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ABìCinema: N come neorealismo, Newman e Nickolson

Nasce propriamente negli ultimi anni del fascismo con alcuni grandi lavori: Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti del ’42 oppure Ossessione di Luchino Visconti del ’43.

ABìCinema: N come neorealismo, Newman e Nickolson

Si afferma poi nel secondo dopoguerra e segna una generazione di registi con una comune matrice ideologica, democratica e progressista, costretta a lavorare con i pochi mezzi economici dei quali si poteva disporre all’indomani della fine della guerra. Il film che marca la nascita del neorealismo è Roma città aperta di Roberto Rossellini. I soggetti sono tutti ispirati da vicende reali dove i protagonisti sono le persone, le vicende umane, di un Paese che stava faticosamente rimettendosi in piedi. Non si può definire una “corrente” in senso proprio in quanto non si è mai posta una base culturale ufficiale di riferimento. Ogni regista ha seguito una sua matrice, un suo personalissimo filone di ispirazione che per combinazione storica si è trovato in comune con gli altri suoi colleghi. Gli altri principali protagonisti di quel periodo sono: Vittorio De Sica, Cesare Zavattini, Pietro Germi, Carlo Lizzani, Luigi Zampa.

I tratti caratteristici sono riassumibili nella concentrazione della vicenda umana nel suo contesto reale, quotidiano, dove non ci sono eroi o protagonisti assoluti ma persone che vivono il loro quotidiano in un contesto spesso difficile, socialmente e culturalmente complesso. Le riprese sono quasi sempre in esterno. Viene usata dai protagonisti – spesso sconosciuti – la lingua reale, un italiano dei dialetti più che quello ufficiale, istituzionale.

Tra le opere più rilevanti: di Luchino Visconti, La terra trema del 1948 e Bellissima del 1951; di Roberto Rossellini Paisà del 1946 e Germania anno zero del 1948; di Vittorio De Sica, Sciuscià del 1946 e Ladri di biciclette del 1948; Pietro Germi con Il ferroviere del 1956; Alberto Lattuada con Il bandito del 1946. Seppure in modo specifico, non del tutto aderenti al genere, hanno partecipato anche Michelangelo Antonioni con Cronaca di un amore del 1950 e Federico Fellini con I vitelloni del 1953.

Volti indimenticabili del cinema contemporaneo: Paul Newman e Jack Nickolson. Il primo esordisce nel 1956 con Lassù qualcuno mi ama di Robert Wise; si cimenta anche nella regia, arriva la grande ribalta con Butch Cassidy del 1969 e poi La stangata di Guerge R. Hill del 1973. Il “bellone” del cinema americano vince l’Oscar nel 1986 con Il colore dei soldi di Martin Scorzese. Il secondo è tra gli attori made in USA di maggiore spessore, di grande personalità e capacità espressiva. La notorietà gli arriva con un fillm “manifesto” degli anni ’70: Easy Rider dei 1969 di David Hopper. Da allora in poi colleziona grandi successi: Qualcuno volo sul nido del cuculo di Milos Forman del 1975 che gli valse l’Oscar e il successo planetario di Shining di Stanley Kubrick del 1980.

Tra i film da ricordare: Il nome della rosa di Jean Jaques Annaud del 1986 e Novecento atto I e II di Bernardo Bertolucci del 1976. Il primo, ispirato al best seller di Umberto Eco, è stato un successo clamoroso costato 32 miliardi, con Sean Connery ispirato protagonista. Il secondo film, realizzato in due parti per esigenze produttive, racconta in chiave politica e morale un pezzo di storia contemporanea italiana subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.

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