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8 Marzo, Donne e Finanza: meno risparmi e più rischi quando il “fiocco” è rosa

Secondo il Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum ci vorranno 135 anni per azzerare il divario – Ma a preoccupare di più è il binomio donne e finanza

8 Marzo, Donne e Finanza: meno risparmi e più rischi quando il “fiocco” è rosa

Finanza, economia. Donne e finanza. La ricorrenza dell’8 marzo, Festa internazionale della donna, è un’occasione per fare qualche bilancio e non si può non dire che si tratta di settori dove il gender gap non solo è esistente ma ben ampio. Per azzerare questo divario ci vorranno 135 anni, secondo il Gender Gap Report 2021 del World Economic Forum, con un’aggiunta quasi disperante: “Quello strettamente economico richiederà ancora di più”.

Se è una certezza che le donne godono di una total compensation (Ral) inferiore a quella maschile a parità di perimetro professionale, la responsabilità è da attribuire alle aziende, le stesse che nel loro codice etico proclamano le pari opportunità. Ma non è che in famiglia le cose vadano meglio. Pensavamo che il cosiddetto gender bias si manifestasse (solo) in fase di erogazione della paghetta: non solo per l’ammontare (maggiore a favore dei ragazzi) ma anche di attribuzione regolare (anche questa tipicamente maschile).

Le ragazze inoltre – secondo una ricerca della britannica Banca Halifax – mostrano una scarsa propensione alle richieste di aumento: i primi sintomi di quanto descritto da Linda Babcock e Sara Laschever in Women don’t Ask. Una ritrosia negoziale che, secondo le autrici, può portare le donne a rinunciare, a fine carriera, fino a mezzo milione di dollari…e scusate se è poco.

Ma ora tre accademiche italiane, Elena Beccalli, Francesca Arnaboldi e Francesca Gioia, in un paper scritto rigorosamente in inglese, Is it a boy or a girl? Newborn gender and household portfolio decisions, ci fanno sapere che le differenze, in tema di investimenti familiari, cominciano ancor prima. Non in culla ma nel grembo materno. Viene da sobbalzare nell’anno Domini 2022, eppure è così.

Donne e Finanza: il sesso del primogenito guida gli investimenti

Le famiglie italiane dove si attende la nascita di un figlio maschio orientano l’allocazione dei loro risparmi verso asset class più stabili, meno rischiose. Il futuro del pupo non può e non deve essere a rischio perché gli vanno garantiti studi e carriera, magari anche una abitazione (per il 70% degli Italiani la prima casa è di proprietà) e, dopo le crisi finanziarie del 2008 e del 2011, anche le rendite derivanti da una pensione integrativa che, mettendo i genitori in sicurezza, consente loro di fungere da ulteriore sostegno alle più giovani generazioni, alimentando e sostenendo il pilastro, fondamentale, del welfare familiare.

Se la cicogna preannuncia l’arrivo di una femmina l’orientamento muta e non poco. I genitori non solo riducono la percentuale di reddito destinato agli investimenti ma valutano tipologie con maggior grado di rischio e prospettive di lungo termine. A determinare le scelte finanziarie della famiglia è però il sesso del primo figlio.

Le cose vanno peggio nei nuclei meno avvantaggiati, dove lo stipendio prevalente, quando non l’unico, è quello paterno: i padri si danno più da fare di più per la famiglia se il primogenito è un maschio cui viene in qualche modo spianata la strada per il futuro. Minore l’impegno se il primo erede è una bambina.

Insomma, nascere donna potrebbe condannarti ad una relativa maggior povertà sin dai tuoi primi giorni e anni di vita. Ma non bisogna arrendersi e lottare per cambiare le cose si può.

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