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Agricoltura: l’Italia chiede una nuova politica Ue

Debutto del Ministro Teresa Bellanova al vertice dei Ministri ad Helsinki. La sostenibilità, la crisi climatica e i prodotti di qualità temi centrali per una svolta. L’export italiano vale oltre 40 miliardi di euro.

Agricoltura: l’Italia chiede una nuova politica Ue

Sono passati soltanto pochi giorni dall’appello al governo delle imprese agricole per il calo delle esportazioni italiane di ortofrutta che il Ministro Teresa Bellanova se n’è fatta carico in sede Ue. Al consiglio informale dei Ministri dell’Agricoltura ad Helsinki, Bellanova ha esteso il perimetro degli interventi da adottare nel giro di poche settimane. Non solo per l’Italia, evidentemente, ma per dare un senso organico e più collaborativo a livello europeo ai problemi dei singoli Paesi. L’Italia, tuttavia, deve farsi perdonare gli attacchi e le polemiche di un anno di marca leghista del precedente governo.

L’agricoltura può svolgere un ruolo fondamentale anche verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030.

La capacità di coniugare sviluppo, sostenibilità, esportazioni di qualità dentro e fuori l’Unione sarà il banco di prova della nuova Commissione. E se è vero che l’Italia avrà riguadagnato il proprio prestigio, dovremo vedere presto gli effetti sul plafond dell’export “Made in Italy” che vale oltre 40 miliardi di euro. Occorrono riforme? Si facciano in un clima di concordia, è stato detto ad Helsinki, prevedendo sussidiarietà e flessibilità, perché l’agricoltura europea è diversa da Regione a Regione.  Le riforme siano anche snelle e funzionali per non appesantire le imprese agricole e la filiera. In tempi di dazi doganali e guerre commerciali spesso incuranti dei principali elementi di sostenibilità, anche questa indicazione dovrà essere verificata in concreto.

Il Ministro Bellanova ha detto cosa vuole fare per l’Italia, in una visione non catastrofista, ma avendo ben presente gli effetti della crisi climatica sull’agricoltura italiana. “Affrontare insieme la crisi climatica in atto è fondamentale e l’Italia vuole essere in prima fila con un modello di agricoltura sostenibile a livello economico, sociale e ambientale”. Partiamo dai suoli dove si lavora e produce. Vanno protetti e curati, perché possono essere una delle chiavi fondamentali per invertire la rotta. In prospettiva, poi, una modesta deregulation, affinché ogni Stato abbia la possibilità, nell’ambito del proprio Piano strategico, di definire una lista in grado di rappresentare la migliore soluzione possibile per aumentare la percentuale di carbonio nei suoli. Esempio di agricolture intensive e protette.

Il business non può trascurare più i processi di produzione e le coltivazioni ecocompatibili. Il calo dell’export lamentato giorni fa dalle aziende agricole italiane era legato anche alla qualità di tutto ciò che va sui mercati. In tutte le Regioni le imprese agricole hanno investito pesantemente negli ultimi anni nel biologico, nel reclutamento di giovani, nell’organizzazione dei servizi e si aspettano ritorni commerciali nel lungo periodo. Rispetto alle polemiche in sede Ue del precedente governo, rivelatesi inutili e dannose, le politiche dell’Unione dovranno, invece, considerare fortemente gli aspetti di qualità negli accordi commerciali con i Paesi terzi. Bellanova ha insistito molto su questi punti, segnando un netto cambio nei rapporti tra partner, fino a ieri apostrofati in mille modi in virtù di una falsa delega alla Lega dei produttori del Nord. C’è invece, una sfida alta, sotto l’aspetto ambientale ed economico che si può vincere. Il nuovo governo dialogherà con il mondo agricolo e dovrà pensare a come sostenerla. Ma sarà importante anche che l’Unione europea, nel rispetto della reciprocità, detti condizioni e pretenda garanzie di controlli, certificazioni, marchi eco, per i prodotti importati dai singoli Paesi. Due tavoli di lavoro impegnativi per una svolta.

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