della direttiva, che in realtà supererà anche le frontiere europee. Infatti, le nuove regole dovranno essere rispettate anche dagli acquirenti di prodotti agroalimentari che hanno sede legale nei Paesi terzi”.  “Non abbiamo poi dimenticato – prosegue l’europarlamentare Pd – il florovivaismo, la mangimistica, il tabacco e il cotone che ora saranno protetti come tutti gli altri prodotti alimentari e agricoli”.

Tra gli altri punti qualificanti della direttiva, i contratti tra fornitori e acquirenti dovranno essere scritti. E chi subisce ingiustizie potrà denunciarle personalmente, o tramite le associazioni, mantenendo l’anonimato. L’acquirente non potrà avviare ritorsioni commerciali, mentre l’autorità legale di contrasto, che sarà istituita a livello nazionale, avrà l’obbligo di agire in tempi certi.      

Tra le prime reazioni a caldo, la Coldiretti ha detto che si tratta di un “passaggio fondamentale per il futuro del settore agroalimentare europeo, che riconosce l’esistenza di uno squilibrio commerciale che favorisce le speculazioni lungo la filiera e la necessità di intervenire per garantire un trattamento più equo alle piccole e medie imprese agroalimentari”. Da qui, per il presidente dell’organizzazione agricola, Ettore Prandini, la necessità di “sanare una ingiustizia profonda, rendendo più equa la catena di distribuzione degli alimenti che vede oggi sottopagati i prodotti agricoli spesso al di sotto dei costi di produzione senza alcun beneficio per i consumatori”.

Per Agrinsieme, il coordinamento tra Cia, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle cooperative agroalimentari, si tratta di un ottimo risultato che tuttavia si pone in contraddizione rispetto all’obiettivo comunitario di aumentare la concentrazione dell’offerta dei produttori: resta un forte sbilanciamento tra potere della distribuzione organizzata che avrebbe potuto giustificare un limite di fatturato ben superiore per le imprese agricole. Auspichiamo che tale soglia sia aumentata a livello nazionale”. 

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