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Bankitalia: l’economia tiene ma incertezza globale e dazi offuscano le prospettive. Cosa fanno inflazione e Pil

Bankitalia conferma la crescita del Pil italiano allo 0,6% annuo, ma segnala il rallentamento nel secondo trimestre e l’incertezza globale

Bankitalia: l’economia tiene ma incertezza globale e dazi offuscano le prospettive. Cosa fanno inflazione e Pil

Il motore dell’economia italiana continua a girare, ma con meno slancio. Nel suo Bollettino Economico n. 3/2025, la Banca d’Italia descrive un quadro in chiaroscuro: da un lato consumi e occupazione sostengono la crescita, dall’altro le incertezze geopolitiche, i dazi e il rallentamento globale minacciano la stabilità conquistata a fatica.

“La crescita prosegue, ma il quadro è soggetto a una significativa incertezza riconducibile in particolare all’evoluzione delle tensioni geopolitiche e commerciali”, avverte Via Nazionale.

Italia: il Pil sale, ma la spinta si attenua

Nel primo trimestre del 2025, il Prodotto interno lordo italiano è cresciuto dello 0,3%. Un’espansione contenuta ma significativa, trainata dalla domanda interna e, in parte, dagli ordinativi esteri in anticipo sui nuovi dazi americani. A contribuire, spiega Bankitalia, è stato “l’aumento dei consumi e degli investimenti”, in un contesto di mercato del lavoro ancora favorevole.

Nel secondo trimestre, però, la spinta si è affievolita. “Alla dinamica contenuta dei consumi delle famiglie e della spesa per investimenti, che risentono del basso clima di fiducia e dell’elevata incertezza, si è associato l’indebolimento della domanda estera”, si legge nel Bollettino. L’attività economica ha continuato a crescere, ma a un ritmo più moderato.

La manifattura, dopo una lunga flessione iniziata nel 2022, ha mostrato segnali positivi. Nel primo trimestre la produzione industriale è aumentata in modo significativo ma “nel complesso del secondo trimestre l’attività industriale è lievemente cresciuta, ma ha rallentato rispetto ai tre mesi precedenti”, sottolinea Bankitalia. L’incertezza geopolitica resta il principale fattore di rischio per il comparto.

La previsione per l’intero 2025 è confermata: crescita allo 0,6%, con un’accelerazione prevista attorno allo 0,8% in media nel biennio successivo.

Inflazione sotto controllo, ma non scomparsa

Sul fronte dei prezzi, la primavera ha registrato una relativa stabilità. “L’inflazione è rimasta attorno al 2%, così come la sua componente di fondo, che ha riflesso una dinamica molto debole per i prezzi dei beni non energetici e una più sostenuta dei servizi”. Per l’intero 2025 e il 2026, Bankitalia prevede un’inflazione media all’1,5%, in risalita al 2% nel 2027. Le aspettative di famiglie e imprese, per ora, restano moderate.

Nonostante la prudenza sulle prospettive macroeconomiche, un segnale positivo arriva dai conti pubblici. La Commissione europea ha promosso il percorso di rientro del disavanzo italiano, valutando positivamente la traiettoria delineata nel Documento di economia e finanza.

Eurozona: sprint temporaneo, poi rallenta

Anche l’area euro ha vissuto un primo trimestre sopra le aspettative. Il Pil è cresciuto dello 0,6%, beneficiando dell’impennata delle esportazioni verso gli Stati Uniti, in vista dell’inasprimento dei dazi annunciato da Washington il 2 aprile. Una fiammata, però, destinata a spegnersi in fretta.

“Nei mesi primaverili l’attività dell’area si è indebolita – osserva Bankitalia – anche per via di una dinamica della domanda interna ancora frenata dall’elevata incertezza”. A peggiorare il quadro, le difficoltà dell’industria, l’indebolimento degli ordini e la prudenza negli investimenti. La Bce ha risposto tagliando ancora i tassi d’interesse, portando quello sui depositi al 2%.

Il mondo rallenta: dazi, dollaro debole e Cina in stallo

Il quadro internazionale resta complesso. Negli Stati Uniti, il primo trimestre ha segnato la prima contrazione del Pil in tre anni, causata da un’impennata delle importazioni pre-dazi che ha drogato temporaneamente il commercio. “L’accelerazione del commercio internazionale è destinata a essere transitoria”, avverte Bankitalia.

Intanto, il dollaro si è indebolito, mentre l’euro si è rafforzato. “Potrebbe segnalare una minore propensione degli investitori a detenere alcune attività denominate in dollari e una maggiore diversificazione”, spiega la Banca.

In Cina, la situazione non è migliore. L’attività è penalizzata dalla debole domanda interna e dalla crisi immobiliare. L’Ocse ha già rivisto al ribasso le previsioni di crescita del Pil mondiale.

Cina verso l’Europa: il rischio deflazione nell’Eurozona

Nel contesto di tensioni con Washington, Pechino potrebbe ora puntare con decisione ai mercati europei. “A fronte del rialzo dei dazi imposto dagli Stati Uniti, la Cina potrebbe adottare politiche di prezzo più aggressive per riorientare le proprie esportazioni verso i mercati europei“, osserva Bankitalia.

La quota di beni cinesi sulle importazioni dell’area euro è già elevata, circa un quinto del totale extra-Ue, pari a 400 miliardi di euro, e la tendenza al ribasso dei prezzi, legata anche al deprezzamento del renminbi, è già in atto. Le stime della Banca indicano che questo fenomeno potrebbe ridurre l’inflazione al consumo dell’Eurozona di circa 0,1-0,2 punti percentuali nel giro di due anni.

Una buona notizia per i consumatori, forse, ma una minaccia per le imprese europee, soprattutto nei settori a maggiore contenuto tecnologico e manifatturiero, già sotto pressione per la domanda debole e la concorrenza globale.

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