Condividi

AbíCinema: R come il lavoro della regia cinematografica

La regia è la sintesi del cinema: attraverso il lavoro del regista il film prende corpo, si trasforma da scrittura (la sceneggiatura) in opera compiuta destinata alla proiezione.

AbíCinema: R come il lavoro della regia cinematografica

Sono diverse le interpretazioni che vengono assegnate al ruolo, alla funzione del regista: nel mondo anglosassone si identifica prevalentemente la figura operativa sul set, colui che dirige le riprese, coordina le varie sequenze, cura il rapporto con gli attori e, alla fine, si occupa del montaggio. In Europa è prevalsa la figura del regista come autore, a volte come interprete diretto della sceneggiatura, assumendo anche la definizione di direttore artistico. Allo stesso tempo è anche  un “tecnico” per il ruolo di coordinatore di tutte le altre figure professionali che concorrono alla realizzazione del film: dal direttore della fotografia, allo scenografo, al compositore della colonna sonora, al responsabile degli effetti speciali. Inoltre, spesso, il regista è anche manager della produzione e quindi si occupa del budget, della promozione e della distribuzione. Citiamo dalla Treccani (a cura di Lucilla Albano): “La r. è una funzione al centro di una molteplicità di rapporti e di competenze diverse (sceneggiatore, direttore della fotografia, costumista, scenografo, musicista, attori, troupe, montatore, produttore, distributore ecc.) di cui il regista è il motore e il punto di riferimento, luogo di incontro di una ‘centralità collettiva’. Il film infatti non è solo l’opera di un regista-autore, ma anche il risultato di un lavoro collettivo (v. opera cinematografica) e il prodotto di un’industria, fatti che determinano la principale contraddizione della r.: lo scontro tra la natura collaborativa e industriale del cinema con la parallela, imprescindibile singolarità e individualità di qualsiasi risultato artistico. Ma il regista è per l’appunto quella figura moderna di autore, quel nuovo ‘pensatore’ del proprio tempo, che coniuga i ruoli di artista e di tecnico, di creatore e di professionista …”. (http://www.treccani.it/enciclopedia/regia_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/ )

Tra i grandi registi doveroso ricordare i francesi Jean Renoir (figlio del celebre padre Pierre Auguste) che agli inizi del secolo scorso diventa il più noto, non solo nel suo paese in tutta la scena internazionale (tra i suoi lavori memorabili La grande illusione del 1937 e La carrozza d’oro, con Anna Magnani, del 1953) e Alain Resnais (il suo primo grande successo Hiroshima monamour del 1959 e Mon oncle d’Amerique del 1980). Tra i registi italiani Dino Risi, uno degli artefici del cosiddetto “neorealismo rosa” o anche della esordiente commedia “all’italiana”. Suoi i celebri Poveri ma belli del 1956 e Il sorpasso del 1962 e In nome del Papa re. del 1971. Nel 2002 riceve il Leone d’oro alla carriera. Francesco Rosi, agli esordi come aiuto di Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, si concentra su temi sociali e di attualità: tra i suoi primi lavori di grande successo Salvatore Giuliano del 1961, Le mani sulla città del 1963 (leone d’oro a Venezia), Uomini contro del 1970 fino a La tregua del 1997. Roberto Rossellini: un pilastro nella storia del cinema italiano. Con Roma città aperta del 1945 apre la stagione del neorealismo italiano. Seguono nel 1946 Paisà e nel 48 Germania anno zero. Seguono titoli da cineteca tra i quali citiamo alcuni: Stromboli, terra di Dio, il Generale Della Rovere del 1959 (Leono d’oro a Venezia). Negli ultimi anni si dedica molto alla televisione e realizza film-documentari come Atti degli apostoli del 1968 e La presa del potere da parte di Luigi XIV.

Per quanto riguarda i film, un piccolo ma doveroso passo indietro con Quarto potere di Orson Welles del 1941, considerato il suo capolavoro di esordio (all’epoca il regista aveva solo 25 anni). Si tratta di un’opera centrale nella storia del cinema (celebre la frase di François Truffaut: “Appartengo a una generazione di cineasti che hanno deciso di fare film avendo visto Quarto potere”).

Altro titoli da menzionare sono Rashomon, di Akira Kurosawa, agli esordi a Venezia nel 1951 dove si mette in scena una storia “pirandelliana” con cinque verità raccontate da diversi protagonisti; La recita di Teodoros Anghelopulos, dove si condensa in oltre 3 ore di immagini la storia della Grecia attraverso le sue principali vicende pubbliche e private.  Tra i film italiani proponiamo Regalo di Natale, di Pupi Avati del 1986, dove il regista da grande prova di attenzione alla commedia umana nei suoi versanti spesso drammatici. Infine, obbligatorio ricordare Ricomincio da tre, con la regia e la sceneggiatura di Massimo Troisi alla sua prima opera. È un film da posizione di rilievo in ogni cineteca: c’è tutta la comicità della tradizionale commedia italiana (segnatamente napoletana) ma anche tutto il panorama dell’espressività dei sentimenti umani.

Ultima notazione a proposito di road movie un consolidato genere cinematografico che ha dato tanti titoli importanti alla storia del cinema: tra gli italiani il già citato Il Sorpasso di Dino Risi come pure In viaggio con papà del 1982 con Alberto Sordi e Carlo Verdone; in assoluto, in ambito internazionale il capostipite è Easy Rider, di Denis Hopper del  1969 con Peter Fonda e Jack Nicholson. Da ricordare, infine, In to the wild, di Sean Penn del 2007 insieme a I diari della motocicletta del 2004 ispirato da uno dei diari di viaggio di Che Guevara in America del Sud.

Commenta