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Ambiente: nel 2024 addio alle discariche

La relazione del Commissario unico Vadalà spiega perché ci vogliono altri tre anni per sanare uno scandalo italiano – Le sanzioni europee e i piani del Governo

Ambiente: nel 2024 addio alle discariche

Anche per far uscire l’Italia dall’incubo delle discariche è in campo un Generale. Giuseppe Vadalà, alto ufficiale dei Carabinieri, è il commissario unico per le discariche. Quelle che per Bruxelles sono diventate ormai una rendita sicura, visto che dal 2014 l’Italia ha pagato sanzioni per 280 milioni di euro.

Ma proprio mentre la Commissione Ue esamina gli ambiziosi PNRR nazionali con impronta green, il Parlamento italiano apprende dal Generale che la situazione potrebbe diventare normale solo nel 2024. Intanto, gli anni di commissariamento sono già quattro. Per ora su 81 siti-scandalo, 51 sono stati bonificati o messi in sicurezza. Per i restanti 30 ci vogliono ancora tre anni.

Il Generale Vadalà ha presentato la sua relazione sullo stato delle discariche italiane secondo una scadenza semestrale. Un atto pubblico che ci rimanda alla prima sanzione del 2014 dal costo di 42,8 milioni di euro ogni sei mesi.

La multa oggi si è ridotta a 6.600.000 euro, ma si continuerà a pagare finché l’Unione non giudicherà l’Italia finalmente in regola. Ci riuscirà il Commissario unico?

Il lavoro da fare è enorme e spesso le strutture amministrative non sono in grado di fare quello che ci aspettiamo. Il solito scenario: poche risorse, dipendenti in meno, burocrazia snervante. Il focus presentato al Parlamento – nonostante l’intenzione di eliminare la sanzione, risolvere uno spinoso problema ambientale e restituire territori alle collettività- ha bisogno ancora di tempo. Le sinergie con il Ministero della Transizione ecologica e i protocolli siglati con Regioni ed Enti territoriali sono definite «corali». Però portare aree del Paese a livelli pre-inquinamento richiede qualcosa di più.

In primo luogo, una maggiore responsabilità di aziende e produttori nella gestione dei cicli di lavorazione che generano rifiuti. Nello stesso tempo, investire in tecnologie e impiantistica all’avanguardia.

Si sa che sono strutture essenziali per gestire dall’origine il ciclo dei rifiuti. Questione nota e sterilizzata da Ministri e governatori oppositori del buon senso. È sempre attuale, come ha evidenziato anche il sesto governo dal 2014 nel Piano di rinascita.

«Dietro una bonifica c’è il lavoro di tecnici, esperti e amministratori», ha spiegato Ilaria Fontana, sottosegretaria al ministero della Transizione Ecologica. Persone impegnate in studi di fattibilità, progettazioni e a utilizzare i soldi che messi a disposizione. I progetti che stanno prendendo forma mirano finalmente alla rigenerazione di territori devastati. Lì Draghi, Cingolani, Giovannini, Speranza, vogliono mettere i soldi europei per riorganizzare da cima a fondo ambiente e salute. Un piano da sostenere che deve far scordare tre anni di imbarazzanti propositi degli ultimi due governi. Sono i luoghi storici delle iniziative ambientaliste, dove le inadempienze dello Stato si sommano a disagi diffusi.

Legambiente da una settimana ha lanciato la sua ennesima campagna per il risanamento e il diritto alla salute. Un’iniziativa dalla prospettiva ampia, poco ideologica che rimarca “rimpalli di competenze e gravi ritardi sui tempi stabiliti per le bonifiche”. Le discariche che sprigionano sostanze tossiche minacciano la salute dei cittadini. C’è urgenza di vedere approvati i Decreti attuativi della legge 132/2016 sul Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) per avere efficacia operativa e non nascondersi dietro altra burocrazia. Sono le decisioni politiche che favoriscono la crescita anche in Italia di un’autentica economia circolare. Un sistema economico virtuoso dove non c’è posto per discariche ma nemmeno per chi è contro ad impianti di riciclo e recupero.

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