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Accadde Oggi: 53 anni fa la legge sul divorzio veniva approvata in Italia. Una vittoria per i diritti civili che cambiò il costume

Era il 1 dicembre 1970 quando fu introdotta nell’ordinamento giuridico italiano il divorzio con la Legge n. 898, detta Legge Fortuna-Baslini. Una legge che ha avuto un impatto significativo sulla società italiana. L’opposizione e il referendum abrogativo fallito del 1974. Ecco la storia della legge del divorzio

Accadde Oggi: 53 anni fa la legge sul divorzio veniva approvata in Italia. Una vittoria per i diritti civili che cambiò il costume

Compie 53 anni la legge sul divorzio. Era il 1º dicembre 1970 quando venne introdotta ufficialmente nell’ordinamento giuridico italiano la Legge n. 898, “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”, elaborata da Loris Fortuna e da Antonio Baslini comunemente detta Legge Fortuna-Baslini.

La lotta per il riconoscimento del divorzio fu lunga e travagliata. Diversi tentativi legislativi fallirono precedentemente e solo il Parlamento italiano nel 1970, con il sostegno del presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, riuscì finalmente ad approvare la legge.

I partiti favorevoli e quelli contrari

La legge ottenne l’approvazione grazie ai voti favorevoli del Partito Socialista Italiano, del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, del Partito Comunista Italiano, del Partito Socialista Democratico Italiano, del Partito Repubblicano Italiano e del Partito Liberale Italiano. Contrari, invece, furono la Democrazia Cristiana, il Movimento Sociale Italiano, la Südtiroler Volkspartei e i monarchici del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica.

La lotta per il riconoscimento del divorzio continuò, segnando un periodo di significativo cambiamento sociale e giuridico nella storia italiana.

Il referendum abrogativo

Il divorzio fu ampiamente criticato dalla componente cattolica antidivorzista che si organizzarono per abrogare la legge attraverso un referendum. Nel gennaio del 1971, il “Comitato nazionale per il referendum sul divorzio”, presieduto dal giurista cattolico Gabrio Lombardi, presentò una richiesta di referendum presso la Corte di cassazione. Questa iniziativa ricevette il sostegno dell’Azione cattolica e il supporto esplicito della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), oltre a ottenere l’appoggio di gran parte della Democrazia Cristiana e del Movimento Sociale Italiano.

Nonostante l’iniziale esitazione da parte del Partito Radicale e del Partito Socialista sull’utilizzo del referendum per questioni di diritti civili, entrambi si schierarono a favore della sua tenuta, partecipando attivamente alla raccolta delle firme necessarie. Al contrario, altri partiti laici tentarono di modificare la legge in Parlamento attraverso il compromesso Andreotti-Jotti, temendo tensioni con il Vaticano e manifestando scetticismo riguardo al risultato di un referendum.

Dopo il deposito di oltre un milione e trecentomila firme presso la Corte di Cassazione, la richiesta superò il controllo dell’Ufficio centrale per il referendum e ottenne il giudizio di ammissibilità dalla Corte Costituzionale.

Fu così che il 12 maggio 1974, gli italiani furono chiamati a decidere sull’abrogazione della legge Fortuna-Baslini. Con la partecipazione dell’87,7% degli aventi diritto, il 59,3% votò contro l’abrogazione (NO), mentre il 40,7% votò a favore (SI). Di conseguenza, la legge sul divorzio rimase in vigore.

La vittoria cambiò definitivamente anche la concezione del ruolo della donne all’interno del nucleo familiare. Nonostante la Costituzione del 1948 riconoscesse la piena parità di diritti e doveri tra i coniugi, il codice civile del 1942 rifletteva ancora una famiglia basata sulla potestà maritale e sulla subordinazione di moglie e figli. Il risultato del referendum portò così anche alla revisione del diritto di famiglia introducendo gli stessi diritti e doveri per marito e meglio che concordano l’indirizzo della vita familiare e educano i figli considerando le loro inclinazioni ed aspirazioni.

Il divorzio prima del 1970

Prima della legge del 1970, il divorzio esisteva in Italia ma era legato a contesti politici e sociali complessi. Il primo stato moderno italiano a consentire il divorzio fu il Regno d’Italia napoleonico (1805-1814). Nel 1805, fu emanato il “Codice civile napoleonico” che permetteva lo scioglimento dei matrimoni civili. Tuttavia, per ottenere la separazione, i coniugi dovevano ottenere l’approvazione non solo dei genitori ma anche dei nonni.

La prima proposta di legge per l’istituzione del divorzio, invece, venne presentata al Parlamento italiano nel 1878 da Salvatore Morelli, un deputato del Salento noto per il suo impegno sociale. Nonostante i suoi sforzi, la proposta fu respinta nel 1878 e nuovamente nel 1880. Successivamente ci provò, il governo di Giuseppe Zanardelli che presentò un disegno di legge che prevedeva il divorzio in casi di sevizie, adulterio, e condanne gravi, ma la proposta fu respinta. Il dibattito sul divorzio fu ripreso nel 1920, con scontri tra socialisti e il Partito Popolare Italiano. Mussolini, con i Patti Lateranensi, si oppose al divorzio, portando a un periodo di 34 anni senza ulteriori discussioni sulla legge.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nonostante i cambiamenti sociali, l’influenza della Chiesa cattolica fece sì che l’Italia rimanesse senza una legislazione sul divorzio per lungo tempo. Solo le persone facoltose potevano ottenere il divorzio tramite il Tribunale ecclesiastico o sentenze pronunciate in Paesi stranieri.

Nella seconda metà degli anni Sessanta, iniziano le prima agitazione sociali. Il deputato socialista Loris Fortuna presenta il progetto di legge per il divorzio nel 1965. Parallelamente, si registrano le prime manifestazioni di piazza promosse dal Partito Radicale e dalla Lega italiana per l’Istituzione del Divorzio (LID). Si arriva così al primo dicembre del 1970 per introdurre finalmente la legge sul divorzio nell’ordinamento giuridico italiano.

Le condizioni per il divorzio

L’art. 1 della Legge n. 898/1970 stabilisce che il giudice può pronunciare lo scioglimento del matrimonio quando “accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita”.

Il Tribunale deve verificare due condizioni prima di dichiarare lo scioglimento del vincolo matrimoniale (nel caso di matrimonio civile) o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (nel caso di matrimonio concordatario) una di natura soggettiva e la seconda di natura oggettiva (art.3 Legge 898/1970). Il Tribunale competente per il divorzio giudiziale è quello della residenza del convenuto, mentre nel caso di divorzio congiunto può essere scelto alternativamente il Tribunale del territorio di uno dei coniugi.

Le successive modifiche

Negli anni successivi, la legge sul divorzio è stata soggetta a ulteriori modifiche per rispecchiare i cambiamenti nella società.

La normativa sulla procedura è stata modificata dalle leggi n. 436/1978 e n. 74/1987. Quest’ultima ha ridotto i tempi necessari per ottenere la sentenza definitiva di divorzio da cinque a tre anni, introducendo la possibilità di divorzio consensuale, e ha dato al giudice la facoltà di emettere una sentenza parziale che dichiarasse rapidamente lo scioglimento del vincolo matrimoniale, separando la decisione finale sulla dissoluzione dal dibattito sulle condizioni accessorie come questioni economiche e affidamento dei figli. Questo cambiamento mirava a prevenire cause instaurate solo per ritardare il divorzio.

In seguito, la legge n. 55/2015 ha ulteriormente ridotto i tempi, consentendo il divorzio (il cosiddetto divorzio breve) dopo un anno di separazione giudiziale e dopo sei mesi di separazione consensuale.

Recentemente è invece stato introdotto il divorzio veloce. Con l’ordinanza del 16 ottobre 2023 n. 28727, la Cassazione ha stabilito la possibilità di presentare una domanda di separazione e di divorzio attraverso un unico atto legale, pur mantenendo i criteri di affidamento e di mantenimento.

Le leggi sul divorzio in Italia

Ecco un elenco dei principali provvedimenti legislativi in materia di divorzio emanati in Italia:

  • Legge 898/1970 – “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”
  • Legge 436/1978 – “Norme integrative della legge 898/1970, sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio”
  • Legge 74/1987 – “Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio”
  • Decreto-legge 132/2014 – “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile,” convertito con modificazioni dalla Legge 162/2014
  • Legge 55/2015 – “Disposizioni in materia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi”

Per ultimo la sentenza 28727 del 16 ottobre 2023 che afferma il principio per cui “in tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art 473 bis 51 cpc è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.

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